Serial Killer – Sfoggiare Inutile Erudizione https://www.inutile-erudizione.it Una valida alternativa a YouPorn Sat, 28 Mar 2020 21:21:12 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 Jeffrey Lionel Dahmer https://www.inutile-erudizione.it/jeffrey-lionel-dahmer/ https://www.inutile-erudizione.it/jeffrey-lionel-dahmer/#comments Wed, 21 Aug 2019 17:15:33 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2548 Perché ho così tanti serial killer fra le Personalità Buffe?
Intendiamoci, so benissimo perchè interessano A ME (uno spiccato gusto per il macabro e il fatto che ritengo possa venire sempre utile sapere come uccidere qualcuno con efficacia). Quello che mi chiedo è PERCHÈ INTERESSANO A VOI CHE ME LE CONTINUATE A RICHIEDERE, oh persone (a?)normali che vivete una vita piena e realizzata nella societá umana.

Cosa avete che non va nel cervello?
Sul serio, ponetevi questa domanda mentre leggete il resto della storia.


Il nostro protagonista odierno nasce il 21 maggio del 1960 a West Allis, una cittadina di sessantamila abitanti nel sudest del Wisconsin.
I più affezionati fra voi staranno pensando: Edward Gein era del Wisconsin, Jeffrey pure. COSA DIAMINE C’È IN WISCONSIN CHE FA SMATTARE LA GENTE E LE FA A UCCIDERE PERSONE A CASO?”

Non saprei rispondervi, probabilmente c’è solo troppo Wisconsin.

Ho esaminato con attenzione l’infanzia di Dahmer e a differenza di quella di molti altri serial killer già affrontati in questa pagina non ci sono molestie o ambienti costrittivi, niente morale religiosa asfissiante o violenze fisiche.
Fino ai sei anni il nostro protagonista è un comunissimo bambino solare, poi le cose iniziano a cambiare quando i suoi genitori si trasferiscono a Doylestown, un piccolo centro di circa 1800 anime nel nordest dell’Ohio.


Nonostante il motto della cittá sia ‘un villaggio di valori, una città di tradizioni’ deve evidentemente sembrare l’inferno per il piccolo Jeffrey che inizia a sviluppare un carattere chiuso e introverso attorno a uno dei segnali più allarmanti in assoluto da notare in un bambino -quantomeno se avete intenzione di crescere un uomo normale e non il futuro Jack lo Squartatore-: una moltitudine di piccoli animali torturati e uccisi, sepolti nel bosco dietro al giardino di casa che in poco tempo viene trasformato in una grande fossa comune per tutto ciò che non è in grado di sfuggire alle sue sadiche manine.

Memorabili i suoi esperimenti volti a creare con ago e filo degli ‘ibridi meravigliosi’ come lo scoiattogatto o il camaleopossum.


Il padre (un ricercatore all’inseguimento affannoso di un dottorato in chimica alla Marquette University) e la madre (istruttrice dattilografa alle ‘teletipi’ -una sorta di incrocio fra le macchine da scrivere e i computer odierni-) si ritrovano impegnati per gran parte del tempo a far quadrare i conti di una famiglia cui si aggiunge presto una bambina, calamitando quelle attenzioni che Jeffrey richiede a gran voce tramite i suoi piccoli olocausti animali.

La mancanza di affetto familiare può essere un motivo sufficiente per ammazzare qualcuno?
Come direbbe Antonio Razzi: “Io non creto!”, anche perchè altrimenti al mondo saremmo molti di meno.

Gli anni passano e Dahmer cresce sempre più introverso, isolato e vicino all’alcolismo (si presenta nelle classi della Revere High School completamente ubriaco, tracannando fra una lezione e l’altra un misto di birra e gin che chiama ‘la mia medicina’) fino a che si arriva al 1978, un anno per lui a dir poco particolare…

Dal suo ingresso nella pubertà ha capito di provare più interesse sessuale verso i portatori di pene, un atteggiamento che cozza con quello che veniva (e tutt’oggi VIENE considerato da persone tutte d’un pezzo -di merda-) la normalità. Per quel che mi riguarda il problema, ancora una volta, non è PER CHI si eccitasse ma PER IL COME.

Inizia a fantasticare di stupri, stupri di cadaveri, stupri durante dissezioni, stupri di persone drogate e stupri di stupri.

Se il tutto si fosse limitato alla sfera ipotetica sarebbe anche potuto passare alla storia come una persona con un grave problema di buongusto sulla scelta della categoria di Youporn su cui masturbarsi, ma le cose degenerano presto in una spirale ossessiva.

Il 18 giugno Jeffrey si ritrova da solo nella casa di famiglia mentre i suoi genitori stanno tentando di riorganizzare le loro vite dopo aver optato per un divorzio sbrigativo. Lionel ha accolto la novità con il savoir faire tipico di un diciottenne alcolizzato e dopo essersi sbronzato a merda prende la macchina e inizia a vagare per la cittá in uno di quei confusionari ‘giri in giro da incazzato’ che tutti i possessori di patente hanno fatto almeno una volta.


Diciotto anni, una vita scombinata dall’alcool, gravi carenze affettive, una confusionaria sessualitá repressa e un’ossessione per stupri e animali morti (non necessariamente in quest’ordine): quando Steve Hicks, un autostoppista diciannovenne accetta il suo passaggio (convinto di arrivare a un concerto nei paraggi) e si ritrova a casa Dahmer a bere birra condita da pochi salatini e tante avance, non ha idea del casino che c’è nella testa dell’esile biondino che ha davanti.
Quando il malcapitato autostoppista decide di levare le tende, in Jeffrey scatta la folle paura di rimanere da solo per sempre e ha una reazione normalissima e perfettamente equilibrata:

colpisce il ragazzo in testa con un bilancere, lo soffoca, ci si masturba sopra, fa a pezzi il cadavere e lo seppellisce in una delle tante fosse scavate dietro casa, distruggendo i pochi resti ancora identificabili con l’aiuto di acido e martello.

Ora Steve non sarebbe più potuto andare da nessuna parte.

Poco tempo dopo il suo primo omicidio il nostro protagonista decide come se nulla fosse di continuare i suoi studi iscrivendosi all’università statale dell’Ohio ma dopo soli sei mesi si ritira quando diventa lampante per tutti che la sua perenne ubriachezza mal si accompagna agli esami da dover dare per laurearsi -sono arrivato anche io alla stessa conclusione durante la mia disastrata carriera universitaria, però ci ho messo decisamente di più-.
Non avendo nessuna intenzione di cercarsi un lavoro ed essendo il concetto di ‘hikikomori’ (il corrispettivo alla lontana dei nostri ‘bamboccioni’ nella cultura giapponese) ancora troppo precoce per gli Stati Uniti di inizi anni ’80, viene costretto dal padre ad arruolarsi tra le fila del glorioso esercito americano, che dopo un veloce esame fisico decide di spedirlo a calcioni a farsi le ossa come medico da campo in una base in Germania.


Due anni dopo, un paio di accuse di stupro da parte di alcuni commilitoni che asseriscono di essere stati drogati e abusati durante alcune visite mediche e una CATERVA di richiami sul suo stato di servizio concernenti la sua perenne ubriachezza, il nostro eroe riesce a farsi espellere (incredibilmente con onore) anche dallo zio Sam che lo rimpatria sulle calde spiagge di Miami Beach dove si sputtana (letteralmente) in poche settimane tutti i soldi messi da parte facendo rinchiudendosi in una camera d’albergo e seguendo in modo ferreo la dieta del campione: alcool, panini e sesso anale.

Quando le finanze non gli consentono più di continuare questa vita da sogno si ritrova, come quasi ogni buon ventrentenne italiano odierno, costretto a tornare strisciando sotto lo stesso tetto del padre.

Il fatto è che il genitore uno non ha la minima idea di come aiutarlo a superare il suo problemino con l’alcool.
In pochi mesi viene arrestato diverse volte per ubriachezza molesta e atti osceni in luogo pubblico e all’ennesima lite sulla sua condotta a Jeffrey rimane come unica opzione quella di trasferirsi da sua nonna a West Allis.

La vicinanza della signora (l’unica con cui il nostro protagonista senta una sorta di legame famigliare) riesce in qualche modo a calmarlo, almeno quel tanto che basta per fargli trovare un lavoro come infermiere alla banca del sangue dell’ospedale cittadino, presumo scrivendo sul curriculum “Avere a che fare con dei fluidi corporei non mi da minimamente fastidio”.

Dopo una decina di mesi di tranquillità l’alcool ha però di nuovo la meglio, viene licenziato, torna ad avere i soliti problemi con la giustizia e sopravvive solo grazie alla paghetta che gli passa nonna -come ho già detto, come diversi ventrentenni di oggi-.

Nel 1985, la svolta: trova lavoro come operaio in una fabbrica di cioccolato, la Milwaukee Ambrosia Chocolate Factory, ritrovandosi a mischiare ingredienti quasi tutte le notti della settimana, otto ore per notte.

Una cosa che farebbe andare fuori di testa molti ma non lui, che in fondo era già impazzito da tempo.

Nello stesso periodo decide di far cadere ogni rimanenza di finzione rimasta sulla sua eterosessualità, anche se la scelta dei modi è come al solito discutibile: propone pompini ai passanti ubriachi e ruba manichini di uomini nei negozi su cui si masturba.

“Non il mio, VERO?”

I locali gay di Milwaukee cominciano a conoscerlo (e a temerlo) quando si sparge la voce che droga con dei sedativi i cocktail che offre ai suoi partner perché “mi da molto fastidio fare sesso con qualcuno che si muove”.
È anche per questo nel nell’86 prova a dissotterrare il cadavere di un diciottenne: per provare l’ebrezza di avere finalmente l’amante perfetto. Calcola però male quanto può essere duro il terreno di un cimitero ed è costretto a rinunciare -il cadavere, probabilmente, ringrazia-.

Ormai Jeffrey è completamente fuori controllo, viene beccato a masturbarsi davanti a due dodicenni ma anche questa volta con la scusa dell’alcool (che in altri casi dovrebbe essere considerata un’aggravante) se la cava con poco più di un buffetto sulle guance paffute e una piccola multa.

Il 20 novembre 1987 il nostro protagonista incontra in un bar il venticinquenne Steven Tuomi, lo rimorchia e con l’intenzione di passare una delle sue ‘serate perfette’ lo droga per poi stuprarlo.
Il mattino dopo Dahmer si sveglia nella stanza d’albergo che hanno affittato con un cadavere a fianco.
Un cadavere con dei vistosi segni di strangolamento.

“Oihbò! Non ricordo assolutamente di averlo fatto! E ora? Trovo uno spreco buttare via questo ben di Dio!”


Jeffrey trasporta il cadavere di Steven dentro una grossa valigia fino al seminterrato della nonna, dove lo fa meticolosamente a pezzi facendolo sparire con acido e martello, lo stesso modus operandi usato con Hicks sette anni prima.

Questa volta però decide di tenersi la testa del cadavere per potersi continuare a masturbare felicemente.

Quando la carne putrida diventa troppo putrida anche per lui -due settimane se ve lo steste chiedendo- bolle la testa in una mistura chimica ottenendo come risultato un teschio perfetto CON CUI CONTINUARE A MASTURBARSI.

Io l’ho detto prima che stava andando un filo fuori controllo ma ormai le porte dell’inferno sono spalancate:


Nel gennaio del 1988 adesca James Doxtator, un quattordicienne di origini nativo-americane che vende il proprio corpo per strada. Segue lo stesso destino di Tuomi, salvo che il suo cranio viene polverizzato per essere usato come condimento (e si dice mischiato ai cioccolatini della fabbrica).

24 marzo 1988: Richard Guerrero, 24 anni, viene convinto da Dahmer con 50 dollari a seguirlo a casa SOLAMENTE per dormire insieme. Al risveglio Richard viene strangolato, VIENE SPOMPINATO POST-MORTEM -hai voglia a succhiare-, poi segue lo stesso trattamento degli altri.

23 aprile: un fortunatissimo ragazzo viene convinto a prendere un caffè da Jeffrey. Quando è già ormai drogatissimo la nonna rientra in casa scombinando l’assassinio e il nostro eroe si ritrova costretto a portarlo in ospedale per poi tornare a casa ad ammazzarsi di seghe.

A settembre di questo magnifico anno viene sbattuto fuori di casa perchè la signora Dahmer avrà anche i suoi anni ma non è ancora del tutto rincoglionita da non accorgersi che il nipote le porta in casa uomini a tarda notte.
Il nostro trova una sistemazione in un monolocale e IL GIORNO DOPO IL SUO TRASLOCO viene arrestato mentre tenta di convincere un tredicenne a seguirlo con la scusa di scattargli qualche foto.

Questa volta le autorità capiscono finalmente che continuare a dargli multine non è un deterrente che funziona e lo condannano per tentato assalto sessuale di secondo grado.

Dahmer è comunque ormai troppo oltre per essere riabilitato con qualche mese di prigione.


Il 25 marzo 1989 conosce in un gay bar il ventiquattrenne Anthony Sears, un aspirante modello MOLTO INTERESSATO al fatto che lui racconti in giro di fare bellissimi book fotografici. Un pompino con strangolamento mortale dopo Il nostro protagonistasi ritrova con “il cadavere più bello che avevo mai visto!”, quindi conserva mette la testa e i genitali in dei vasi pieni di acetone che ripone NEL SUO ARMADIETTO A LAVORO.

14 maggio 1990: si trasferisce nuovamente portandosi dietro tutti i suoi trofei e come avrete ormai capito, ad ogni trasloco corrisponde un nuovo omicidio. Raymond Smith è la sua sesta vittima.
Qui viene scattato però veramente un book fotografico del corpo, prima di dissolverlo nella vasca da bagno con il metodo che ogni buon fan di Breaking Bad conosce bene.

Il 27 maggio capiamo che oltre che essere completamente folle il nostro serial killer è pure un completo imbecille in quanto dopo aver attirato l’ennesima vittima in casa GLI OFFRE IL COCKTAIL SBAGLIATO FINENDO PER DROGARSI DA SOLO. Quando si risveglia il mattino dopo si accorge la sua potenziale settima vittima gli ha svaligiato casa e non potendo in quanto serial killer andare a denunciare il furto alla polizia, per una volta lo prende solo metaforicamente in culo.


Un mese dopo ha però modo di sfogarsi sul corpo di Edward Smith, cui fa esplodere la testa per errore mentre tenta di elaborare un modo per rendere le ossa del teschio più bianche.


Tre mesi dopo Ernest Miller invidia molto la fine degli altri in quanto viene drogato quel tanto che basta per tenerlo immobilizzato mentre gli viene recisa parzialmente la carotide. Mentre abbandona questo mondo in un lago di sangue le ultime cose che vede sono i flash della macchina fotografica di Dahmer.
In seguito alcune parti del suo corpo vengono conservate in gelatina, prima di essere assaporate con gusto per cena.


David Thomas, ventidue anni, incontra il suo assassino in un centro commerciale.
Qualche drink drogato dopo David sta dormendo della grossa ma Jeffrey LO TROVA TROPPO BRUTTO PER STUPRARLO -nemmeno una gioia-, quindi lo uccide sciogliendolo nell’acido per il solo gusto di farlo.
La polizia investigando sulla scomparsa di David arriva vicinissima al suo cadavere ma Jeffrey svia gli inquirenti parlandogli delle (mai esistite) manie suicide del ragazzo.

Dopo un periodo (breve) di pausa seguito da uno (meno breve) di altri omicidi tutti opportunamente fotografati e catalogati, avviene quello che ritengo essere il primo tra quelli della scia che considero più inquietante -e considerate che ciò di cui sto parlando è già PARECCHIO inquietante-.


Errol Lindsey incontra Dahmer il 7 aprile 1991, viene attirato in casa sua e drogato con il solito metodo. Ma c’è una differenza sostanziale: Errol è eterosessuale. Ha appena preso parte a un folle esperimento.

Dopo essere stato immobilizzato (ANCORA VIVO) il nostro protagonista gli apre un piccolo foro sul cranio con un trapano E POI CI FA COLARE DENTRO MEZZA SIRINGA DI ACIDO CLORIDRICO.
Il tutto per creare uno zombie sessuale.
Riuscite ad immaginare qualcosa di più folle?

Errol dopo qualche ora si sveglia ed è solo in grado di dire “ho un mal di testa fottuto, che ore sono?” prima di venire strangolato.

Avete presente quando siete a casa, volete solo riposare e i vostri vicini fanno un bordello infinito, cucinano bombe chimiche che si ostinano a chiamare cibo o ascoltano Gigi D’Alessio a tutto volume? -Io no poveri stolti! Io vivo in un bosco!-. Immaginate di essere i vicini di Jeffrey: puzzo nauseante, rumori di motosega e urla soffocate.

Più volte i suoi dirimpettai vanno a lamentarsi e più volte si lasciano convincere da scuse via via meno credibili: “mi si è rotto il freezer!”, “il mio acquario ha bollito i pesci tropicali”, “quei nidi di vespa non mi lasciano in pace!”.

Così il nostro eroe può prosegue indisturbato col suo ‘lavoro’.


– 26 maggio 1991
: Konerak Sinthasomphone, un quattordicienne con un cognome complicato, viene attirato in casa di Dahmer con la scusa di alcune foto.
Cocktail di droghe.
Pompino a tradimento.
Quando Konerak si sveglia ha un piccolo foro da cui cola acido nel cranio ed è sdraiato a fianco del cadavere di Tony Huges, un trentunenne ucciso il giorno prima.
Jeffrey è in piedi, nudo, e tracanna birra toccandosi il cazzo e osservando la situazione.
Il ragazzo sviene.

Dato che rimane incosciente per parecchio tempo e che pare non esista abbastanza birra sulla faccia della Terra per soddisfare Dahmer, l’assassino VA AL BAR a calmare la sua sete LASCIANDO LA PORTA DI CASA APERTA.

Quando torna trova il quattordicienne seduto ad un incrocio, completamente nudo, che straparla in Thailandese (l’acido iniettato direttamente nel lobo prefrontale e lo shock non aiutano di certo ad esporre con calma gli avvenimenti) con tre donne di colore che stanno provando a capirci qualcosa.

Sfoderando le sue migliori doti in ‘raggirare’ il nostro protagonista prova disperatamente a convincere il trio che il ragazzo è un suo amico malato ma LO FA PUZZANDO DI BIRRA E BIASCICANDO FRASI A CASO, quindi le tre chiamano la polizia.

-qui signori c’è del genio, preparatevi-

Arriva una volante con sopra i due peggiori agenti di polizia di cui ho memoria NELLA STORIA DELL’UMANITÀ, John Balcerzak e Joseph Gabrish. I due si trovano davanti tre donne nere agitate, un ragazzino thailandese nudo e un giovane bianco americano ubriaco.

Sentono velocemente le versioni di tutti (capendo poco e nulla di quello che dice il ragazzo) e decidono di credere a ciò che dice il nostro protagonista: “Il ragazzo è il mio compagno diciannovenne, ha qualche problema mentale, poverino, e si è ubriacato come una biscia…stavo cercando di accudirlo a casa mia prima di riaccompagnarlo in macchina ma lui ha preso ha correre nudo per strada straparlando, signori agenti.”

Le tre donne fanno notare che Konerak STA PERDENDO SANGUE DAL BUCO DEL CULO, ma gli agenti gli urlano di “piantarla di urlare come le scimmie negre che sono” e di non immischiarsi in un ‘incidente domestico’.

Qui, l’apoteosi.

I due poliziotti RIACCOMPAGNANO KONERAK DA DAHMER, DANNO UNA VELOCE(ISSIMA) OCCHIATA ALLA CASA, IGNORANO IL PUZZO NAUSEABONDO CHE PERMEA TUTTO, NON NOTANO UN CADAVERE IN DECOMPOSIZIONE IN CAMERA DA LETTO E RIAFFIDANO IL RAGAZZO ALLE “””CURE””” DEL SUO AGUZZINO.

Ricordo che il motto della polizia americana è ‘Protect and serve’.

Come la pattuglia riparte Konerak si becca una seconda dose di acido nel cervello e non si sveglierà mai più.

Sulla coscienza della volante di polizia peggiore della storia delle volanti di polizia è giusto segnalare anche ciò che avverrà in seguito:

Matt Turner, finito nell’apparato digerente di Dahmer.

Jeremiah Weinberger, mandato in coma dopo un’iniezione intracranica di acqua bollente.

Oliver Lacy, sedato col cloroformio e abusato sessualmente per giorni, prima di venire strangolato e mangiato.

Joseph Bradehoft, il cui cadavere divenne per giorni un’attrazione sessuale anche se in completa decomposizione e pieno di mosche e vermi -do atto al pene di Jeffrey che nulla gli impediva di rizzarsi-.


Il 22 luglio 1991 Dahmer adesca l’ennesima vittima, Tracy Edwards, che accetta di seguirlo a casa.
Una volta arrivati Tracy (a differenza di tanti, COMPRESI DUE FOTTUTI POLIZIOTTI prima di lui) nota subito che c’è qualcosa che non va a partire dall’odore terrificante della casa, alle pareti tappezzate di foto di nudi maschili, alla tv che manda a ripetizione ‘L’esorcista 3’, AL BIDONE DA 57 GALLONI PIENO DI ACIDO IN UN ANGOLO IN CUI STA VENENDO FATTO SCIOGLIERE UN CADAVERE…piccoli dettagli insomma.

Edwards capisce che se si dimostra nervoso o da segni di panico ci sono enormi possibilità di finire morto ammazzato, glielo fa intuire il coltellaccio comparso in mano al padrone di casa insieme ad un paio di manette.
Usa quindi un trucco molto semplice: resta calmo (o riesce particolarmente bene A FAR FINTA di essere calmo), riuscendo con voce ferma, carezze e rassicurazioni per la prima volta in trentuno anni a fare calmare anche il nostro protagonista.

Nessuno stupro, nessuna violenza, nessun buco nel cranio riempito d’acido.
Jeffrey resta solo sdraiato a fianco del ragazzo ad ascoltargli il cuore.

Dopo qualche ora (e parecchie birre) Tracy si accorge che il suo potenziale assassino è più distratto, non lo segue più in ogni movimento e lo libera anche dalle manette un paio di volte per farlo andare in bagno, al ritorno da una di queste il ragazzo tenta il tutto per tutto menando un tremendo cazzotto in faccia al suo aguzzino e fugge in strada gridando aiuto.

Arriva una volante della polizia.
La polizia di Milwaukee.
Una polizia che evidentemente addestra i suoi componenti con le manine appiccicose delle patatine.

Una di quelle d’ordinanza.

Dopo aver provato per qualche minuto a liberarlo dalle manette che ha ancora ai polsi, i due agenti SENZA CHIAMARE ALCUN RINFORZO decidono di riaccompagnare Tracy nell’appartamento del mostro.

La prima volta che ho sentito questa storia io avevo le mani nei capelli a questo punto, immaginavo già Dahmer che ammazza tutti e poi ne mangia i cazzi.
Invece no.
Quando gli agenti entrano nell’appartamento trovano un Jeffrey quasi catatonico che non oppone nessuna resistenza e non tenta nemmeno di inventarsi una storia fantasiosa come con Konerak.
Annuisce quando Tracy lo accusa di averlo rapito, annuisce quando viene trovato il grosso coltellaccio con cui lo ha minacciato qualche ora prima e annuisce anche quando Rolf Mueller, l’agente in capo, rinviene una scatola piena di polaroid di cadaveri e omicidi.

Poi improvvisamente esplode di rabbia e si scaglia contro gli agenti.
Agenti di Milwaukee.
Agenti non proprio furbi.
Ma che menano forte.

Dopo aver distribuito al nostro protagonista una gragnuola di manganellate FINALMENTE si degnano di chiamare i rinforzi.

Lui si limita solo a dire “per tutto quello che ho fatto merito solo la morte”.

Morte che arriverà il 28 novembre 1994, ucciso nelle docce del Columbia Correctional Institution da Christopher Scarver, un assassino schizofrenico che lo massacra con un tondino di ferro all’urlo di: “DiO MI hA DETttO DI FaRLo!”


Solo che non gliel’ha detto davvero Dio, è stato il personale della prigione a convincerlo, fomentarlo, lasciargli campo libero e ritardare i soccorsi ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

Di sicuro una dove la giustizia c’entra poco.

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Henry Howard Holmes https://www.inutile-erudizione.it/henry-howard-holmes/ https://www.inutile-erudizione.it/henry-howard-holmes/#respond Tue, 27 Nov 2018 18:42:24 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2057 Ahh i serial killer, un altro grande classico di Personalità Buffe!

Per ‘assassino seriale’ si indica: “Un pluriomicida di natura compulsiva, che uccide persone spesso totalmente estranee senza o con regolarità nel tempo e con un modus operandi caratteristico.
La natura compulsiva dell’azione, talvolta priva di movente, è in genere legata a traumi della sfera emotivo-sessuale”.
Il termine viene utilizzato negli Stati Uniti a partire dal 1970 da uno dei primi ‘criminer profiler’ della storia, l’agente dell’FBI Robert Ressler, con l’intento di demarcare omicidi plurimi reiterati nel tempo (con possibili ‘pause di raffreddamento’) dai cosidetti stragisti ‘spree killer’ -gli autori di massacri come Utøya o Columbine per capirci-.

“Ne ho vista di merda nella mia vita professionale, fidatevi”

Negli stessi anni si teorizza anche un vademecum per riconoscere questi mostri già da alcuni comportamenti avuti nell’infanzia, la cosidetta ‘Triade di Macdonald’, costituita da elementi quali:
– Piromania.
– Crudeltà verso gli animali.
– Enuresi notturna, ovvero il pisciarsi a letto oltre -e sotto- un età considerata normale.

Ad oggi la triade viene messa notevolmente in discussione da diversi ricercatori che considerano queste variabili irrilevanti per l’eziologia degli assassini seriali o ne denotano l’estrema imprecisione nel determinarne l’incidenza.
Tolto questo comunque se doveste mai incrociare nella notte un bambino con i pantaloni bagnati dalla propria urina e che sta dando fuoco al cadavere di un gatto torturato, io per non rischiare gli passerei sopra con la macchina.
Due volte.

Prima del 1970 non è che non esistessero serial killer, anzi. Uno dei più profilici di tutti i tempi è stato il nostro protagonista di oggi, soprannominato amichevolmente ‘Dr. Tortura’ o ‘Arcidemonio’.
Già solo per questo merita di diritto un posto fra i Buffi.


Gilmanton, New Hampshire, 16 maggio 1861: Henry viene registrato all’anagrafe come Herman Webster Mudgett -nome che cambierà anni dopo- da una famiglia di devoti metodisti.
Il metodismo è una costola del protestantesimo che prende piede nel diciottesimo secolo e si prefissa come obiettivo una divisione rigorosa della giornata da costituirsi in: preghiera, lavoro e aiuto ai bisognosi.
Anni dopo tutto questo si concretizzerà nella formazione dell’Esercito della Salvezza che a dispetto del nome e dell’organizzazione paramilitaresca degli affiliati “impugna come arma solo il Cristo per diffondere amore”
-parole loro, io ed il mio spirito critico verso le religioni in generale lo vediamo più come: “coercizione di adepti fra i disperati”-.

Persone di cui fidarsi, si vede subito.

Ho detto che i genitori di Henry sono appartenenti a questa religione ma in particolare il padre, Levi Horton Mudgett, non divide la giornata fra: lavoro, Bibbia e servizi sociali.
Lui è più tipo da: lavoro, bottiglia e sberle davanti al caminetto.
Per tutta la fanciullezza Holmes crescerà diviso fra le botte che colleziona in casa e quelle che arrivano dai bulli che lo prendono di mira perché appartenente alla nobile gilda dei secchioni.

A dodici anni si ritrova invischiato in una di quelle prove di coraggio che prima o dopo toccano a tutti i maschietti nella vita: INTRUFOLARSI IN UN OBITORIO E TOCCARE IL TESCHIO DI UN CADAVERE.
La prova riesce, ma qualcosa dentro di lui si spezza.
Inizia a seviziare e sezionare con strani esperimenti animali via via sempre più grandi, mostrando un interesse per l’anatomia che potrebbe essere ancora reindirizzato proficuamente verso una carriera medica.
“Papà posso fare il dottore da grande?”
*sberla*
“Ringrazia Dio che sono troppo ubriaco per pestarti a morte piuttosto!”
Il sogno sfuma, gli rimane la tortura.

Nel 1878 conosce la sua seconda grande passione, la fica.
Mette incinta e si sposa la fortunella Clara Lovering, che grazie all’esempio genitoriale tratterà esattamente come suo padre trattava la madre: a pizze in faccia.
Nel 1885 in barba alla ritrosia della famiglia si iscrive alla University of Michigan Medical School, ma viene beccato dopo poco a trafugare cadaveri dai laboratori dell’università per poi sfigurarli e tentare di incassare buffe polizze sulla vita stipulate a suo nome.
Viene espulso.

L’anno successivo si trasferisce vicino a Chicago mollando moglie e figli nel nordest e cambiando nome in Henry Howard Holmes. Gli manca qualcuno da prendere a sberle e quindi si risposa.

“Mi pare giusto.”

Qualche anno dopo il suo traferimento falsifica una laurea in medicina della prestigiosa università Ann Arbor e risponde all’annuncio di una farmacia della città gestita dall’anziana signora Holton.
La vecchina non riesce più a star dietro sia al negozio che alle cure del marito malato di cancro; quando gli si propone questo laureato affabile e di bell’aspetto, bravo con i clienti, cordiale e competente le pare una salvezza.
Si sbaglierà di grosso.

Dopo un periodo per ambientarsi come prima cosa Henry si libera del marito malato facendoselo affidare per quarantotto ore in cui lo avvelena con tutto ciò che può iniettargli (aria compresa) per poi piangere al tragico peggioramento della malattia.
Approfittando del lutto, convince la Holton ad andare finalmente in pensione dopo aver firmato un foglio farlocco in cui gli cede l’attività in cambio di un vitalizio mensile.
Al terzo mese di mancato pagamento la signora capisce che qualcosa non quadra e decide di chiamare la polizia. Holmes arriva poco prima e la uccide insieme alla figlia facendo entrambe a pezzi, per poi raccontare in giro che si sono traferite al sole della California.

Non ha totalmente mentito.

Divenuto il padrone di una farmacia con un giro d’affari in costante crescita (grazie alla sua faccia da tolla e alle truffaldine ‘pozioni miracolose’ da lui create) decide di liberarsi della nuova moglie che gli è già venuta a noia.
Non prima di averla messa però incinta e spedita in ospedale più volte a suon di botte, dove lei giustificherà il tutto con delle brutte cadute -una scusa mai passata di moda per gli abusi in famiglia-.
Ora che è benestante e single è finalmente giunto il momento di coronare il suo più grande sogno: AMMAZZARE UN SACCO DI GENTE.

Benjamin Pitezel è un truffatore senza scrupoli che bazzica la peggio malavita di Chicago. Un giorno gli si presenta un distinto signore che gli confida di avere un piano geniale per fare valanghe di soldi, ma gli occorre della manodopera discreta.
Nel 1892 è in programma la Grande Esposizione per i quattrocento anni dalla scoperta dell’America, con un conseguente afflusso stimato di migliaia di turisti.
E i turisti si sa, devono dormire da qualche parte.
Perchè non costruire allora un hotel DOTATO DI TRAPPOLE MORTALI con cui derubare ed uccidere quante più persone possibili?
A Pitezel sembra una bella idea, lo stabile della fu farmacia Holton viene rimodernato e ampliato, lasciando il primo piano occupato da negozi esclusivi mentre il secondo ed il terzo divengono ciò che anni dopo sarebbe stato ricordato come ‘Il castello degli orrori’.


Holmes realizza quanto di più architettonicamente malato gli frulli in testa, costruendo un dedalo labirintico di camere collegate fra loro e dotate di passaggi segreti, spioncini, porte blindate, muri scorrevoli, corridoi ciechi e botole.
Tutte le stanze sono progettate inoltre per essere completamente insonorizzate e sono dotate di scivoli nascosti che portano direttamente alla cantina, dove per non farsi mancare nulla ha installato un laboratorio dotato di UNA PISCINA INDUSTRIALE PIENA DI ACIDO.
Un ala del castello è inoltre costruita per divenire alla bisogna una gigantesca camera a gas e sei stanze in particolare sono FODERATE CON L’AMIANTO, cosicchè gli si potesse appiccare all’interno fuochi in tutta tranquillità.
Una stanza specifica contiene un enorme forno crematorio.
Quando la costruzione è completa, Henry è raggiante.
Un po’ meno i malcapitati che si ritrovano lì a passar la notte.

5/5: Nessuno dopotutto si è mai lamentato.

Per i due anni successivi all’inizio della Grande Esposizione sparisce un numero ENORME di persone di ogni età ed estrazione sociale.
Non risparmiando nemmeno complici, amici, amanti e conoscenti il nostro protagonista conduce i suoi bersagli nelle camere predisposte per la tortura, per poi ucciderli solitamente asfissiandoli col gas o dando fuoco ad intere stanze.
Successivamente utilizza i corpi per folli esperimenti scientifici oppure gli scioglie completamente nell’acido o ancora -ed è il mio metodo preferito- li eviscera per recuperarne lo scheletro PER POI RIVENDERLO ALLE UNIVERSITÀ.

“Però le lenzuola erano pulite!”

La sequela di sparizioni e conseguenti omicidi è elevatissima, ma Henry è al di sopra di ogni sospetto ed ha studiato tutto per non lasciare alcuna traccia.
La farmacia va bene.
L’hotel va bene.
Il buisness degli scheletri va benissimo.
Le truffe assicurative saltuarie con i cadaveri sfigurati sono un entrata sicura.
Incamera un sacco di soldi.
Che riesce comunque a sperperare facendo il gigione per la città.

Nel 1894 ha dilapidato così tanto le sue finanze che si ritrova accerchiato da una sequela di creditori, decide quindi come ogni buon truffatore di lasciare momentaneamente la città per far sbollire le acque.
Mentre Holmes è via uno dei suoi complici, tale Pat Quinlan, fa irruzione nel castello degli orrori per dare fuoco a tutto, perché?
Perché Henry PER SBAGLIO gli ha ucciso l’amante, la sorella e la figlia che per un accordo fra i due vivevano al terzo piano della farmacia.
Semplicemente una sera confonde le stanze in cui rilasciare il gas e fa il patatrac, Quinlan agisce per vendetta, ma SOLO perché ritiene di non aver ricevuto un risarcimento adeguato.
Bella gente insomma.

Il buon Quinlan.

Howard ritorna a Chicago in seguito e decide che per uscire dai guai economici è una bella idea tentare di riscuotere l’assicurazione facendo passare l’incendio come accidentale (PER UNA VOLTA non è una truffa e non l’ha appiccato lui), mossa quantomeno dubbia se hai due piani pieni di trappole mortali.
L’investigatore dell’assicurazione fa il suo lavoro, appura che l’incendio è doloso, informa il nostro omicida che l’assicurazione non gli avrebbe versato un penny e se ne va in tutta fretta.
Con un indagine un filino più approfondita sarebbe venuto fuori probabilmente anche tutto il resto…non quella volta.

“Non lo trovo affatto giusto!”

Qualche mese dopo il nostro protagonista è ancora indaffarato a cercare di recuperare credito a destra e a manca, ma una delle sue buggerate va particolarmente male e questa volta viene arrestato, con una condanna di qualche mese.
In carcere fa la conoscenza di un altro bel personaggio, Marion Hedgepeth, e insieme escogitarono una truffa/omicidio ai danni del vecchio Pitezel, l’unico oltre ad Henry rimasto in vita (i manovali col tempo erano spariti l’uno dopo l’altro) a conoscere ogni segreto del castello.
Essenzialmente il problema è che Pitezel non si sarebbe mai e poi mai fatto avvicinare da Holmes, Marion agisce come sicario, ma una volta terminato il lavoro ed incassato il denaro il nostro protagonista tira fuori uno dei suoi grandi classici e sparisce dalla circolazione senza pagare quanto dovuto.

Conviene sempre pagare un sicario quando indossa una cravatta così.

Hedgepeth, un filino alterato, corre a riferire tutto alla societá di assicurazioni che decide di far scendere in campo un peso massimo del settore: la Pinkerton National Detective Agency.
La Pinkerton è la prima, più grande e rinomata agenzia investigativa privata DEL MONDO, fondata nel 1850 dallo scozzese Allan Pinkerton -che mi tengo buono per un altra storia- che inizia la sua scalata al successo sgominando nientemeno che un complotto per uccidere Abramo Lincoln, che prese in seguito i suoi dipendenti come guardie del corpo personali.
Per i tempi erano l’elite dell’elite.

Nessuno cazzeggia con i Pinkerton!

Henry Howard Holmes per otto anni ha ucciso e truffato sostanzialmente indisturbato, grazie a continui spostamenti e cambi di identità quando si sentiva braccato.
Gli investigatori della Pinkerton impiegano meno di otto settimane a risalire alla scia di omicidi, lo seguono fino a Boston, dove venne arrestato il 17 novembre, inizialmente per il solo omicidio con truffa che coinvolge Hedgepeth.

Dopo giorni di interrogatori serrati gli omicidi confessati salgono da uno a quattro.
Poi da quattro a ventisette.
Poi alla polizia viene in mente di controllare il ‘Castello’.
Da ventisette si sale a CENTOCINQUANTA, contando i resti ritrovati più un numero imprecisato dovuto ai metodi utilizzati per far sparire i corpi.
La polizia rimane convinta si tratti di un numero intorno alle duecento vittime, Holmes dal canto suo ne confessa ‘solo’ centotrenta e si giustifica sottolineando il fatto che lo faceva solo quando rimaneva a corto di contanti, una linea di difesa alquanto dubbia.
Centotrenta persone.
Non credo nemmeno di conoscerle centotrenta persone.
I bersagli erano in prevalenza donne, ma non disdegnava nè bambini né uomini d’affari se il rischio valeva la candela e gli sembravano facoltosi.

La storia sale alle cronache velocemente e il castello (nonostante gli ingenti danni del primo incendio) diviene una macabra attrazione, fino a che viene appiccato un altro rogo per raderlo completamente al suolo.

Holmes attende sprezzante la sua condanna a morte, che viene eseguita il 7 maggio 1896, fino all’ultimo insistendo sul fatto che doveva essere chiamato DOTTORE.
Cosa che al boia doveva dare un sacco fastidio.
Infatti la sua esecuzione fu un impiccagione che durò per QUINDICI interi minuti, perchè chi si doveva occupare del cappio decise di farlo quanto più scomodo possibile per far durare l’agonia e restituirgli una piccola parte delle sofferenze causate.

Che siamo d’accordo, non è giustizia.
Credo si chiami karma.
Lo stesso per cui per i prossimi mille anni Holmes si reincarnerà in un platelmita con problemi di riproduzione -SPOILER: i platelmiti si riproducono mettendosi l’ano in bocca ed uno dei due si svuota nell’altro, morendo-.

“E allora sarà figo come scopate voi umani!”

 

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Edward Theodore Gein https://www.inutile-erudizione.it/edward-theodore-gein/ https://www.inutile-erudizione.it/edward-theodore-gein/#respond Mon, 08 Oct 2018 19:16:48 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=1933

Il mio personale metodo per scegliere con quale film/videogioco/libro/serie tv trascorrere il tempo libero consiste nel NON scegliere affatto, affidandomi alla pura casualità. Se unite questo al fatto che soffro di un principio di disordine ossessivo compulsivo che mi obbliga moralmente a portare a termine ciò che inizio, potete capire perchè questa disfunzione negli anni mi abbia portato a passare attraverso grandi classici (Mamma Roma, Il sorpasso), perle stupende (Grosso guaio a Chinatown, Paura e delirio a Las Vegas), trashate infinite (Sharknado, The italian spiderman) e soverchie ore interminabili (Cado dalle nubi, Zabriskie Point) trascorse nel desiderare di essere colpito da un meteorite vagante.

Battute sui terroni! Battute sui froci! Battute sui negri! Battute sui terroni, froci e negri!
Non manca proprio nulla.

Mi sto concentrando sulla Settima Arte ma voglio essere chiaro: non ho l’arroganza di definirmi un cinefilo. Mi manca per essere tale tutta una serie di conoscenze riguardo a regia, fotografia, recitazione e in più sono a digiuno di parecchi capisaldi di genere, fra cui l’horror.

Perchè questa introduzione? Perchè una delle prime informazioni che vengono sbattute in faccia cercando notizie sulla Personalità Buffa di oggi è che ha ispirato film come: ‘Non aprite quella porta’, ‘Psyco’ e ‘Il silenzio degli innocenti’. Tutti lungometraggi che ammetto candidamente di non aver mai visto, pur conoscendone a grandi linee la trama. Comunque abbastanza per capire il tenore della storia che narrerò oggi.


27 agosto 1906, La Crosse, Winsconsin: il nostro protagonista emette il suo primo vagito avvolto in un fagotto che l’ostetrica prova a passare alle braccia della madre, Augusta Lehrke, che per tutta risposta scuote la testa con gli occhi iniettati di sangue iniziando a sussurrare torva riguardo “l’arroganza degli uomini che sfidano la grandezza di Nostro Signore”. Stupita, la levatrice cerca con lo sguardo il padre, George Gein, ma lo trova in un angolo della stanza intento a menare con una bottiglia vuota il primogenito Henry (quattro anni) pregandolo in lacrime di farsi riassumere alla fabbrica di formaggio.

“Buona fortuna piccolo, ne avrai bisogno…” sussurra la donna al fagotto, lo poggia sul letto e scompare nella notte.

“NON MI LASCI QUI! NON LO FACCIA!”

I coniugi Gein sono un tipico esempio di come la razza umana sia parecchio sopravvalutata: si odiano ferocemente ma rimangono insieme perchè il divorzio non è contemplato nel fanatismo religioso-luterano di lei, che rimane comunque lieta di farsi menare ogni sera da un marito alcolizzato poichè “le vie del Signore sono misteriose e piene di sberle”. George dal canto suo è riuscito a farsi licenziare più o meno da tutti i posti della città in grado di fornire un salario e trascorre le giornate in bettole malfamate per poi tornare a casa gonfio di vino a roteare i pugni su qualsiasi cosa respiri.

Essere figlio loro doveva essere meraviglioso…

La famiglia riesce a non morire di stenti solo grazie ad Augusta e al suo stipendio di droghiera con cui riesce addirittura a risparmiare -presumo nascondendolo al marito- quel tanto che basta per comprare una fattoria alla periferia di Plainfield, una minuscola cittadina vicina.

Un ridente posto in cui vivere, salta subito all’occhio.

Ecco una giornata tipo di Edward e suo fratello:
sveglia alle quattro del mattino, lavoro nei campi, pausa per tentare di imparare a leggere la Bibbia, altro lavoro nei campi.
Nel pomeriggio la madre gli inculca per ore concetti su l’innata immoralità del mondo esterno e sul fatto che tutte le altre donne del pianeta sono delle puttane poichè: “l’unico sesso accettato da Dio è quello fatto per procreare”.
La sera il padre rientra ubriaco, prova a procreare all’urlo di: MANNAGGIA AL DEMONIO AUGUSTA! SE DIO NON ME LO VOLEVA FAR USARE NEMMENO ME LO DAVA! dopodichè ramazza di botte sedie, tavoli, moglie, bambini e animali e si addormenta in quello che rimane della casa, cagandosi addosso.
A quel punto la madre scende le scale con gli occhi pesti e a lume di candela inizia a sussurrare ai figli terrorizzati dei passi dell’Antico Testamento riguardanti morte, omicidio e punizione divina.


Non vedo come qualcosa possa andare storto.

Edward a dieci anni sta osservando i suoi genitori mentre macellano un maiale e ha una strana sensazione al basso ventre, che aumenta di intensità fino fargli raggiungere il primo, potentissimo, orgasmo della sua vita proprio quando le urla d’agonia del suino vanno affievolendosi.

Contro ogni previsione, il nostro protagonista riesce a sopravvivere fino alla pubertà e come ogni buon ragazzo in preda agli ormoni scopre le gioie provocate dall’attrito del palmo delle mani sul glande.
Traducendo: si ammazza di seghe!

La masturbazione è uno di quegli argomenti che tratterei volentieri e allegramente per delle ore, ma nel caso di Edward c’è il piccolo problemuccio di avere una madre completamente folle che si aggira per casa sproloquiando versi della Bibbia.
Un pomeriggio il nostro eroe si sta dedicando ad un cinque contro uno subacqueo (NON è un handicap match di pallanuoto) nella vasca da bagno, quando Agatha apre a testate la porta, trova il figlio con le ‘mani nel pacco’ e decide per l’unico gesto educativo possibile: GLI STRIZZA LE PALLE URLANDO CHE SONO ‘LA MALEDIZIONE DELL’UOMO’ MENTRE GLI IMMERGE LO SCROTO NELL’ACQUA BOLLENTE SALMODIANDO I SANTI.

Scostati, Montessori.

Augusta, madre modello.

Dopo ventuno anni di questa magnifica vita Theodore è venuto su un filino disturbato: è esile, timido, riservato e sogghigna spesso senza ragione quando l’argomento vira su morti, guerre o incidenti mortali.
Siamo agli inizi del ‘900, nelle campagne del Wisconsin, qualunque tipico maschio alpha americano DOC se lo ritrova davanti opta per ramazzarlo di botte, sfogando così la tensione di essere un tipico maschio alpha americano DOC.

1940: George ha un coccolone e muore (l’alcolismo richiede un alto tributo alla vita prima o poi) lasciando famiglia e fattoria nelle folli mani della moglie. Subito Agatha fa promettere alla sua prole davanti al Cristo che nessuno dei due figli romperà mai il sacro vincolo della verginità.
Quattro anni dopo Henry, il primogenito, ritrovandosi da tempo nel ruolo dell’uomo (sobrio) di casa, decide che QUARANTADUE ANNI di boiate religiose imposte dalla madre possono essere sufficienti. Prova a discutere con molta calma col fratello di quanto lui si senta oppresso da questa vita di clausura e gli racconta di come la soglia della verginità lui l’abbia già varcata più volte.
Poi va a dormire.


“Tranquillo fratellone! Resterà una cosa fra me e te!”.

La notte stessa un furioso incendio divampa nel granaio e quando si riesce finalmente a spegnerlo per fare la conta dei sopravvissuti, Henry manca all’appello.
“Non ho davvero idea di dove possa essere! L’ho perso di vista in mezzo a tutto quel fumo! Ma se volete POSSO DIRVI ESATTAMENTE DOV’È!
La frase di Edward fa inarcare un sopracciglio a più di uno dei poliziotti accorsi sulla scena e una volta che il corpo del fratello viene ritrovato carbonizzato CON UN VISTOSO TRAUMA ALLA TESTA sono in molti ad essere propensi a mettergli le manette.

Incredibilmente però il perito legale attesta invece che il primogenito di casa Gein è morto per asfissia e il trauma deve essere dovuto post-mortem a causa del crollo del tetto del granaio.
Theodore è finalmente tutto solo con l’adorata madre, che se lo coccola in un misto di perversione Lannister e una qualsiasi delle categorie ‘Not my real mother’ che potete trovare su YouPorn.

“Wake up!”

La pacchia dura peró pochi anni in quanto un ictus in due tempi decide di portarsi via la ‘santa’ donna.
29 dicembre 1945: il nostro protagonista perde ciò che molti psicologi criminali diranno in seguito essere “l’unico filo che ancora ne preservava la sanità mentale”.
Un gran bel filo di merda se consideriamo quanto ha fatto fin qui.

17 novembre 1957: Bernice Worden, la commessa della drogheria di Plainfield (nonchè madre del vicesceriffo) scompare nel nulla mentre è di turno in negozio. Non è un furto, non è un rapimento, non si capisce cosa sia potuto succedere.
Interrogando a destra e a manca viene fuori che uno degli ultimi ad avere avuto dei contatti con lei è il buon Edward, che viene messo TRA i sospettati diventando quasi subito IL sospettato non appena comincia a mostrare segni di nervosismo durante gli interrogatori.
Gli agenti optano per un’ispezione nella fattoria (negli diventata abbastanza fatiscente) e dentro un capanno trovano Bernice.

Quel che ne rimane almeno.

Il cadavere della donna, decapitato, è appeso per le caviglie e aperto in due a partire dalla vagina, gli agenti vorrebbero anche capire cosa ne è stato della testa, ma per il successivo quarto d’ora sono troppo intenti a vomitare il pranzo.
Una volta esauriti i conati gli viene dato il via libera dalla centrale per sfondare a calci la porta ed entrare in casa, ma quello che si trovano davanti va oltre ogni immaginazione.


Dappertutto regna la sporcizia e il disordine più assoluto (considerando che stiamo parlando di un cinquantunenne vissuto da sempre con la mamma non è nemmeno così strano), ma appesi alle pareti, sui mobili e nelle varie stanze vengono rinvenuti:

– quattro nasi.
– un gran numero di ossa umane.
– diversi teschi.
– DIECI teste di donna appese con dei chiodi a mò di trofeo nella camera da letto.
– alcuni metri di pelle umana usata come tappezzeria per muri e poltrone.
– ciotole per il pranzo ricavate da scatole craniche.
– un cuore.
– due labbra montate come applique a una finestra.
– un tamburo di pelle umana.
– un tavolo realizzato con dei femori (cosa che da tutto un altro significato al termine ‘GAMBA del tavolo’).
– NOVE maschere di pelle umana.
– una lampada ricavata da una colonna vertebrale.
– diversi vestiti realizzati in pelle umana.


Una lista da fare impallidire Giovanni Mucciaccia, specie considerando che non ha utilizzato nemmeno una goccia di colla vinilica.

Edward confessa agli inquirenti di aver nutrito il suo amore per l’arredamento d’interni principalmente violando tombe (diciotto in tutto) insieme ad alcuni omicidi di donne che gli ricordavano la sua tanto adorata madre: Bernice (ritrovata nel capanno), Mary Hogan (una cameriera di una taverna scomparsa nel ’54) e un’altra ragazzina data per dispersa decenni prima.

Molti studiosi negli anni hanno provato a introdurre la componente sessuale in questi delitti ma Gein ha sempre negato con forza di avere avuto rapporti con i cadaveri, più che altro PERCHÈ PUZZANO.

Nulla che un buon Arbre Magique oggi non risolverebbe.

Rimossa almeno l’accusa di necrofilia fece comunque scalpore la sua confessione di avere avuto come obiettivo finale quello di costruirsi un perfetto ‘abito da donna’, realizzato con i resti di vari cadaveri, per potersi finalmente trasformare anima e corpo nella defunta madre.

Impossibilitato a sostenere un processo dopo che diversi psichiatri lo dichiarano incapace di intendere e di volere, si prende un ultima grande vittoria prima di terminare i suoi ultimi sedici anni di vita in un manicomio criminale.

“Non ho mai ucciso un cervo”.

Una frase normalissima, per molti anche molto bella, che appare fuori contesto se proferita alle torme di giornalisti che assediano la centrale di polizia dove viene rinchiuso nei giorni immediatamente successivi alla sua cattura.

Una frase però decisamente inquietante per i suoi vicini di casa, a cui PER ANNI aveva portato diversi chili di carne, a detta sua proveniente da alcune battute di caccia.

EDWARD PER PARECCHIO TEMPO E’ RIUSCITO A FARE MANGIARE CARNE UMANA A TUTTO IL CIRCONDARIO!

 

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