Guerra Fredda – Sfoggiare Inutile Erudizione https://www.inutile-erudizione.it Una valida alternativa a YouPorn Sat, 28 Mar 2020 21:21:55 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 Bruce Kulka https://www.inutile-erudizione.it/bruce-kulka/ https://www.inutile-erudizione.it/bruce-kulka/#comments Tue, 05 Jun 2018 17:25:59 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=1713 -A furia di andare avanti con la disanima dell’Umanità Buffa(™) sono giunto al punto di intravedere delle interconnessioni fra le varie narrazioni. La storia di quest’oggi ne possiede parecchie sia con Ann Elizabeth Hodges che con Belka & Strelka , se dovesse servirvi una rinfrescata basta un rapido click sui loro nomi ma se invece siete delle belle persone e mi seguite assiduamente già ce le avrete ben presenti.-

Ahh la Guerra Fredda!
Nel 1945 George Orwell rifletteva sulla bomba atomica teorizzando uno scenario in cui le due grandi ideologie politiche ed economiche uscite vincitrici dalla Seconda Guerra Mondiale (democrapitalista e totalimunismo) non potendo più scontrarsi direttamente (per via di quel piccolo dettaglio DELL’ESTINZIONE COMPLETA DELLA RAZZA UMANA) avrebbero finito per condizionare con altri mezzi tutte le altre nazioni del globo.
Detto in altri termini: USA e URSS dovevano cambiare righello se volevano stabilire chi aveva il cazzo più grosso. Durante gli anni ’50 ne cambiarono diversi…

Fortunatamente oggi ci siamo lasciati alle spalle queste inutili contrapposizioni e sia la Russia che gli Stati Uniti lavorano insieme per il progresso comune della razza uma…cosa? Come dite? Siamo pressapoco nella medesima situazione?

“Oh Rabbia!” – cit. Winnie The Pooh

Fra le molteplici ‘metodologie di misurazione dell’organo di riproduzione maschile nazionale’ figurano lanci di cani nello spazio, imperiose pubblicità della Pepsi, programmi di ricondizionamento mentale con l’LSD e progettazioni di enormi scavatrici da combattimento -un giorno ne parlerò approfonditamente- ma
quella più classica di tutte e in cui sono state investite più risorse rimane senza dubbio lo sviluppo della ‘bomba nucleare più potente di tutte’.
Possedere ‘l’ordigno che fa il BUM più forte’ -devo smetterla di utilizzare questa fine terminologia da divulgatore scientifico o rischio di non essere capito dalle masse- è importante fino ad un certo punto se non si sviluppa parimenti un sistema di trasporto di precisione per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.
È in quest’ottica che bisogna considerare l’operazione ‘Snow Flurry’ (spruzzata di neve).

11 marzo 1958, Hinesville, Georgia: uno stormo di quattro Boeing B-47 Stratojet, appartenenti al 375esimo squadrone di bombardieri dell’esercito americano, si deve alzare in volo dalla base Hunter Army Airfield per trasportare una bomba atomica Mark IV da trenta kilotoni (in potenza il doppio di quella di Hiroshima) fino alla base di Bruntingthorpe, in Inghilterra centrale, simulando lo sgancio dell’ordigno sul suolo britannico.
L’intera operazione viene monitorata da un pool di esperti che verificherà diversi fattori per attribuirgli un punteggio che andrà a decretare il miglior equipaggio dello stormo, in piena logica da Top Gun.
Una delle fasi da vagliare è la velocità di dispiegamento.

Ecco.

A me viene logico pensare che se mai mi toccherà nella vita assegnare un compito a qualcuno che deve armeggiare su una bomba nucleare, l’ultima cosa che farei è mettergli fretta.

Ma magari sono io.

Ore 16:00: l’interno di uno degli hangar della base Hunter è un via vai di meccanici unti e sudati che imprecano a mezza bocca.
Predisporre per l’esercitazione uno degli aereomobili si è rivelato un incubo di ritardi e disguidi ed il solo caricamento della Mark IV ha richiesto un sacco di tempo.
A bordo il capitano Earl Koehler, il navigatore Bruce Kulka ed il copilota Charles Woodruff picchiettano nervosamente le dita sul quadro comandi da ore, consci che questo ritardo gli costerà punti preziosi nella valutazione finale, quando finalmente da terra gli viene dato il via libera per la partenza.

L’espressione di uno dei meccanici che ha come la sensazione di essersi scordato qualcosa di importante ma se ne dimentica quasi subito, felice di essere arrivato alla fine del turno.

Il B-47 Stratojet è stato il primo bombardiere a reazione mai costruito, ha una grande capacità di carico, è veloce ed introduce per primo delle caratteristiche (ali a freccia e motori montati all’interno di ‘pod’ al sotto di esse) che diventeranno in seguito uno standard negli aereomobili sia civili che militari.
Ha però un non trascurabile difetto: chi lo deve pilotare lo odia.
A pieno carico ha all’incirca la stessa manovrabilità di un ferro da stiro e ad alta quota tende a perdere molta della sua tanto decantata potenza. Inoltre non perdona agli equipaggi nessun errore di manovra condannandoli sulla carta a morte certa in caso si verifichino inconvenienti (come ben dimostrarono i primi test con i prototipi).

La procedura standard per prendere quota con una Mark IV a bordo (che pesa da sola tre tonnellate) prevede il decollo con la bomba scollegata dai ganci predisposti per poter perdere del peso prezioso alla partenza in caso di necessità.
Se tutto procede come deve l’ordigno viene rimesso in sicurezza automaticamente da un sistema di leve idrauliche.
Se tutto procede bene.
SE.

Mentre sta salendo di quota nei cieli della Georgia, Koehler si accorge che sul quadro comandi la spia della Mark IV continua a lampeggiare.
Dopo diversi minuti di tentativi inutili con la leva idraulica, il pilota perde la pazienza: “Kulka, vada lei a riagganciare manualmente quella bastarda nella stiva, non possiamo permetterci di perdere altro tempo!”
“Sissignore!”

Bruce Kulka di mestiere fa il navigatore e non il meccanico di bombe atomiche, non ha la minima idea di dove sia allocato e come sia fatto il gancio necessario.
Ma questo se lo tiene per sè, decidendo di non far innervosire ulteriormente il comandante.

Il B-47 sarà anche un bombardiere con una gran capacità di carico, ma di sicuro non è stato studiato per essere confortevole. Il vano delle bombe (non pressurizzato) è riempito quasi totalmente dalla Mark IV ed anche volendo è impossibile entrarci indossando un paracadute.
Bruce cerca inutilmente in giro per dieci minuti qualcosa che possa assomigliare al cavo di sicurezza, poi gli sovviene che possa essere stato appoggiato sopra la bomba e si arrampica per dare un occhiata.
Il nostro protagonista condivide con il sottoscritto una caratteristica fisica, non è molto alto, quindi per arrampicarsi si appende al primo appiglio che trova che, sfortunatamente per lui, E’ LA MANIGLIA DI RILASCIO MANUALE DELLA BOMBA.

Immaginate:
Siete seduti su tre tonnellate di ordigno nucleare che va inesorabilmente a sbattere sul portellone di uno dei bombardieri meno maneggevoli mai costruiti dall’uomo ancora intento a prendere quota. Il sottile strato d’acciaio scricchiola con un rumore terrificante mentre voi state facendo il miglior cosplay mai tentato della scena finale del ‘Dottor Stranamore’.
Poi d’un tratto il portellone cede, LA BOMBA CADE NEL VUOTO e voi annaspando terrorizzati riuscite ad aggrapparvi a parti della carlinga ritornando A FORZA BRACCIA sull’aereo.

Quando qualche minuto dopo Koehler si vede tornare in cabina il suo navigatore, Kulka sembra invecchiato di dieci anni.
Poi gli dice che cos’è successo alla bomba.
Koehler invecchia improvvisamente di VENTI anni.
A bordo sono ormai tutti certi che non prenderanno un buon voto alla fine dell’esercitazione.

FRATTANTO:

Walter Gregg è un ferroviere trentasettenne che sta pienamente vivendo il sogno americano.
Ha una bella moglie -nonostante si chiami Ethelmae-, tre bellissimi figli, una bella casa ed una Chevrolet nuova fiammante.
Tutto sembra andargli per il meglio, anche se a voler essere pignoli Mars Bluff, la minuscola cittadina dove la famiglia si è stabilita, è talmente tranquilla dal rasentare la noia.
È comunque un posto perfetto per crescere dei bambini in tutta sicurezza, ben lontano dalle fauci fameliche del comunismo.

Walter si sente talmente tranquillo da aver costruito una capanna per i bambini duecento metri all’interno del boschetto dietro casa e le sue due figlie sono appena tornate da lì dopo un pomeriggio di giochi e tè con i peluche.

Alle 16:19 spaccate cambia tutto.

La Mark IV rilasciata per sbaglio da Kulka piove esattamente sulla casetta nel bosco dei Gregg.
Riformulo.
A WALTER PIOVE UNA BOMBA ATOMICA PRATICAMENTE IN GIARDINO!

Se questa storia non è salita agli onori delle cronache al fianco di Hiroshima e Nagasaki è solo per un motivo: nonostante quello che può sembrare avendo letto fin qui, non tutti all’interno dell’esercito americano sono dei folli ubriaconi psicopatici.
Quando si trasporta una bomba atomica, per quanto funzionante ed armata possa essere, il nocciolo radioattivo viene SEMPRE conservato in una zona secondaria dell’aereo, anche detta ‘gabbia per uccelli’. In caso di sgancio effettivo è l’equipaggio a doverlo inserire manualmentente ma, in quel caso, mi auguro per tutti che a farlo sia qualcuno più esperto del nostro protagonista di oggi.

In ogni caso, anche priva del plutonio, una Mark IV è in grado di fare parecchi danni, come constata sulla propria pelle la famiglia Gregg.
Una volta toccato terra, l’esplosivo ad alto potenziale presente (necessario per innescare la reazione nucleare) sventra la casa, distrugge la macchina, sbriciola la casetta dei bambini occupata fino a qualche minuto prima, VAPORIZZA DELLE GALLINE CHE RAZZOLANO TRANQUILLE NEL GIARDINO e ferisce tutti i Gregg che si ritrovano in un attimo a dover correre sanguinanti in ospedale, fortunatamente per loro con ferite relativamente lievi.

“TUTTO QUI, BRUTTI BASTARDI?”

Walter nei mesi a seguire viene risarcito dall’esercito degli Stati Uniti con 54.000 $, pari a circa mezzo milione al cambio attuale.

Gli inglesi dal canto loro non prendono benissimo la notizia che gli USA trasportano bombe atomiche nel loro spazio aereo SENZA AVVISARE NESSUNO, ma Curtis LeMay a capo dello Strategic Air Command statunitense (un uomo che si definiva da solo ‘un dispotico bastardo’ e che veniva soprannominato dai giapponesi ‘il demonio’, per via della campagna di bombardamenti a tappeto durante la seconda guerra mondiale) taglia corto con i piani alti della RAF con la frase: “Beh, non abbiamo costruito questi bombardieri per portare petali di rosa schiacciati!”.
I britannici non possono fare altro che bere del tè ed abbozzare.

Nel frattempo in Unione Sovietica viene ripresa con fervore la notizia dell’incidente a Mars Bluff calcando la mano su come l’esercito americano utilizzi il nucleare a cazzo di cane, in maniera sconsiderata e pericolosa e su come (totalmente falso) una vasta area degli Stati Uniti si ritrovi contaminata da materiali radioattivi, mentre la stampa ufficiale statunitense tace per convenienza.

Ventotto anni dopo, Chernobyl.

]]> https://www.inutile-erudizione.it/bruce-kulka/feed/ 2 Belka&Strelka https://www.inutile-erudizione.it/belkastrelka/ https://www.inutile-erudizione.it/belkastrelka/#respond Sat, 20 Jan 2018 15:18:35 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=1147 Viviamo nel migliore dei mondi possibili?
Ma assolutamente no!
Basta guardarsi intorno ogni giorno per capire come ci siano tutti i segnali di una scalpitante corsa in direzione della fine della razza umana: depauperamento delle risorse, distruzione insensata dello stesso ambiente che ci concede la sopravvivenza, sovrappopolamento, guerre, inquinamento, Adinolfi…la lista delle cause per cui dureremo sul pianeta nettamente meno dei dinosauri (nonostante, o forse grazie, alla nostra enorme fiducia nella tecnologia) si allunga ogni giorno di più e sarà oggetto di un profondo esame da parte della comunità scientifica di scarafaggi giganti senzienti che dominerà il pianeta fra qualche milione di anni.

Se siete degli scarafaggi/archeologi e state leggendo queste parole da dei file recuperati su di un qualche server scampato alla guerra atomica sappiate che io ho sempre avuto fiducia in voi, non ripetete i nostri stessi errori.


In questo fatiscente piano di realtà comunque la nostra razza ha fatto, fa e farà ancora grandi (almeno nella ridotta scala umana) cose prima dell’estinzione di massa che ci colpirà tutti lasciandosi alle spalle giusto qualche residuo di plastica.
Uno dei traguardi maggiori (nonostante ciò che sostengono complottari e terrapiattisti di tutto il mondo) è fuor di dubbio l’esplorazione spaziale; da un lato massima espressione dell’ingegno di cui siamo capaci e dall’altro il perfetto coronamento del discorso dell’agente Smith di Matrix.

 

“Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga.”

Se ci consideriamo così è abbastanza semplice capire che quello che ci occorre per spostarci ad infettare un altro sasso spaziale sia il corrispettivo di uno starnuto abbastanza potente.
In realtà di mio sono una persona realista: ci saremo autodistrutti molto prima di fare dei significativi passi verso la colonizzazione al di fuori della nostra atmosfera e ben che ci andrà arriveremo giusto a solleticare il sopracitato e metaforico naso.
A conti fatti poi davvero guardandovi intorno ritenete che ci meritiamo un altro pianeta?

Sono troppo pessimista?
Non credo.
Sto iniziando a divagare troppo? Certamente sì.
Iniziamo?
Dai va.

1960: il mondo è schiacciato fra due distinte ideologie che hanno inglobato paesi e persone dalla fine della seconda guerra mondiale in avanti e l’intero pianeta si è scisso in un Occidente democratico/capitalista ed un Oriente totalitario/comunista. È la cosidetta Guerra Fredda -di cui dò per scontato che conosciate già a grandi linee parecchie cose anche perchè il mondo in cui viviamo si porta dietro parecchi strascichi di quegli anni-.
Entrambi i sopracitati blocchi stanno portando avanti una versione del ‘ce l’ho più grosso io!’ che con una propaganda più o meno sospinta a seconda dei casi sottolinea come la grande madre Russia sia la migliore nel fare qualsiasi cosa o che non esista nulla di meglio dello stile di vita statunitense.

Sono perlopiù delle enormi balle, da una parte e dall’altra, ma capite da soli che se mettiamo in sostituzione di peni e righelli dei missili intercontinentali atomici le preoccupazioni aumentano esponenzialmente per tutti e causano uno stallo dove nessuno si azzarda a muovere un muscolo per il (fondato) timore di oltrepassare un punto di non ritorno.
Sempre semplificando possiamo dire che siamo in quel momento che contraddistingue la maggioranza delle squallide risse fra ubriachi in cui tutti urlano: “PERCHÈ MI STA TENENDO! PERCHÉ MI STA TENENDO!!!” e non c’è nessuno che li stia davvero tenendo.

 

Tipo.


Dopo essersi spartiti tutto il pianeta e non potendo davvero utilizzare nessuna delle armi di cui la propaganda fa continuamente sfoggio rimane un’unica grande frontiera da raggiungere -tirate il naso in su per dare maggiore enfasi alla cosa-:
lo spazio.

La ‘Prima Era Spaziale’ è strettamente interconnessa con la Guerra Fredda ed affonda le sue radici profondamente (tramite gli scienziati coinvolti e le tecnologie utilizzate da ambo le parti) con gli studi missilistici giunti direttamente dal grembo della Seconda Guerra Mondiale, dimostrandoci una volta di più come gli avanzamenti tecnologici più grandi della nostra storia derivino direttamente dall’ambito militare.

Tutti -mi auguro- conosciamo i nomi del primo satellite lanciato dall’Unione Sovietica (Sputnik 1, 1957) del primo cosmonauta sovietico in orbita intorno alla terra (Yuri Gagarin sul Vostok 1, 1961) o del primo essere umano a mettere piede sulla Luna -sì complottisti, non vi sto considerando e non ho alcun interesse, se non quello clinico, per i vostri sproloqui- (Neil Armstrong, 1969).
Tutta l’umanità tributa (o dovrebbe tributare) a questi nomi tutti gli onori possibili, in quanto sono loro (insieme alle centinaia di persone che li hanno portati lassù che però si cacano davvero in pochi) ad aver fatto compiere all’umanitá il famosissimo ‘giant leap’.
Stiamo dimenticando comunque qualcosa.
Stiamo dimenticando che le prime forme di vita che l’uomo ha inviato nello spazio non erano per nulla esseri umani.

 

Escludo volutamente i tardigradi dall’equazione, in quanto esseri stupendi che se anche abbiamo inviato al di fuori dell’atmosfera terrestre in quegli anni è stato fatto del tutto inconsciamente.


1946: l’esercito degli Stati Uniti ha messo le mani su una cosa ambita da molti.
I suoi creatori la chiamano missile Aggregat 4.
Quel pazzoide di Joseph Goebbels li chiamava Vergeltungswaffe 2 (=arma di rappresaglia 2).
Il mondo li conosce semplicemente come V2.
Chi si è ritrovato nelle ultime fasi della guerra in Gran Bretagna e Belgio ad essere il bersaglio di questi precursori dei missili balistici in grado di trasportare OTTOCENTO CHILI di tritolo e nitrato di ammonio alla velocità massima di CINQUEMULADUECENTO KM/H per una gittata massima di TRECENTOSESSANTA CHILOMETRI li chiama semplicemente “siamo fottuti!”.
Americani e russi faranno partire i rispettivi programmi missilistici proprio dallo studio delle V2, ma saranno gli Stati Uniti i primi a farsi venire l’idea di inserirci all’interno DELLE COLONIE DI MOSCERINI DELLA FRUTTA, ovviamente per studi scientifici.

 

First astronauta evar.


Immaginatevi ora di essere una Drosophila melanogaster che fa le sue cose da moscerino come natura vuole: nasce, mangia, si riproduce e muore, il tutto nell’arco di due settimane.
Immaginatevi ora di essere una delle cavie prescelte per essere sparate nello spazio dentro una V2.
La vita fa schifo vè?
Può esserci di peggio…

3 novembre 1957: dopo il successo del lancio dello Sputnik 1 la Russia ha raggiunto un ragguardevole vantaggio nella corsa allo spazio, costruisce satelliti migliori dotati di vettori migliori in grado di avere capacità di carico maggiori e gittate più grandi.
Tradotto: possiamo mettere in orbita una bomba atomica e farvela cadere in testa quando vogliamo, cari i miei americani.

Il passo successivo alla messa in orbita di un satellite è la messa in orbita di un satellite con un essere vivente dentro e per una questione puramente propagandistica si vuole farlo entro il quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre.
La ‘fortunata’ prescelta (secondo la versione ufficiale almeno) è una bastardina di tre anni metà Husky e metá Terrier trovata a girovagare per le strade di Mosca.
Viene chiamata Kudrjavka (=ricciolina), ma è passata alla storia come Laika (=piccolo abbaiatore), il primo e senz’altro più famoso Muttnik (=bastardino+Sputnik) del programma spaziale sovietico che aveva optato per i cani (realisticamente per via delle dimensioni ridotte) come razza prescelta per i test di lancio.

 


Dopo aver superato un addestramento sotto la diretta supervisione di Oleg Georgovič Gazenko che prevede settimane di reclusione in gabbie strettissime (per abituare l’animale agli spazi angusti del satellite) e simulazioni di lancio con centrifughe viene prescelta proprio Laika come primo canide cosmomonauta.
Un solo problema.
Non è previsto il suo rientro a terra.
La cosa può sembrare crudele e insensata (come poi difatti in gran parte si rivelò essere) ma bisogna sottolineare di nuovo come il momento storico richiede più che il raggiungere risultati utili alla scienza un raggiungere dei risultati da poter essere sbandierati in giro.
E mandare in orbita un essere vivente è fra quelli.
Anche se Laika vivente ci restò per poco, dalle cinque alle sette ore dall’entrata in orbita secondo la versione più verosimile; poi sopraggiunge una morte non piacevolissima a causa degli sbalzi termici secondo alcune ricostruzioni o per la rottura dell’impianto d’aerazione secondo altre.
In ogni caso il viaggio di Laika è previsto come di sola andata, in quanto lo Sputnik 2 non era fornito di alcuno scudo termico che rendesse possibile il rientro.
Nel 1998 Gazenko ammette che il lancio di Laika è stato un sacrificio inutile, in quanto la morte prematura dell’animale permise di raccogliere pochissimi dati che a livello scientifico viene considerato come una missione perlopiù insensata.

Soverchi omaggi vennero resi a Laika da tutto il mondo: francobolli commemorativi, una miriade di canzoni, marche di sigarette e cioccolato.
Ritengo -pur senza niente a confermarmelo- che Laika avrebbe un sacco preferito continuare la sua vita per le strade di Mosca invece che morire male in orbita.

 

“Grazie eh.”


19 agosto 1960: decisamente meglio che a Laika invece va alle due Personalitá Buffe di oggi, Belka (=scoiattolo) e Strelka (=freccia) imbarcate all’interno dello Sputnik 5 insieme ad un coniglio grigio, quarantadue topi, due ratti ed una buona manciata di mosche, piante e funghi con lo specifico compito di partire, orbitare diciotto volte intorno alla Terra e far ritornare tutti sani e salvi.
Questa volta tutto va secondo i piani ed un altro grosso punto viene segnato dalla squadra sovietica che è la prima a fregiarsi del titolo di aver inviato degli esseri viventi nello spazio cosmico che sono rimasti, perlappunto, viventi.

C’è tempo anche per l’amore: Strelka dopo la missione spaziale ha sei cuccioli con un cane di nome Pushok (=bocciolo) e partecipa per il resto della sua lunga vita ad una miriade di test spaziali a terra.
Uno dei suoi discendenti, Pushinka (=piuma), trova addirittura una cuccia all’interno della Casa Bianca dopo che Nikita Krusciov lo dona alla figlia di Kennedy nel 1961.

Entrambe le nostre protagoniste di oggi alla loro morte sono state imbalsamate ed i loro corpi sono conservati con tutti gli onori del caso all’interno del Museo dei Cosmonauti a Mosca.

-Tengo a precisare che la storia di oggi è arrivata alle mie orecchie da una birra, la Birra Muttnik, che oltre ad aver intitolato a Belka e Strelka le sue due varietà di infuso luppoloide ha inserito la loro storia sulle etichette.
Questo giusto per far notare quanto si sbagliasse chi mi diceva che non avrei mai imparato nulla dedicando gran parte del mio tempo al bere.
Non perchè l’interessato mi paga ma: se capitate in zona Borgomanero, io una capatina da Folk – Beer Shop ve la consiglio, sia mai che impariate qualcosa di nuovo da una birra come è successo a me-.

 

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