Mussolini – Sfoggiare Inutile Erudizione https://www.inutile-erudizione.it Una valida alternativa a YouPorn Mon, 29 Jun 2020 17:22:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 Benjamin Siegel https://www.inutile-erudizione.it/benjamin-siegel/ https://www.inutile-erudizione.it/benjamin-siegel/#respond Mon, 29 Jun 2020 17:22:56 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2795 Storia di incroci buffi quella di oggi, una di quelle in cui il ‘Grande Sogno Americano’ viene da destra a tutta velocità, si cappotta durante una manovra azzardata per evitare di investire la miseria nera che attraversa la strada e finisce con l’andare addosso a un pullman carico di mafiosi che stanno letteralmente andando a costruire dal nulla un pezzo degli Stati Uniti.

Ma procediamo con ordine…

Benjamin nasce il 28 febbraio 1906 a Williamsburg, un quartiere di New York di circa sei chilometri quadrati che oggi racchiude qualcosa come SETTANTOTTOMILA persone (per dare un’idea l’intera Varese ne fa circa 80.000 ma con un’area dieci volte più grande) e che ai tempi ha un incremento costante di abitanti per ogni nave che attracca al porto carica di immigrati con in testa il sogno di fare fortuna in America.

Sono abbastanza sicuro che lì in mezzo si possa trovare sangue di parecchie famiglie dell’Italia di oggi, magari proprio quelle famiglie così tanto prese a dire che l’immigrazione sia una brutta roba.

New York e Boston erano due dei punti di arrivo in assoluto prediletti per questi viaggi in cui (i più) stipavano in valigie di cartone quel poco che avevano e partivano, spesso senza avere un piano, agganci, risparmi o la minima conoscenza della lingua inglese.

Perché lo facevano? Per la stessa ragione per cui oggi barconi malconci carichi di gente tentano di attraversare il Mediterraneo, spesso dopo torture di ogni sorta e TROPPO spesso affogando nel tentativo.

Perché QUI (qualunque sia il QUI) si fa la fame, non c’è nessuna prospettiva e da DI LÀ (qualunque sia il DI LÀ) sembra che ci sia tutto un altro mondo, uno in cui i problemi principali non sono “Con che cosa sfamo i miei figli sta settimana e come faccio a non farmi sparare addosso nel mentre?” ma “Chi diamine sarà mai Frank Caltagirone e come potrà andare avanti la mia vita dopo l’ottava stagione di Game Of Thrones?”.

DI LA’
QUI

Gli stessi motivi che appena IERI hanno sradicato intere discendenze dai loro paesi nativi del sud Italia per farle approdare al nord in zone più ricche, dove APPARENTEMENTE nessuno sembrava essere felice di avere in mezzo alle balle i ‘terroni’, però poi tutti quelli che potevano sfruttarli per guadagnarci qualcosa sopra (affitandogli topaie o pagandoli una miseria per il loro lavoro) ne erano ben lieti.

IERI
OGGI.

Gli stessi motivi per cui questo paese perde ogni anno una quantità immensa della sua gente più valida e più giovane, che emigra all’estero (che sia per dare un senso ad anni di studi o semplicemente per fare il lavapiatti poco cambia).

Perché tutto questo? Per la SPERANZA di una vita migliore, se non per la generazione che parte, perlomeno per quella che verrà.

È con questa idea in testa che i coniugi Siegel sono arrivati a New York partendo dalla Galizia austro-ungarica (una regione divisa fra le odierne Polonia e Ucraina che prende il suo nome probabilmente dai galli che la abitavano millenni addietro, così come accade per la Galizia spagnola), ma quello che probabilmente non avevano considerato era che davanti a loro non si stava schiudendo il cancello dorato di una terra di latte e miele, quanto più una serranda rugginosa alimentata dalle paghe ridicole che spettavano alla schiuma della comunità ebraica di Williamsburg.


Benjamin, secondo di cinque fratelli, cresce in fretta fra le strade della metropoli americana e ha chiaro sin da subito che la scuola non è una struttura che può ospitarlo per molto. Ancora bambino entra a far parte della gang di Lafayette Street, nel Lower East Side di Manhattan e qui inizia la sua carriera partendo dalla qualifica di ladruncolo in coppia con Moe Sedway, un polacco di dodici anni più grande con qualche aggancio nella criminalità locale (che come capita sin dall’alba dei tempi prende a piene mani dal sottobosco di miseria che permea i quartieri poveri).


Il nostro protagonista capisce molto presto come funzionano le cose, inizia gradualmente a farsi un nome direttamente sul campo e in appena qualche anno -più o meno arrivando all’età in cui io rompevo il mio salvadanaio per un Tamagotchi- ha messo in piedi un vero e proprio racket di ‘protezione’ che coinvolge i venditori ambulanti che se si rifiutano di pagare vedono la loro merce e i carretti che la trasportano andare LETTERALMENTE in fumo.

A questo il nostro protagonista unisce presto accuse di furto, stupro e omicidio che iniziano a delineare i tratti di un quadretto preoccupante.

Più o meno in questo periodo a Benjamin rimane incollato addosso il soprannome che lo seguirà per tutta la vita, quel ‘Bugsy’ che deriva dal suo temperamento violento e irascibile che farà dire a chi se lo trova davanti: “Quello è matto come una cimice -‘bedbug’-, meglio lasciarlo in pace”.

 

Un soprannome che comunque lui odia e che poche persone (rimaste poi vive) possono permettersi di usare liberamente: “My friends call me Ben, strangers call me Mr. Siegel, and guys I don’t like call me Bugsy, but not to my face.

Frattanto il governo degli Stati Uniti ha avuto una delle sue idee più fallimentari della sua lunga storia di idee fallimentari, promulgando il diciottesimo emendamento che dal 1920 al 1933 sancirà il bando della fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcool. Cosa succede dichiarando da un giorno con l’altro illegale un prodotto che accompagna il genere umano da circa il 3.000 a.C.? Succede che la domanda di tale bene non diminuisce di una virgola, ma sposta bensì IMMENSI guadagni nelle mani di criminali che (fra le altre cose) mettono parecchio a rischio sicurezza e qualità del prodotto.

 

Forze dell’ordine che indicano alla telecamera il luogo del misfatto.

-Se il discorso oltre che per gli alcolici vi pare valido anche per droghe e prostituzione non è affatto un caso. È proprio lo stesso discorso.-

COMUNQUE per quello che ci interessa oggi vi basti sapere che il proibizionismo è un ENORME regalo a qualsiasi criminale abbastanza ricco e organizzato per importare, produrre e distribuire quello che in fondo la quasi totalità degli americani chiede, vuole e pretende, magari mettendo in unico pacchetto anche altre cose parimenti illegali, come gioco d’azzardo, droghe e sesso a pagamento.

E chi meglio della criminalità organizzata è, perlappunto, organizzata?

Se nella New York di quegli anni sei abbastanza sveglio, violento o cattivo e riesci a durare quel tanto che basta per farti un nome è molto facile che altra gente cattiva, sveglia o violenta prima o poi ti contatti per fare squadra. Meyer Lansky (al secolo Meier Suchowlański) capisce presto di avere bisogno di organizzare le piccole e frammentate gang della criminalità ebraica in qualcosa di strutturato.

Meyer Lansky.

Prende vita la ‘Bugs and Meyer Mob’ che ha come obiettivi principali il controllo del gioco d’azzardo e il giro di macchine rubate. Presto la B&MM si espande in un settore particolare e in quel periodo molto in voga, quello degli omicidi su commissione.

C’è bisogno di qualcuno di esterno per risolvere uno sgarro? Qualcuno ha abbastanza soldi per creare un vuoto di potere ma non abbastanza fegato per farlo con le sue mani? Ci si vuole liberare di qualcuno senza incorrere in una spirale di vendette incrociate che si sa dove parte ma non si è sicuri dove può arrivare?

Si chiama la B&MM e per il giusto prezzo c’è spazio in agenda per tutti.

Joseph ‘Doc’ Stacher, uno dei componenti della banda (emigrato poi fra le grandi tette kosher dell’Israele post bellica) dichiarerà ai biografi: “Bugsy non esitava mai quando il pericolo era nell’aria. Quando gli altri erano incerti sul da farsi lui era già lì che sparava. Se avevi bisogno di un uomo d’azione non c’era nessuno meglio di lui, non ho mai conosciuto qualcuno con più fegato in tutta la mia vita.”

Stacher.

La mafia italiana adora Benjamin e la sua ‘professionalità’, in particolare i rapporti con Al Capone sono stretti a tal punto che quando il boss italiano verrà ricercato dalla polizia con un’accusa di omicidio sulla testa sifilitica, Bugsy lo nasconderà per qualche tempo a casa di una sua zia.

Nel 1927 il nostro protagonista è un affascinante e carismatico ventunenne, ha dalla sua una quantità stratosferica di soldi, conoscenze e agganci. Conduce una vita tutt’altro che morigerata, abita in pianta stabile in una lussuosissima suite del Waldorf Astoria Hotel in pieno centro, veste abiti costosissimi, e trascorre intere notti a far baldoria con donne bellissime nel glamour newyorchese (e qui sviluppa anche una dipendenza dall’oppio che lo accompagnerà a lungo e che successivamente lo instraderà al traffico di narcotici).

In un certo qual modo incarna perfettamente la realizzazione del Sogno Americano.

Entra ora in scena uno dei più importanti e famosi criminali di tutta la storia degli Stati Uniti, Charles ‘Lucky’ Luciano (al secolo Salvatore Lucania), un gangster di Cosa Nostra con la mentalità da imprenditore e un progetto per i tempi tutto matto: riunire le varie famiglie mafiose sotto l’egida di un potere superiore, quella ‘Commissione’ che riuscirà a fondare nel 1931 e la cui struttura si dice regga e controlli ancora oggi le attività della mafia italiana in America.

‘Lucky’, non ‘Beauty’.

Il potere per regolare i conflitti fra famiglie mafiose senza ricorrere alla violenza di strada nasce però dal sangue del boss mafioso Joe Masseria, che non era intenzionato a dividire il titolo di ‘capo dei capi’ (guadagnato a sua volta ammazzando il precedente boss Salvatore Maranzano) con nessun altro, almeno finché Albert Anastasia, Vito Genovese, Joe Adonis e Bugsy non fecero irruzione il 10 settembre del 1931 nel suo ufficio di Manhattan, ponendo un termine a colpi di pistola e coltello alla cosidetta ‘Guerra di Castellammare’ e donando così tutto il potere di Cosa Nostra in America a Luciano.

Chi la fa l’aspetti.

Una volta formata però la Commissione stessa ebbe sempre più bisogno di gente come Benjamin e così si decise di fondare la ‘Murder Incorporated’, una lista di ‘persone fidate’ da contattare quando i ‘consigli’ della Commissione non venivano ascoltati.

Una frase che in bocca a un mafioso hanno tutto un suo significato.

Durante il decennio successivo Siegel va all’arrembaggio della California. Viene inviato per conto di Luciano stesso a prendere contatti con il boss di Los Angeles Jack Dragna, fargli capire chi comanda davvero, estendere il giro dei vari racket e già che c’è mettere in piedi una rotta per l’importazione di narcotici dal Messico.

Benjamin, partito come un figlio di immigrati che faticavano ad arrivare alla fine del mese, arriva in questo periodo a gestire guadagni che sfiorano il corrispettivo odierno di 500.000$ AL GIORNO, è una delle persone con più potere dell’intero stato e ha nella sua agenda i numeri personali di star del calibro di Cary Grant, Frank Sinatra, Jean Harlow oltre che ovviamente quelli di politici, industriali, avvocati e lobbysti.

È in questo periodo che avviene l’avvenimento che più di tutti mi ha convinto a inserirlo fra le Personalità Buffe: nel 1939 mette in piedi insieme alla contessa Dorothy di Frasso una truffa.

UNA TRUFFA CHE HA COME OBIETTIVO BENITO MUSSOLINI!

Dagli studi dello storico Larry Gragg pare infatti che la coppia, dopo aver preso contatti con il governo fascista abbia iniziato a imbastire la vendita di un esplosivo straordinario chiamato ‘Atomite’ (che non era altro se non la pirotecnica invenzione di due chimici, su cui Bugsy aveva investito qualche migliaio di dollari) che si sarebbe dovuto dimostrare “Dieci volte più potente della dinamite”.

Sempre dagli studi dello storico pare che la di Frasso e Siegel andarono addirittura a Roma per una dimostrazione diretta sotto il mentone autoritario del Duce, ma che questi restò ben poco impressionato da quello che vide.

“Me pare na mezza cagata, mr. Siegel.”

Prima di lasciare la capitale italiana il nostro protagonista incontra anche alcuni degli uomini più importanti del terzo reich, Göring e Goebbels, e come dichiarano le sue memorie si rammaricó a lungo che la sua offerta ai servizi segreti americani di organizzare un duplice omicidio -dietro lauto compenso, ovviamente- cadde inascoltata, perché sarebbe potuto essere l’unico utilizzo dei suoi talenti che avrebbe potuto fare davvero la differenza.

Il 22 novembre 1939 il nostro protagonista insieme a Whitey Krakower, Frankie Carbo e Albert Tennenbaum vanno a svolgere un ‘lavoro’ per conto della Murder Inc., occupandosi di un informatore, tale Harry Greenberg, prima che apra troppo la bocca.

Qualche tempo dopo Tennenbaum si ritrova in manette e crolla, tirando in mezzo gli altri componenti della squadra della morte.

Stranp, perchè dalla faccia pareva proprio uno a cui dar fiducia.

Krakower verrà ritrovato morto di lì a poco mentre Carbo e Benjamin trascorrono un periodo di vacanza di lusso all’interno del carcere che li ospita in attesa di giudizio (possono fare entrare donne e cibo e uscire tranquillamente per le visite dal dentista) che, grazie all’abilità del loro avvocato, si risolverà in un ‘liberi tutti’.

Il processo Greenberg lascerà però nella vita di Benjamin uno strascico profondo, in quanto la sua reputazione (sia nel mondo legale in quanto ormai visibilmente un gangster, sia nel sottobosco criminale in quanto aveva iniziato ad attirare troppa attenzione) era stata seriamente danneggiata.

Fortunatamente per lui nel 1945 intravede un’opportunità di tornare nel giro che conta quanto il suo socio di una vita, Meyer Lansky, ha bisogno per conto della Commissione di una persona fidata per un ENORME progetto di reinvestimento legale dei guadagni illeciti. Progetto che si chiama Hotel Flamingo, da erigere in una cittadina che si sta letteralmente innalzando dal polveroso deserto del Nevada, una città che si chiama Las Vegas.

L’hotel Flamingo secondo i piani della Commissione (e quindi di tutte le varie famiglie che la costituiscono) sarebbe dovuto diventare un’enorme lavatrice per soldi sporchi, ma non appena subentra Benjamin nel progetto muta in un gargantuesco buco nero di denaro.

Il miglior casinò di Vegas deve avere le migliori finiture, il miglior arredamento, i migliori intrattenitori, le migliori donne, il miglior cibo, i migliori liquori. Questo nel ’46 fa lievitare l’ammontare delle somme richieste dai preventivati quattro milioni di dollari (dell’epoca) a sei (corrispondenti a odierni SESSANTA) che Bugsy si rifiuta costantemente di rendicontare in qualsiasi modo, non riconoscendo nessun’altra autorità all’infuori della sua nella gestione maniacale dell’investimento collettivo.

Lo capite bene anche voi, questo fa salire un pochino la tensione fra criminali abituati da sempre ad ammazzarsi per somme molto meno ingenti.

Quando il Flamingo apre i battenti il 26 dicembre tutti tirano un sospiro di sollievo aspettandosi di rientrare dell’immane investimento, ma hanno una brutta sorpresa quando si accorgono della verità: la struttura è completa solo in parte (il casinò, il teatro e il ristorante), delle star di Holliwood promesse da Benjamin per la pubblicità se ne presentano meno della metà, i rumori dei lavori in corso sono costanti, le camere di lusso che avrebbero dovuto ospitare i giocatori incalliti non sono pronte, L’IMPIANTO DI CONDIZIONAMENTO SALTA IN CONTINUAZIONE (problema abbastanza grave, nel deserto) e sostanzialmente l’inaugurazione si rivela essere un mezzo fiasco.

Siegel sa di essere un pochino nella cacchina e diventa sudatino, ma non per l’assenza dell’aria condizionata.

La grande riapertura di marzo va meglio e il Flamingo sembra finalmente ingranare, ma il destino del nostro protagonista è probabilmente già segnato.

La notte del 20 giugno 1947 Bugsy è nella sua villa di Beverly Hills a leggere il giornale, quando diversi colpi calibro .30 sparati da una carabina M1 sfondano la finestra e lo colpiscono alla testa, freddandolo.

Ad oggi il crimine è rimasto insoluto e non se ne conoscono le reali motivazioni, ma sono in molti a pensare che il disastro del Flamingo abbia fatto insospettire l’amministrazione del consiglio che crede che parte di quei sei milioni di dollari sia finita direttamente nelle sue tasche.

Nessuno sa davvero come andarono le cose, ma ancora oggi una teoria vuole che un vero e proprio tesoro sia stato seppellito da Bugsy stesso sin dal 1938 nella remota Cocos Island, in Costa Rica, meta di misteriosi viaggi trascorsi a scavare nel terreno e a far esplodere dinamite.


Benjamin ‘Bugsy’ Siegel, signori e signore, uno dei criminali più famosi dell’intera storia degli Stati Uniti, uno di quelli che ha avuto più fama e successo e di sicuro quello che ha lasciato dietro di sè la leggenda più piratesca.

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Hailè Selassié https://www.inutile-erudizione.it/haile-selassie/ https://www.inutile-erudizione.it/haile-selassie/#respond Tue, 14 May 2019 17:11:31 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2403 Se frequentate questo blog da qualche tempo dovrebbe ormai risultarvi chiaro quanto io e le religioni andiamo d’accordo. Ho speso fiumi di parole a riguardo (spesso in maniera molto poco lusinghiera) e normalmente non mi interesserebbe minimamente di offendere chi crede in Dio/Buddha/Allah/santoni ciechi che si dilettano col sarin/Flying Spaghetti Monster.

A questa lista oggi si andranno ad aggiungere i rastafariani, con cui ho delle passioni in comune OVVIAMENTE parlo di dreadlock e musica reggae, lo dico nel caso questo post venga letto da qualche appartenente alle forze dell’ordine- ma a cui non perdonerò mai il fatto di aver contribuito alla morte di un grande musicista come Bob Marley, avvenuta per un tumore a un dito del piede FACILMENTE CURABILE CON L’AMPUTAZIONE dello stesso ma che contrastava con il precetto religioso di arrivare alla morte con il corpo integro.

Voi mi avete tolto Bob, io parlo del vostro Dio-re. Mi pare equo.
E comunque “I shot the sheriff, but I did not shoot the deputy”.


Hailè nasce con il nome di Tafàri Maconnèn il 23 luglio 1892 nella cittadina etiope di Egersa Goro e a voler dar retta al suo albero genealogico è il DUECENTOVENTICINQUESIMO discendente diretto DELLA PIÙ ANTICA FAMIGLIA REALE DELL’INTERO PIANETA che ha origine nel 1011 AVANTI CRISTO dall’imperatore Menelik I, figlio nientemeno che del re d’Israele Salomone e della misteriosa Regina di Saba Makeda.

Una coppia salda, nonostante le facce schifate.


Per intenderci qui in Italia in quegli anni gli etruschi non sapevano ancora di essere etruschi ed erano appena entrati nella fase protovillanoviana, iniziando a dar fuoco ai loro morti prima di seppellirne le ceneri.

Il nostro protagonista è figlio del ‘ras’ (titolo onorifico etiope corrispondente a ‘capo’) Maconnèn Uoldemicaèl e cugino del ‘negus’ (‘re’) Menelik II. Viene così cresciuto tra la corte paterna e quella imperiale, ricevendo un’educazione mista che lo fa diventare presto un avido lettore poliglotta, cosa che gli è di soverchio aiuto quando viene insignito del titolo di governatore di Harar (una città che oggi ospita 75.000 abitanti) ad appena TREDICI ANNI -io alla sua età invece spaccavo il salvadanaio per potermi permettere un Tamagotchi-.

Papà Uoldemicaèl.

Menelik II.


Quando nel 1910 il re abbandona la scena politica a causa una brutta malattia polmonare che lo porterà in seguito alla morte, l’intera corte etiope si aspetta che il titolo passi al preparato Tafàri ma a sorpresa viene nominato alla reggenza del paese il ‘ligg’ (‘figlio’) Jasù V.

Nel 1916 viene ordito un colpo di stato dall’imperatrice Zauditù che fomenta i cristianissimi nobili facendo girare la voce (falsa) che Jasù si sia convertito all’Islam e abbia in mente la stessa sorte per tutto il paese. La rivolta porta a un veloce cambio di vertice e fa planare il nostro protagonista dritto sul trono fra l’entusiasmo di Francia, Italia e Regno Unito che mal digerivano il rapporto che si stava instaurando fra il precedente reggente e l’Austria.

Nel bel mezzo della Prima Guerra Mondiale ogni alleato di un nemico diventa instantaneamente il nemico.

E l’imperatrice lo sa bene.


Mentre nelle campagne i lealisti di Jasù si lanciano in una guerriglia che ha ben poche speranze di vittoria (benchè trascinata sino al 1924) Tafàri ha una visione molto più ampia del mondo e decide di puntare tutto su una modernizzazione del paese intesa a far coesistere le tradizioni secolari (principalmente per evitare di agitare la vecchia classe nobile) con alcune innovazioni amministrative e liberali.

Questo porta nel 1923 l’Etiopia a ottenere l’ingresso nella Società delle Nazioni, divenendone il primo paese membro del continente africano .

Il 2 novembre 1930 il nostro protagonista guadagna il titolo di imperatore e cambia il suo nome nel modestissimo ‘Hailè Selaissè’ (che significa ‘POTENZA DELLA TRINITÀ’) con cui viene principalmente ricordato dalle pagine della storia. Si ritrova così solo, al comando di un paese che sta tentando di prendere una via nuova e che pur dovendo fare i conti con un’endemica carenza di risorse, ricchezze e tecnologie sta provando a uscire dai vecchi feudalesimi che lo governano, formando una classe dirigente che per la prima volta nella sua storia millenaria tiene conto più del merito dell’individuo che della linea di sangue della famiglia di provenienza.

In politica estera Hailè ottiene importanti risultati (la Gran Bretagna ridimensiona le mire espansionistiche sulla regione del lago di Tana e si comincia a dialogare con la Francia per poter ottenere un indispensabile sbocco sul mare) e alcuni attriti che col tempi diventano sempre maggiori quando l’talia fascista si ritrova ad affannarsi (in netto ritardo rispetto ad altre nazioni) per dimostrare al mondo di essere in grado di fondare un proprio impero coloniale, più o meno sulla falsariga di quello che succede quando vedete qualcuno fuori da un bar fare una rissa per affermare la propria virilità.

“Sostengo con forza il fatto di avere il pene più grosso!”


A Roma non si fa davvero mistero che l’Etiopia sia un bersaglio perfetto per quest’espansione pazzerella e i continui tentativi di intromissione (dal sostenere le varie congiure messe in piedi da alcuni nobili scontenti fino al tentativo di liberare Jasù dal carcere in cui era imprigionato per rimetterlo a capo della guerriglia) hanno come unico risultato quello di mettere in allerta le spie etiopi che corrono a riportare all’imperatore la notizia della presenza di un imponente e prossimo piano d’invasione.

Hailè fa quello che tutti i governanti farebbero nella sua situazione: alza le tasse (provocando anche delle rivolte, subito sedate) e si lancia in una frettolosa corsa al riarmo arruolando consiglieri militari dall’estero (russi, belgi e svizzeri) affidandogli il compito di organizzare un esercito che possa tener testa alle armate fasciste.

Il nostro protagonista non è stupido.

È perfettamente consapevole di avere gravi carenze sotto tutti i fronti e troppo poco tempo per colmarle, quindi si adopera meglio che può anche con i canali diplomatici, mostrando una fiducia (forse troppo eccessiva) nei riguardi della Società delle Nazioni.

Poi arriva il 5 dicembre 1934.

Ual Ual è un complesso di 359 pozzi acquiferi fondamentali per chiunque si ritrovi di passaggio nei deserti dell’Ogaden, siano essi nomadi provenienti dalla Somalia italiana (istituita nel 1889), forze inglesi della Somalia britannica o etiopi, sulla carta I VERI POSSESSORI di una regione che ha la sfortuna di possedere dei confini definiti da nient’altro che sabbia. Gli accordi stipulati nel 1908 con l’Italia fanno CHIARAMENTE menzione al fatto che le forze della colonia del bel paese non si possono inoltrare per più di 180 miglia dalla costa.

Ual Ual ne dista trecento.

Immaginate la gioia degli etiopi quando si accorgono che dal 1925 le forze italiane (formate in gran parte da bande di irregolari mercenari ‘dubat’ assoldati dal governatore Cesare Maria de Vecchi) presidiano con sempre maggiore arroganza le linee di rifornimento d’acqua senza le quali l’attraversamento del deserto passa da ‘complesso’ a ‘mannaggia al Cristo però!’

De Vecchi e i suoi bei baffi.

Gli italianissimi dubat.


Nel ’34 la situazione tenuta sotto controllo a stento dalle truppe inglesi che svolgono il ruolo di pacieri ha un escalation quando il fortino di Ual Ual (settanta metri di terra battuta circondati da una trincea e da una palizzata di tronchi) viene circondato da circa 600 uomini etiopi che sotto il vigile e neutrale occhio brittanico del colonnello Clifford hanno il compito di “rimuovere l’impedimento a mano armata alla libera circolazione in Etiopia nella regione di Ual Ual”.

Il ‘fortino’.


-tifate pure per chi volete a questo punto ma ricordatevi che l’Italia ha oggettivamente CENTOVENTI MIGLIA DI TORTO MARCIO

Quando comunicano la notizia a Mussolini lui va in brodo di ricino, è il casus belli perfetto e non aspettava altro. Dal canto suo Hailè scatena questo bailamme costretto da un misto di pressioni interne e troppa fiducia nel peso diplomatico dell’alleato inglese.

I due dubat a capo del fortino, Alì Uelie e Salad Mahmud Hassan ricevono ordini tassativi via radio di non arrendersi per nessun motivo, nel frattempo il capitano del vicino presidio di Uarder, Roberto Cimmaruta (soprannominato dagli indigeni ‘Arda at’ che sta per ‘Occhi Chiari’) viene allertato di preparare l’intera sua colonna di fanteria per uno scontro.

Mentre al campo le trattative procedono male e a rilento si decide per un’italica azione di diplomazia BUFFA, quando una squadriglia di biplani da ricognizione sorvola radente il campo etiope sparacchiando qualche colpo.
Il momento è così concitato, gli aerei così rumorosi e i mitraglieri così scarsi che L’UNICA testimonianza a riguardo è quella del mitragliere stesso, Gerardo Zaccardo, PERCHÈ NESSUNO SI ACCORGE CHE HA SPARATO!

Da qui in poi un delirio: degli aerei che fanno brutto convincono Selaissè a RADDOPPIARE le proprie forze per fare più brutto (arrivando a 1200 uomini), quindi di rimando per fare ANCORA PIÙ BRUTTO i quattrocento dubat nel forte e la colonna di Cimmaruta vengono affiancati da due autoblindi coperti dall’alto dai continui sorvoli dei biplani IMAM Ro 1.

Top di gamma per il periodo.


La guerra. La guerra non cambia mai.
È solo un modo per fare sfoggio della propria invidia del pene tramite giocattoli sempre più grossi.

DOPO DIECI GIORNI DI MASCHILE E VIRILE STALLO qualcuno ammazza qualcun altro (le fonti sono abbastanza di parte e inattendibili riguardo a chi abbia sparato per primo, ma è poco importante) e una tempesta di proiettili e sangue spazza le sabbie del deserto, prima che la supremazia tecnologica italiana (in particolare gli autoblindi) non trasformino lo scontro in una ritirata e la ritirata in un macello.

Restano sul campo VENTUNO dubat da una parte e TRECENTO uomini dall’altra.
La propaganda fascista cavalca il momento inneggiando alla guerra mentre Selaissè si ritira per riorganizzarsi, confidando di ricevere l’appoggio degli inglesi e dell’intera Società delle Nazioni che (gli va riconosciuto) decide compatta (50 stati su 54) importanti sanzioni economiche nei nostri confronti, considerando che (lo ricordo per i più distratti) GLI ITALIANI HANNO SCONFINATO DI 120 MIGLIA CONTRAVVENENDO A UNA MAREA DI TRATTATI.

Qui da noi l’unica cosa che arriva è che siamo un sacco fighi e il popolo lobotomizzato plaude il solito Benito Impettito quando il 2 ottobre 1935 dichiara l’inizio della guerra etiope (di seguito trattata solo per sommi capi).

Dopo una spinta iniziale fortissima (dovuta principalmente alla tecnologia superiore messa in campo, al fatto che l’esercito era più preparato e SE NE SBATTEVA ALLA GRANDISSIMA DELLE CONVENZIONI SULLE ARMI CHIMICHE O DI EVITARE DANNI COLLATERALI ALLA POPOLAZIONE CIVILE) gli italiani gestiscono con poche perdite (in prevalenza mercenarie) l’offensiva nemica di Natale e arrivano a catturare ras Immirù, il miglior comandante di Selaissè, dopo avergli devastato un’armata di 3000 uomini grazie all’utilizzo della regia aviazione che può muoversi incontrastata nei cieli.

Come esportiamo bene la democrazia.


L’imperatore a questo punto abbandona una guerriglia che sta dando pochi risultati (è difficile ottenerli quando chi affronti se ne frega di sparare sulla popolazione) e fa una cosa che il Duce si è solo sognato di fare nella propria vita, raduna la propria guardia personale e muove IN PRIMA PERSONA quello che rimane del proprio esercito (31.000 uomini) incontro al nemici.

Il contatto avviene nella conca di Mai Ceu.

Qui le forze di Hailè, piagate da un continuo lancio di gas asfissianti dal cielo, si lanciano una coraggiosa offensiva contro le postazioni di alpini e ascari italiani che riescono però a respingerli (nonostante qualche difficoltà dettata dalla foga degli effettivi della Kebur Zabagnà, la Guardia Imperiale) infliggendo loro delle pesantissime perdite, che verranno ulteriormente rincarate quando la Regia Aviazione si getta al loro inseguimento per poter meglio dar sfoggio delle bombe all’iprite, meglio conosciuto come ‘gas mostarda’.

Per l’Etiopia è un colpo durissimo, circa 8.000 caduti in una sola battaglia sono uno di quegli avvenimenti in grado di far perdere un intero conflitto e sebbene il negus continui imperterrito a condurre le sue truppe in battaglia (il 15 febbraio diventa L’UNICO IMPERATORE DELLA STORIA DELL’UMANITÀ AD AVER ABBATTUTO UN AEREOPLANO CON LE SUE MANI) appare evidente come la superiorità degli armamenti valga più del coraggio e del sacricio di migliaia di uomini.

Poco prima dell’ingresso delle truppe italiane nella capitale Addis Abeba (e per il timore che la radessero al suolo per trovarlo) Hailè opta per un esilio volontario dirigendosi a Bath, nel sud dell’Inghilterra.

Il 12 maggio 1936 appare (visibilmente provato) sul palco dell’assemblea della Società delle Nazioni e tiene in qualità del suo ruolo di capo in esilio di una nazione conquistata un discorso che dovrebbe farci vergognare tutti, in quanto italiani.


«È mio dovere informare i governi riuniti a Ginevra, in quanto responsabili della vita di milioni di uomini, donne e bambini, del mortale pericolo che li minaccia descrivendo il destino che ha colpito l’Etiopia.

Il governo italiano non ha fatto la guerra soltanto contro i combattenti: esso ha attaccato soprattutto popolazioni molto lontane dal fronte, al fine di sterminarle e di terrorizzarle. Sugli aeroplani vennero installati degli irroratori, che potessero spargere su vasti territori una fine e mortale pioggia.
Stormi di nove, quindici, diciotto aeroplani si susseguivano in modo che la nebbia che usciva da essi formasse un lenzuolo continuo. Fu così che, dalla fine di gennaio del 1936, soldati, donne, bambini, armenti, fiumi, laghi e campi furono irrorati di questa mortale pioggia.

Al fine di sterminare sistematicamente tutte le creature viventi, per avere la completa sicurezza di avvelenare le acque e i pascoli, il Comando italiano fece passare i suoi aerei più e più volte. Questo fu il principale metodo di guerra.

A parte il Regno di Dio, non c’è sulla terra nazione che sia superiore alle altre.
Se un governo forte acquista consapevolezza che esso può distruggere impunemente un popolo debole, quest’ultimo ha il diritto in quel momento di appellarsi alla Lega delle Nazioni per ottenere il giudizio in piena libertà.

Dio e la storia ricorderanno il vostro giudizio

Il governo di Mussolini, non avendo nulla da controbattere a queste accuse FONDATE E COMPROVATE non potè fare altro che ritirare la propria delegazione paventando uno sdegno e una sicurezza che di lì a dieci anni avrebbe perso del tutto.

Di seguito solo alcuni freddi numeri per ricordare quanto bravi e buoni siamo stati durante la nostra dominazione:

275.000 CIVILI UCCISI in poco più di un anno di guerra.

75.000 PARTIGIANI (perchè quello sono) MASSACRATI negli anni successivi.

17.800 CIVILI vittime dei continui bombardamenti anche in tempo di ‘pace’.

30.000 VITTIME dopo il fallito attentato a quel fantastico governatore che fu Rodolfo Graziani, amichevolmente soprannominato il ‘macellaio del Fezzan’ -arriverò a parlarne anche qui-, molti di questi dovuti a una vera e propria caccia al clero copto.

24.000 PRIGIONIERI FUCILATI.

35.000 DECEDUTI DURANTE LA RECLUSIONE.

– circa 300.000 morti per fame e dissenteria dovute ai ‘danni collaterali’ della dominazione italiana.

Se non avete una calcolatrice sotto mano il conto ve lo faccio io: ESCLUDENDO LE MORTI IN COMBATTIMENTO SIAMO COSTATI ALL’ETIOPIA 756.800 MORTI.

Per farvi capire è più o meno come se domani piovesse un meteorite su Torino dissolvendo quasi tutti gli abitanti.

Il nostro protagonista riesce a tornare in patria solo il 20 gennaio 1941 e unendo le forze del gruppo ‘Arbegnuoc’ ‘patrioti’) riesce a organizzare un moto di resistenza armata che collabora con le forze inglesi per la caduta dell’Africa Orientale Italiana. Particolarmente importante per raccogliere le forze in quest’ottica è il ‘decreto di San Michele’ con cui Hailè concede l’amnistia a chiunque abbia collaborato con l’Italia e (cosa che trovo straordinaria) FA APPELLO ALLA CAVALLERIA DEL SUO POPOLO PERCHÈ TRATTI CON GENTILEZZA E RISPETTO I PRIGIONIERI ITALIANI.

Un gruppo di Arbegnuoc.


“Io vi raccomando di accogliere in maniera conveniente e di prendere in custodia tutti gli italiani che si arrenderanno, con o senza armi. Non rinfacciate loro le atrocità che hanno fatto subire al nostro popolo.
Mostrate loro che siete dei soldati che possiedono il senso dell’onore e un cuore umano. Vi raccomando particolarmente di rispettare la vita dei bambini, delle donne e del vecchi. Non saccheggiate i beni altrui anche se appartengono al nemico. Non incendiate le case.”

Gli etiopi combatterono a fianco delle forze inglesi varcando i confini dal Sudan e questa volta gli italiani si ritrovarono nella cacchina e in una situazione sostanzialmente opposta da quella vissuta durante l’invasione, con una fuga scomposta dietro l’altra.

Quando il 5 maggio 1941 l’imperatore ritorna trionfalmente nella capitale riappropriandosi del suo trono dopo cinque anni dal suo esilio emette un altro editto che fa intuire la profonda differenza da ominicchi come Graziani:

“Poiché oggi è un giorno di felicità per tutti noi, dal momento che abbiamo battuto il nemico, rallegriamoci dello spirito di Cristo. Non ripagate dunque il male col male. Prenderemo le armi al nemico e lo lasceremo andare a casa per la stessa via dalla quale è venuto.”

Nel dopoguerra Hailè torna a dedicarsi al progetto di ammodernamento del paese che aveva dovuto abbandonare forzatamente quindici anni prima, ma questa volta il suo tentativo di accomodare le varie anime della nazione si mischia con una ferrea volontà di accentrare nelle sue mani quanto più potere possibile e mano a mano che il conflitto si allontana inizia a farsi sempre più forte l’eco delle proteste interne.

In politica internazionale invece le cose vanno alla grande. Dopo essere riuscita a schivare il concreto rischio di diventare un protettorato britannico, l’Etiopia ottiene l’annessione dell’Eritrea (e conseguentemente di un FONDAMENTALE sbocco sul mare) raggiungendo nel 1952 la sua massima estensione territoriale e l’ingresso nelle Nazioni Unite in qualità di membro fondatore.

Quando nel 1953, in piena Guerra Fredda, ogni nazione del mondo deve dichiarare di quale superpotenza fosse la BFF (Best Friend Forevar) Selaissè ha pochi dubbi e si lancia fra le braccia degli USA, fornendogli una fondamentale base aereo-navale nel Mar Rosso e ricevendo in cambio un’aviazione e diverse unità navali praticamente a costo zero. Nonostante questo le doti diplomatiche dell’imperatore permettono all’Etiopia di non diventare uno dei tanti stati-fantoccio del pianeta e sebbene restino in vigore gli accordi militari con l’America si riescono a intrattenere importanti relazioni commerciali con l’URSS.

Voi chiamatelo doppiogiochismo se volete, in fondo è solo politica.

Verso gli ultimi anni della sua vita il nostro protagonista diventa (a ragione) molto sospettoso della sua stessa corte, sventa un’impressionante serie di tradimenti ma può poco quando nel 1974 un colpo di stato della giunta militare comunista, il cosidetto ‘Derg’ capeggiato a Menghitsu Hallé Mariàm, gli si rivolta contro, imprigionandolo nel palazzo imperiale.

Un uomo solo al comando è potente, ma anche facile da eliminare.


Viene assassinato CON UN CUSCINO il 27 agosto 1975 e per ordine di Mariàm e il suo corpo seppellito tre metri sotto il pavimento di un bagno del palazzo “per poter evitare che il suo fantasma esca dalla tomba per perseguitarci”.

Dopo il crollo del regime comunista le sue spoglie vengono ritrovate e tumulate nel 2000 all’interno della cattedrale della Santissima Trinità di Addis Abeba, ponendo definitivamente fine alla storia dell’ultimo imperatore etiope.

Postilla sull’introduzione a tema religioso di questo post: nel 1930 in Giamaica prende piede fra la popolazione nera un movimento politico religioso, il Rastafarianesimo. Esso segue le linee guida del cristianesimo ortodosso etiope e si incentra sulla venerazione della figura di Hailè come SECONDA REINCARNAZIONE DI GESÙ CRISTO RITORNATO SULLA TERRA PER LIBERARE IL MONDO (E LA POPOLAZIONE ELETTA DI COLORE) DAL TERRORE NAZIFASCISTA.

Va detto che questa seconda reincarnazione è morta soffocata da un cuscino, almeno la crocifissione era più d’effetto.

Ma vuoi mettere?
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