Domodossola – Sfoggiare Inutile Erudizione https://www.inutile-erudizione.it Una valida alternativa a YouPorn Mon, 19 Oct 2020 16:29:59 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 Mondi lontani, fin troppo vicini. https://www.inutile-erudizione.it/mondi-lontani-fin-troppo-vicini/ https://www.inutile-erudizione.it/mondi-lontani-fin-troppo-vicini/#respond Mon, 19 Oct 2020 16:29:59 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2870 È l’ormai lontanissimo 2001.

Ho appena iniziato le superiori dopo essermi lasciato tentare da un open day farlocco che prometteva l’istituzione all’interno di un ITIS di un nuovo indirizzo innovativo, chiamato ‘Liceo Scientifico-Tecnologico’ venduto ai genitori entusiasti come: “Un nuovo concetto di intendere la scuola in cui prestiamo particolare attenzione alle nuove tecnologie parallelamente allo sviluppo di alcune skill informatiche all’avanguardia.”


Nella fattispecie si rivelerà il liceo per chi non ce la faceva con il liceo normale, una mezz’ora scarsa alla settimana di esercizi di Excel fatti su carta e tanto, tanto, TANTO Pinball di Windows 98 e Tabboz Simulator, il tutto unito per motivazioni recondite al famigerato ‘Liceo della Neve’, un progetto che avrebbe dovuto riunire tutte le promesse agonistiche degli sport invernali dell’Ossola e permettergli di diplomarsi nonostante le assenze dovute a gare e allenamenti.

Era una fottuta bolgia infernale contornata da crisi ormonali, poca igiene personale e la professoressa d’inglese peggiore della storia dell’umanità che per cinque anni consecutivi aveva come massima aspirazione del programma quella di fare ripetere a memoria il verbo essere.

Però l’ITIS aveva una buona biblioteca, frequentata sostanzialmente da me e dalla signora pagata per gestirla.

Frequentata PARECCHIO da me, soprattutto dopo aver scoperto che mi venivano concessi un soverchio numero di permessi dalla classe nel momento in cui andavo a prendere o restituire un libro. Permessi che venivano sfruttati in parte per sviluppare la mia civiltà superiore su oGame da alcuni PC polverosi -se sapete di cosa sto parlando siete fra gli eletti della generazione dei browser game- e in parte per saccheggiare la cospicua raccolta di libri fantasy, fantascientifici e horror.


Sono gli anni in cui ho conosciuto Lovercraft, Poe, Asimov, Tolkien e Herbert.

Anni meravigliosi.

Anni in cui divoravo un libro dietro l’altro, provavo a scrivere delle storie scopiazzandoli ignobilmente, mi accorgevo dell’enorme differenza e capivo che fare lo scrittore e pubblicare un libro erano cose per me troppo distanti, perchè ci vuole talento e non basta improvvisarsi.

È l’ormai lontano 2014.

Sono finalmente sceso a patti con il fatto che non riuscirò mai a laurearmi perchè la mia inettitudine in tutto ciò che contiene della matematica supera di gran lunga il mio interesse per gli studi naturalistici.

Non vivo molto bene questa presa di coscienza, trascorro le giornate davanti a un monitor in ufficio e le nottate nei dungeon di World of Warcraft, quando non sono troppo ubriaco per farlo. A volte anche se sono troppo ubriaco per farlo.

Una cosa che continua ad accompagnarmi nella vita è la lettura. Anche se il dovermi comprare i libri e non più poterli prendere in prestito mi ha costretto a ripensare al budget che sfrutto per fumetti e videogiochi (il 75% abbondante delle mie spese).

È con questo background che continuo ciclicamente a varcare la soglia di Grossi, l’unica libreria (nell’anno di questa storia) di Domodossola e l’unica nell’arco di chilometri a sopravvivere sin dal 1936.


Gravito soprattutto fra la sezione della fantascienza e quella dei fumetti, comprando tutto ciò che riesce ad attirare minimamente la mia attenzione.

Il libro di cui parlo oggi mi salta all’occhio subito, nonostante una copertina scialba e un font che urla AUTOPUBBLICAZIONE! da un chilometro, spendo la cospicua somma di NOVE EURO e lo porto a casa.

Dopotutto il commesso mi ha detto che è stato scritto da un ossolano.

Un libro.
Di fantascienza.
Scritto da un ossolano.

Era quello che avrei voluto fare io nel 2001 ma che la mia insicurezza non mi aveva permesso di fare.

Doveva essere mio.

NON HO LA PIÙ PALLIDA IDEA DI CHE CAZZO HO APPENA FATTO!

Mondi Lontani ti fa capire sin dalle prime pagine il valore dell’intera opera.
Perchè Mondi Lontani è stampato una pagina sì e una pagina no.

PER TUTTO IL LIBRO. Una pagina sì e una no.


Dapprima non capisco bene il perchè.

Poi ho un’illuminazione: Mondi lontani voleva arrivare a un tot. numero di pagine e per questo invece di stampare fronte e retro ha deciso per questa soluzione, unita all’utilizzo di un carattere GIGANTESCO e a un altro escamotage che ha del geniale.

Il nome del protagonista.

Questo libro narra (sempre supponendo di riuscire a digerire punteggiatura casuale, tempi verbali a cazzo e periodi così lunghi da farvi dubitare della vostra sanità mentale) delle gesta di un investigatore del futuro che in una tristissima scopiazzatura di Blade Runner (o della sua versione cartacea: ‘Ma gli androidi sognano pecore elettriche?’) si ritrova a sparare con armi laser a dei dinosauri dopo aver viaggiato indietro nel tempo. Un investigatore dal nome sopraffino.

KANEPTAGORE.


Per un lungo periodo mi sono interrogato cosa si fosse fumato Corbo per scegliere proprio quel nome, senza dargli mai un nomignolo e ripetendo KANEPTAGORE ogni tre righe.

Poi ho notato che KANEPTAGORE scritto con quel font lì prende quasi mezza riga di testo ogni volta e che ripetendolo per l’80% del libro (stampato una pagina si e una no, lo ricordo) mi ha permesso di avere tra le mani un’opera composta in larga parte da KANEPTAGORE, il tutto per permettergli di poter andare al bar facendosi vanto di aver pubblicato un libro di un centinaio di pagine.

Nota di rilievo la descrizione dell’opera dell’autore, che si prende più spazio di quanto sia mai stato concesso a qualsiasi scrittore per piantare a fine libro il suo Curriculum Vitae di venditore di tappeti.

Qualche sera dopo averlo terminato sono completamente ubriaco di Jameson in casa di gente ricca e sostengo a gran voce che se questo qui è riuscito a stampare e vendere anche solo una copia a qualcuno -me in questo caso- ho il dovere morale di riuscire a farlo anche io prima o poi.

Già.

Prima o poi.

Mondi Lontani, Davide Corbo.
Stamperie G&G
Voto: 10.000 KANEPTAGORE

P.S: avevo delle remore a fare questa recensione unicamente per il fatto che si tratta sì di un libro scritto MOLTO male, ma che in fondo chiunque con una mazzetta di banconote da cento euro può stamparsi qualsiasi cosa e portarla in libreria in conto vendita.

Poi però ho scoperto che sui social l’autore di questo CV mascherato da opera di fantascienza si vanta di essere: “una acculturata persona di mondo”, fa sfoggio delle sue soverchie lauree internazionali e gestisce una rivendita di tappeti postando una dietro l’altra le peggio fake news, inneggiando alle peggio stronzate sovraniste e pare che abbia il dente avvelenato in particolare con l’Islam, IL CHE MI FA PENSARE CHE I SUOI TAPPETI PERSIANI ARRIVINO DA SEGRATE.


COMUNQUE STIAMO TUTTI TRANQUILLI COME KANEPTAGORE EH, PERCHÈ QUALCUNO QUI MI DEVE ANCORA NOVE EURO!

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Gurio Umino (Ubaldo) https://www.inutile-erudizione.it/gurio-umino-ubaldo/ https://www.inutile-erudizione.it/gurio-umino-ubaldo/#respond Sun, 04 Nov 2018 14:24:25 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2012 Alcuni di voi saranno straniti nel vedere che questa volta ho intenzione di trattare un personaggio che arriva da un’opera di fantasia -quindi TECNICAMENTE non realmente esistito- ma, come avreste ormai dovuto capire dal miscuglione di assassini, eroi, imbecilli, scienziati, e guerre contro gli emù che compongono questo blog, la bufferiaTM è una qualità cangiante che riesco a trovare in un sacco di ambiti diversi.
Quando la rilevo provo l’impulso di scriverne.
È così che nascono le Personalità Buffe.


Ho trentuno anni.
Me ne sento addosso almeno il doppio e per controbilanciare mi comporto sovente come se ne avessi la metà.
Anagraficamente però ho trentuno anni.
Ciò significa che per il sistema legislativo vigente posso discorrere in tutta tranquillità solamente dei reati da me commessi prima del 1998.
La mia pessima carriera da taccheggiatore, ad esempio…

1997: vengo mandato a comprare il pane nell’unico negozio di alimentari sito nella piccola frazioncina in cui si sono traferiti da poco i miei genitori.
Il pane è parecchio, i soldi (in lire) contati.
Io desidero comunque ardentemente una di quelle chimicissime caramelle fintofragola con minuscola figurina in regalo.

Ardentemente.

Non appena la cassiera viene distratta da una telefonata, arraffo con movimento fluido sia il sacchetto del pane che una manciata di dolci.
Saluto.
Esco.

Timoroso di essere scoperto non appena varcata la soglia di casa, decido di nascondere la refurtiva zuccherina in una vecchia grondaia, certo che nessuno abbia il coraggio di infilarci dentro il braccio per cercarla.
Un crimine perfetto.

Non avevo fatto però i conti con la mia coscienza ipertrofica sviluppata in anni di serie tv moralistiche.
Rubare è male.
Sei malvagio.
Verrai scoperto e punito.

Dieci minuti dopo, nella più totale disperazione, ritorno frignando alla ‘grondaia del tesoro’, recupero il bottino (ricoperto di insetti, ragnatele e schifo vario) e lo riporto COSÌ COM’È al negozio riponendolo sul bancone senza farmi vedere per poi fuggire in preda al panico.

Non rientrerò mai più volentieri lì dentro…

1996: il mondo da me conosciuto inizia e finisce praticamente tutto con il quartiere della Cappuccina in quel di Domodossola.

-Per chi vive in zona o ha già letto il post sulla Mereu avete più o meno già una mezza idea, per gli altri:
un rione popolare di periferia (di una città di per sè minuscola) nato durante gli anni degli afflussi migratori dal sud Italia con il neanche malcelato obiettivo di contenere le masse di ‘terroni’ in una sorta di ghetto, come mi veniva di sovente ricordato dagli autoctoni.-

Ai tempi (ma è abbastanza vero anche oggi) alla Cappuccina non c’era quasi nulla, come in ogni buona periferia che si rispetti.
Al suo limitare è presente però una COOP.

Perchè evidentemente anche i terroni comprano da mangiare.

Crescendo in questo brodo primordiale di subumanità era inevitabile ritrovarsi in mezzo alle cosiddette ‘prove di coraggio’ necessarie per venire accettati in uno dei vari gruppetti che si andavano a formare di fronte a quella grande barriera che è la preadoloscenza.
Avete presente i documentari del National Geographic sulla socialità all’interno dei branchi di macachi?
Ecco, lo stesso ma con meno (a volte più) escrementi lanciati con le mani.

Uno dei riti di passaggio per diventare un membro attivo della gang di bambini che imperversava nella famigerata via Aldo Moro (oltre all’aver ottenuto il titolo di ‘lanciatore di ghiande di terza classe’ dopo la terribile ‘guerra delle querce’ del giugno del ’94) era la ‘prova delle caramelle’ -dolci e illegalità sono un leitmotiv ricorrente in questa storia-:

Essenzialmente si prendeva d’assalto in massa la corsia dei dolciumi con l’obiettivo di portarsi via almeno due bonbon a testa.
ALMENO due.
Poi come al solito c’era chi esagerava.
La tecnica prevedeva un dentro/fuori di pochi secondi, protetti dallo stormo bambinesco, per poi fuggire a rotta di collo.
Una tattica senza dubbio efficace ma fin troppo rozza per essere usata da me che decido quindi di puntare tutto sulla mia comprovata nonchalance.
Avete mai visto un bambino di nove anni aggirarsi da solo per una corsia di un supermercato fischiettando?
Davo sicuramente nell’occhio…

A mia memoria nei mesi in cui questa idiozia aveva preso piede sono stato L’UNICO ad essere beccato da una cassiera fin troppo paziente che, dopo avermi fatto un meritatissimo alzaculo, mi ha lasciato andare con mezzo pacchetto di Fruit Joy che aveva in tasca.

1995: tutto ciò che il mio cervello ha assorbito in otto anni di vita passa subito in secondo piano quando (non ricordo più nemmeno come) mi ritrovo in casa di Cristina, una bambina poco più grande di me che abita al piano di superiore dell’alveare umano che ci ostiniamo a chiamare ‘case popolari’.
Cristina ha una qualità importantissima: POSSIEDE UN FOTTUTO COMMODORE 64 CON BUBBLE BOBBLE!


-Qui dovete considerare che per me era un’assoluta novità, non pensavo nemmeno che potesse esistere qualcosa del genere! Un videogame che non fosse infilato dentro ad un cabinato e che non funzionasse a suon 500 lire era pura follia rivoluzionaria!

“Vuoi provare a giocarci anche tu?”
Ah Cristina! Tu nemmeno lo sai ma è stato praticamente il corrispettivo del primo buco per un eroinomane.

Da lì ho ricordi molto confusi, sono solo certo che la famiglia di sta ragazzina ha dovuto buttarmi fuori con la forza ad un’ora abominevole, mentre io ero già pronto ad una occupazione coatta di un fortino di cuscini finchè quel cazzo di draghetto non fosse giunto alla fine di tutti i livelli.

Stranamente non mi hanno mai più fatto mettere piede in casa loro.

Questo non cambiava il fatto che dovevo tornarci ad ogni costo…anche se il prezzo da pagare consisteva nel sacrificare il mio maschio onore smettendo di guardare Holly & Benji e i Cavalieri dello Zodiaco per dedicarmi con tutto me stesso a Sailor Moon, con l’obiettivo ultimo di avere qualcosa di cui parlare con il gruppo delle ‘femmine’, entrare nelle loro conversazioni e farmi così finalmente prestare il Commodore.
Nella mia testa era un piano geniale.
Con una falla enorme: Sailor Moon era in programmazione già da diverso tempo e ai tempi non c’erano nè internet nè Wikipedia con cui recuperare le informazioni sulle puntate perse.

Però esiteva l’edicola…

‘IL COMPENDIO DI SAILOR MOON’, ottomila lire di un libricino minuscolo che prometteva di rivelarmi tutti i segreti che servivano per rimettermi in pari con la serie.
Un solo problema: non sarei mai riuscito a farmi dare quella somma di denaro, soprattutto per quel motivo.
Urgeva una soluzione.

Potere dell’illegalità! Vieni a me!

Rubarlo era UN modo per risolvere il problema, non il migliore ne convengo, ma quello immediatamente praticabile.

Il mio piano criminale si reggeva tutto sulla velocità e la precisione dei movimenti: non appena il proprietario della rivendita -due metri d’uomo che mi fanno molta paura anche oggi ogni volta che capito da lui a comprare le sigarette- si fosse distratto, io avrei tolto in un battito di ciglia il compendio dal suo espositore per poi farlo sparire all’interno del paio di pantaloni più grandi che ero riuscito a procurarmi.

Inutile dire che anche in questo caso le cose andarono storte.
Sono riuscito a fare più o meno una decina di metri all’esterno prima che una manona mi afferrasse per una spalla costringendomi a restituire il maltolto.
Le due ore successive sono state pura paranoia, in quanto temendo che il proprietario mi potesse seguire ho preso strade, stradine e sentieri nei prati nello squallido tentativo di seminare un inseguitore invisibile.

Una perfetta rappresentazione del mio stato d’animo del momento.

Perchè vi sto raccontando tutte queste storie di fallimenti criminali prepuberali? Perchè se fossi riuscito nel mio intento ALLORA, forse sarei riuscito ad avere accesso alle informazioni che mi servivano per scrivere questa storia, senza finire OGGI sui forum delle fan di Sailor Moon.
Voi non potete capire quanta cattiveria ho visto là sopra.
Non potete…

DA QUESTO PUNTO IN AVANTI POTREBBERO ESSERCI DEGLI SPOILER SE NON AVETE MAI VISTO NÈ LETTO L’OPERA DE ‘LA COMBATTENTE CHE VESTE ALLA MARINARA’!
Io lo dico anche se si tratta di qualcosa uscito originariamente nel 1991 perchè (anche se sembra incredibile) pare che ora anche i giovincelli nati dopo quella data sono in grado di leggere, presumo per colpa degli ormoni che mettono nelle Girelle.-


La storia della prima serie di Sailor Moon narra principalmente delle vicende di Usagi Tsukino (tradotta in Bunny nell’edizione italiana dato che il nome originale significa ‘Coniglio della luna’), del suo incontro con una gatta parlante di nome Luna, dei combattimenti contro gli educatissimi emissari del Dark Kingdom (‘Regno delle Tenebre’) che attaccano uno per volta prendendo il numerino come dal salumiere e della ricerca puntata dopo puntata della reincarnazione della principessa Serenity che governava millenni addietro l’antico regno della Luna -mi rendo conto che è tutto molto lunoso- in quanto unica custode del ricercatissimo ‘Cristallo d’Argento Illusorio’, una pietra in grado di risvegliare la regina dei cattivi e condannare alla sua tirannia sia la Terra che il suo satellite.

Una ricerca che sarebbe potuta durare pochissimo dato che Usagi è sostanzialmente IDENTICA a Serenity (e pure alla sua ‘forma di combattimento’, quindi quegli imbecilli del Dark Kingdom hanno evidenti problemi di vista per non capire che Usagi È Sailor Moon) e che quella stronza di una gatta lo sa benissimo fin dal primo momento.

Bunny.

 

Sailor Moon.

 

E la regina Serenity. Chi avrebbe mai potuto sospettarlo che ci fosse un legame?

Tutto questo è comunque solo un contorno per il vero ed unico protagonista della serie nonché il mio personaggio preferito indiscusso.
No.
No, macchè Milord (Tuxedo Kamen)!
Non scherziamo!


Quel bellimbusto della reincarnazione del principe della Terra Endymion era buono solo ad aspettare che OGNI VOLTA le guerriere Sailor fossero in difficoltà per arrivare tutto tirato a lanciar rose -inserire scontatissima battuta sugli ambulanti del Bangladesh-, distrarre per un picosecondo (comunque sufficiente) il nemico di turno e scomparire senza nemmeno scendere a dar due pizze.
Anzi in più di un’occasione complica la situazione facendosi rapire come un pollo.

Io parlo dell’incredibile Ubaldo!

IL SOLO E L’UNICO!

Gurio Umino (tradotto in modo osceno qui da noi) fa la sua comparsa sin dalla prima puntata venendo presentato come il secchione della classe di Usagi.
Serio e preparato ma contemporaneamente pedante e fastidioso (“Ho preso il massimo dei voti e non mi è nemmeno servito studiare!”) mostra sin da subito un’enorme infatuazione per la protagonista che, come direbbero nella capitale: NÙN SE LO CAGA PROPRIO PE ‘NIENTE, vedendolo solo come il famigerato ‘buon amico’ e al massimo come fonte d’informazioni data la sua cultura generale e la sua passione per il gossip.

Giá a questo punto non potevo che fare il tifo per lui, ma l’apoteosi vera e propria si ha quando Ubaldo smette di perdere tempo con Bunny e si prende bene per la sua migliore amica Nina (Naru nell’originale) che nel frattempo ha avuto UNA STORIA D’AMORE INTERSPECIE CON UNO DEI CAPI DEI CATTIVI TERMINATA CON LUI CHE DIVENTA BUONO MA VIENE DEATOMIZZATO FRA LE SUE BRACCIA NEL TENTATIVO DI DIFENDERLA!

Giusto i feels che ti aspetteresti in una serie per ragazzine.

Da qui in poi il buon Gurio si farà strada pian pianino nel cuore devastato di Nina arrivando in una puntata a travestirsi da Milord (diventando l’immenso ‘Ubaldo Milord’), facendo una figura terribile ma contemporaneamente salvando le guerriere Sailor (e conseguentemente TUTTO IL FOTTUTO PIANETA) e conquistando con il suo coraggio il cuore della sua amata che da lì inizierà a fare coppia fissa con lui.

Standing ovation di tutti i friendzonati del mondo!

Il personaggio di Ubaldo scompare dalla quinta stagione dell’anime (presumibilmente perchè si è trasferito in un’altra città) e lasciandomi dentro un vuoto incolmabile che nessun Milord del cazzo potrà mai riempire.

FUN FACT: Umino viene presentato come un ragazzo di bassa statura, con i capelli perennemente scompigliati e con un paio di enormi occhialoni col fondo di bottiglia, quindi in generale come un tipo bruttino.

Naoko Takeuchi, la creatrice di Sailor Moon (e moglie di Yoshihiro Togashi, un altro straordinario mangaka autore fra gli altri di ‘Yu Yu Hakusho’ e ‘Hunter x Hunter’) ha invece dichiarato in un’intervista che senza occhialoni Ubaldo è molto attraente, per la precisione E’ ESATTAMENTE COME LE GUERRIERE SAILOR SI IMMAGINANO CHE SIA MILORD SOTTO LA SUA MASCHERINA DA ZORRO DEI POVERI!

Altri punti per Ubaldo!

Cristina, io non so oggi a distanza di anni tu dove sia finita o se stai leggendo questo post ma nel caso non è che mi presteresti il Commodore? Oggi come oggi potrei parlarti di Sailor Moon per delle ore…

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Gabriella Mereu https://www.inutile-erudizione.it/gabriella-mereu/ https://www.inutile-erudizione.it/gabriella-mereu/#respond Sun, 22 Jul 2018 16:52:08 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=1806 Non sarà particolarmente semplice scrivere la storia di oggi.
Non lo è mai, intendiamoci, ma in questo caso oltre alla lotta perpetua contro l’insonnia che mi segue dappertutto come una fidata compagna di lucida follia, rischierò di sicuro delle denunce correlate da beghe legali se mai queste righe capiteranno in mano alle persone sbagliate (o giuste, a seconda dei punti di vista).

Come diceva Clark Gable: “Frankly, my dear, I don’t give a damn!”.
Trovo che alcune cose vadano dette per ciò che sono, senza girarci troppo intorno, anche perchè come diceva un’altra icona mondiale di mascolinità (Funari)


…per quel che mi riguarda in questa storia di stronzi ce ne sono parecchi.
-È mia abitudine quando scrivo su questo blog mettere dentro alla storia un po’ della mia bufferia. Stavolta non ne troverete…o meglio OVVIAMENTE ne troverete, ma mischiata ad un vortice di altri sentimenti.
Questo perchè alcune parti di quel che vi racconterò vanno a toccare dei nervi ancora particolarmente scoperti per me (e non solo per me), ma ci tengo a chiarire fin da subito che quanto leggerete da qui in avanti ha ricevuto l’approvazione dell’unica persona da cui mi sia mai importato di riceverla prima di scrivere qualcosa.
E non sto parlando della Mereu.-

Neoplasia: dal greco neòs (nuovo) e plàsis (formazione).
Tumore: dal latino tumor (rigonfiamento).
Il patologo australiano Rupert Allan Willis definisce questo stato come: “La formazione di una massa abnorme di tessuto che cresce in eccesso, in modo scoordinato rispetto ai tessuti normali e che persiste in questo stato dopo la cessazione degli stimoli che hanno indotto il processo”.
Io, ad oggi, la definisco con una serie inarticolata di improperi e bestemmie, ma credo di poter illustrare bene le motivazioni…

Fine dei ruggenti anni ’90: sono un bambino con ancora un sacco di possibilità di diventare un rispettabile membro della comunità, lustri prima che la vita mi schiacci in un guscio di cinismo, sigarette ed alcool a basso costo rendendomi il reietto schifato da tutti che sono oggi -non sembra, ma la considero una vittoria personale-.
I miei genitori sono riusciti dopo una decade di sacrifici, ansie e nervosismo a raggiungere il ragguardevole traguardo di ristrutturare una casetta e ci si sono trasferiti trascinandosi dietro una palla frignante (io), passando dalla piccola Domodossola alla minuscola Crevoladossola.

Considerando che c’è chi mi legge dallo Zambia -o più probabilmente è finito qui per caso cercando dei porno interrazziali europei su Google- mi tocca spiegare che i due comuni sono così attigui che avendo speso dei punti abilità in ‘sputare’ potete agevolmente varcarne i confini con la vostra saliva.
Più volte.
Ma per un undicenne cresciuto nel quartiere della ‘Cappuccina’ -immaginatevi una zona popolare creata ad hoc negli anni ’50 per accogliere nel profondo nord torme di immigrati provenienti dal profondo sud (prevalentemente dalla Calabria) in un periodo storico in cui i cartelli “Non si dà alloggio ai terroni!” erano comuni come quelli “Prima gli italiani!” di oggi e vi siete fatti un’idea- era come essere catapultati su Plutone.

Il grumo a destra è Domo, quello a sinistra Crevola. Il tutto ripreso dalla casa nel bosco in cui mi sono autoesiliato.

Mettiamola così: l’Ossola è fottutamente brava a farti sentire a disagio. Anche il semplice provenire da tre chilometri di distanza può essere un problema. Iniziare le scuole medie non conoscendo nessuno proveniendo da tre chilometri di distanza, avendo in più delle fattezze ben poco nordiche può diventare un GROSSO problema.
Intendiamoci, uscivo da anni di vita in un quartiere in cui il problema principale era che possedevo dei tratti non abbastanza del sud ed ero sopravvissuto ai rimasugli del grande boom dell’eroina di fine anni ’80, a comprovati pederasti, a egiziani maneschi e alle faide familiari che si trascinavano da decenni a colpi di: “Chiamo ammio cuggino che ti pesta uscendo la lama!”.

‘L’Otto’: Il parchetto direttamente sotto la mia camera di quegli anni da cui si poteva assistere allo spettacolo di persone che copulavano, tipi che si peravano, risse, accoltellamenti e una rongia che esondava ogni due per tre portandosi dietro pagine di hentai appiccicaticci.

Insomma: ad undici anni ero già arrivato alla grande verità che, a prescindere da dove nascano, le persone fanno cagare.

Due anni dopo la situazione non era migliorata un granchè ed anzi mi ritrovavo a dover far convivere ogni mia giornata scolastica con un tipico bulletto ossolano -che a distanza di anni verrà condannato per aver formato una combriccola con cui andava in giro a malmenare, violentare e rapinare le prostitute della zona LASCIANDO UN SORDOMUTO A FARE DA PALO (true story)- ed un suo cugino DECISAMENTE troppo grande per essere lì, dato che deteneva l’inusitato record personale di tre bocciature ALLE SCUOLE MEDIE DI CREVOLADOSSOLA!
Bastava saper respirare e deglutire correttamente per non perdere degli anni, non è che venisse richiesto molto di più.

Comunque…in questo ambiente frizzantino non è che ci fossero SOLO delle merde irrecuperabili, esisteva ADDIRITTURA una parvenza d’aggregazione in uno sfasciatissimo campetto di calcetto, anni prima che l’unico luogo consono per la socialità divenisse ‘il bar’ con tutto quello che ne può conseguire -non ultima, temo, una cirrosi galoppante-.
Ai tempi uscivo, pedalavo per venti minuti, schivavo sberle, precoci sigarette, seni troppo grossi per quell’età -che comunque non sono mai riuscito a toccare-, passavo ore a far chilometri rincorrendo un pallone sgonfio, pedalavo per altri venti minuti e rientravo a casa.

Questo campo mi deve ancora un polso.

Uno dei giocatori che avevano l’onore di venire scelti per primi nella formazione delle squadre di quelle interminabili partite DECISAMENTE NON ero io -sono sempre stato più bravo a schiantarmi a terra con il portatore di palla che a pensare al bel gioco-, ma un ragazzino di qualche anno più piccolo che (stranamente) mi stava simpatico e che chiamerò ‘Obe’.
Obe possedeva l’indubbio pregio di farsi voler bene grossomodo da tutti perché era in grado di voler bene grossomodo a tutti -una skill che io ho non credo di aver mai posseduto- e riusciva a rapportarsi con successo sia con le fasce alte della vita sociale di quella scuola, sia con i pariah come me.
Gli si poteva imputare forse un unico difetto: una fortissima fede calcistica per l’Inter.

Un giorno come tanti altri arrivo al campetto ed Obe manca all’appello, è parecchio strano perchè di solito è uno dei primi a presentarsi per fare ‘riscaldamento’ (una pratica che ai tempi veniva vissuta come un’inutile perdita di tempo ma che con gli anni si è rivelata fondamentale anche solo per pensare di scendere dal letto al mattino) ma “probabilmente recupererà con il doppio delle partite domani” penso nella mia testa da tredicenne generico.
Settimane dopo Obe si ripresenta al campo visibilmente emaciato, pallido da far spavento e con un cappellino della Pirelli che non riesce a coprire del tutto la pelata al di sotto, cosa che genera una sonora ilarità e prese per il culo da parte di bambinetti appena entrati nella fase preadolescenziale.
Io rido poco, perchè sebbene tredicenne ed idiota anni di serie tv mi hanno bene insegnato cosa può significare.
Lui ride meno, mentre spiega a tutti che da un generico controllo in ospedale è saltata fuori una strana massa al cervello.
Decisamente nessuno ride più quando qualche mese dopo ci dicono che è morto.

Da quel momento la mia testa inizia ad associare la parola ‘tumore’ ad una condanna senza via di scampo e decenni dopo credo di essere l’unica persona che presente in quel campetto scassato a ricordare dove è seppellito uno dei ragazzi che più di molti altri avrebbe meritato la possibilità di avere delle possibilità…una tomba semplice da trovare, dato che è quella con la foto di un giovane sorridente calato in una maglia dell’Inter troppo grande.


-Flashforward-

Luglio del 2014, Praga: vivo una vita perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, sostendandomi con un lavoro part time che mi fa stare a stretto contatto con qualcosa che amo (i videogiochi) e nel contempo acuisce il fastidio verso un qualcosa che odio (la gente).

A mantenermi ancorato sotto il livello di guardia: Studio Aperto gira un servizio su di te con una musichetta triste di sottofondo dopo che hai strappato a morsi la giugulare a qualcuno’ c’è una delle pochissime persone sulla faccia della Terra a cui tengo moltissimo che chiamerò ‘Ferfe’ e che a tutt’oggi fatico a comprendere come diamine faccia a stare con me, considerando quanto a volte io risulti insopportabile anche a me stesso.

Fra le miriadi di cose per cui dovrei ringraziarla -ma che poi il mio maschio orgoglio si tiene per sè- c’è l’avermi fatto scoprire il piacere di viaggiare, insieme a quello di prendere coscienza su quanto la cosa sia abbordabile col giusto piglio anche per delle tasche spiantate come le mie.
Praga è uno di questi viaggi.
Viaggio organizzato tutto da lei, mentre nel contempo viene sballottata come la pallina di un flipper durante un multiball per realizzare sogni coltivati da una vita e SOPRATTUTTO mentre deve gestire le turbe mentali di un disadattato sociale qual è il sottoscritto.
Ferfe è un tantinello stressata.
Quando comincia ad arrivare febbre a ripetizione, stanchezza cronica, prurito localizzato ed eritemi la prima cosa a cui pensiamo tutti è che Ferfe sia stressata.
Poi ad un’allergia.
Poi ad un’intolleranza.
Poi andiamo a Praga.

Mentre soggiorniamo in uno degli hotel più stellati in cui mi sia mai capitato di fare la cacca (e nel contempo scopriamo che in Repubblica Ceca le stelle degli hotel non possono davvero difenderti dai ragni giganti che ci vivono), decidiamo di passare una tipica serata romantica da coppia di turisti in vacanza:
Cena in un ristorante medioevale che fa pagare uno sproposito una trota al cartoccio cotta in un camino, tappa al primo bar ‘bear gay friendly-da cui il mio ego ne esce PARECCHIO rinvigorito- e poi lei che crolla addormentata non appena tocca il materasso mentre io estraggo il mio… Nintendo DS (maiali!) per chiudere in bellezza una serata composta per un buon 30% da dei cocktail offerti da un ceco di due metri (più tacco) vestito da donna.

Tutte le volte che racconto questa storia c’è qualcuno che mi accusa di inventarmi stronzate. E’ in quel momento che ringrazio di avere questa foto, sebbene sfocata.

Mentre il mattino dopo riprendo conoscenza e mi ritrovo ad accarezzarle la schiena, noto un piccolo bozzo sul suo collo, mentre glielo faccio notare lei teneramente mi manda a cagare per averla svegliata e si rimette allegramente a rotolarsi nel letto.
-Salto di qualche mese in avanti-

“Sono appena tornata dai controlli, hai presente quel rigonfiamento sul collo? Pare sia un linfoma…”

Leggo questo messaggio su WhatsApp dopo essermi svegliato da una serata particolarmente complicata e mi ci vuole almeno una decina di minuti a capacitarmi della cosa…
Poi a credere alla cosa…
Poi ad accettare la cosa…
Poi ad informarmi sulla cosa…
Poi ad incazzarmi per la cosa…
Poi ad andare completamente in panico per la cosa…
Poi a rendermi conto che questa cosa ha colpito la prima persona nella mia scala delle persone che non dovrebbero essere colpite da questa cosa…
Poi ad elaborare la cosa…
Poi a ripromettere a me stesso di non farle mai vedere quale abisso nero mi si è spalancato davanti, perchè non le serve un bambino spaventato a fianco durante questa cosa -credo di avere oggettivamente fallito e lei se n’è accorta tipo subito-
Poi ad essere atterrito dalla cosa…
Poi a sentirmi completamente inutile ed impotente per questa cosa…

Tutto questo a ripetizione, mischiandosi, dipanandosi e ritornando sempre più forte -e mentirei spudoratamente a dire che ogni tanto non lo fa ancora- per tutti i sei mesi di chemioterapia necessari a far ritornare la situazione sotto controllo.
Sei mesi in cui ho avuto la conferma di stare con una delle donne con le palle più quadrate che abbia mai conosciuto, in quanto ERA LEI che andava in giro ad chiedere a delle persone visibilmente preoccupate: “e tu come stai?”.
Sei mesi in cui ho avuto anche la conferma di stare con una fogna, in quanto a mia memoria non credo esista sulla faccia della Terra una persona sotto chemio che appena terminato un ciclo di cure ordina un panino: ‘melanzane e zucchine fritte’ SPOILER: non è finita benissimo-.

Vi sto raccontando questa pletora di cazzi miei (e non solo miei) essenzialmente per tre motivi specifici:

1- far desistere ogni fan della Mereu ad arrivare fin qui con la lettura (non credo nemmeno davvero che un fan della Mereu sappia leggere, figurarsi leggere così tanto, figurarsi leggere così tanto e capire cosa c’è scritto).

2- farvi capire che non sono del tutto estraneo a queste situazioni di merda -sebbene sia consapevole che nell’ultimo caso in esame le cose sono tutto sommato andate bene (per quanto male) ed esista al mondo parecchia gente che sta vivendo casini del genere ben peggiori. Anche se credo che la situazione diventi immediatamente ‘LA Peggiore’ quando colpisce qualcuno a cui teniamo-.

3- Descrivere lo stato mentale con cui sono venuto a conoscenza della protagonista di oggi.

Gabriella Mereu nasce a Quartu Sant’Elena, in provincia di Cagliari, il tre maggio 1954.
Ventinove anni dopo si laurea a Sassari in medicina e chirurgia e decide in seguito di spostarsi ad Urbino per conseguire un diploma in ‘medicina olistica’, da qui in poi è una veloce discesa verso gli abissi della follia.

L’olismo (oltre ad essere il superpotere più forte di Dirk Gently) è la concezione filosofica che si basa sul concetto per cui: “le proprietà di un sistema non possono essere ESCLUSIVAMENTE spiegate tramite la presa in esame delle singole componenti in quanto la sommatoria delle parti è sempre maggiore della singolarità che la compongono”.
“E grazie al cazzo!” dico io che con l’olismo non ho affatto un buon rapporto.

Tutta questa ritrosia mi deriva principalmente da una conversazione avuta al bar con un esponente moderno della tristissima deriva che hanno preso gli hippie, che saputo chissà come della condizione di Ferfe tentava di spiegarmi che avrei dovuto convincerla a farle interrompere le cure della medicina ufficiale e sostituirle con quelle olistiche perchè: “la sua malattia è chiaramente un grido di allarme dell’anima che mal si lega al suo corpo ed evidentemente il linfoma se l’è anche un po’ cercato!”.

Considerando il mio stato mentale del periodo trovo onestamente incredibile non essere finito nei paginoni centrali di cronaca nera con un ergastolo per ‘omicidio bizzarro’.

Intendiamoci: non sono contrario a priori a qualsiasi pratica di ‘medicina alternativa’.
Qualsiasi cosa faccia sentire meglio il malato -qualsiasi!- dall’agopuntura perianale, alla meditazione zen, alle orge di furry è bene accetta.
Sono contrario a priori alle pratiche di ‘medicina alternativa’ che richiedono di interrompere le cure ‘ufficiali’ evolutesi in centinaia d’anni di metodo scientifico perchè: “Plutone è nel giusto allineamento con Saturno e le energie eteriche di Mu possono rinvigorire il tuo spirito solo se smetti di assumere ciò che il tuo corpo non produce”.

Comunque, tornando alla nostra protagonista, la medicina olistica non è ancora abbastanza, le serve qualcosina in più.
Nel ’92 arriva un diploma in GRAFOLOGIA e subito dopo inizia a seguire corsi su corsi dello zenith maximo delle stronzate, la MEDICINA OMEOPATICA.

Come mi ha ben spiegato un amico medico -quindi pacato profumatamente dalle Big Pharma per dirlo-:
“Se vuoi fare un discorso sull’omeopatia, per me tutto parte dalla storia del numero di Avogadro per cui, semplicemente, il farmaco omeopatico non contiene neanche una molecola di sostanza E LA MOLECOLA È LA PIÙ PICCOLA PARTE DELLA MATERIA CHE PUÒ IN QUALCHE MODO AVERE UN EFFETTO CHIMICO-BIOLOGICO!
Stuoli di studi ed articoli scientifici sono arrivati tutti allo stesso risultato: l’omeopatia non ha un effetto maggiore all’effetto placebo che qualsiasi altra cosa può avere.
Se io iniziassi a curare qualcuno lanciandogli addosso dei Mikado spacciandoli per ‘cura miracolosa’ il risultato sarebbe ESATTAMENTE lo stesso di quello ottenuto con i ‘farmaci’ omeopatici.
Numero di Avogadro.
Stop.
Fisica.
Validato da millenni.

Gli egizi con l’ombra di un bastone avevano calcolato con l’approssimazione di qualche centinaio di metri la circonferenza terrestre, che cazzo ne vuol sapere un troglodita omeopatico dopo aver letto due articoli su internet o completamente fasulli o completamente campati per aria come credibilità?”

Ricapitolando: Gabriella Mereu è un chirurgo omeolistico che si diletta in grafologia, ma come unire tutto ciò?

“Sta storia del multiclassare è andata troppo oltre!”

È presto detto, la nostra protagonista elabora un metodo chiamato ‘terapia verbale’ che prevede un esame approfondito TRAMITE UN PENDOLINO per individuare il punto esatto in cui il corpo del paziente sta soffrendo, poi gli chiede di scrivere su un foglio i sintomi PER ANALIZZARE TRAMITE LA GRAFIA CIÒ CHE IL SUBCONSCIO TENTA DI DIRE AL MONDO TRAMITE LA MALATTIA ed una volta individuato il punto esatto -tenetevi forte- LO PRENDE A PAROLACCE PER FARLO REGREDIRE!
Perchè sfruttare macchinari costosi quando c’è un pendolino?
Esami del sangue? Meglio carta e penna!
Chemioterapia? Te lo curo a colpi di ‘stronzo!’ quel tumore…

Sarebbe già abbastanza folle fin qui ma a questa assurda situazione dovete poi aggiungere che Gabriella scredita la medicina ufficiale con i poveracci che riesce a convincere (perchè troppo stupidi o troppo disperati) con i suoi libri e le sue conferenze che si affidano totalmente al suo percorso di ‘cure’ fatto di ‘acqua e zucchero e vaffanculo’ che in più di un caso portano al naturale peggioramento del malato.

La cosa poteva terminare solo con il superpotere degli ‘insulti guaritori’ -fosse stato per me anche prima- ma a questo dovete aggiungere che la Mereu inizia a fare diagnosi via email, specificatamente senza avere alcun contatto con il malato e da esse scaturiscono malattie interessanti come ‘IL TIC NERVOSO DI UN BAMBINO CHE BALLA VENTIQUATTROMILA BACI DI CELENTANO chiaramente perché gli manca l’affetto materno’ (e l’acqua omeopatica a pagamento, ovviamente).

Legit

Il fondo del barile viene comunque raggiunto con il suo trial per la cura delle cistiti femminili (tenetevi forte):
La paziente (ma va bene lo stesso anche se lo fa un’amica della paziente) dovrà INFILARSI UNA MEDAGLIETTA DELLA MADONNA NELLA VAGINA E CORRERE AD ASCOLTARE MESSA.
..

Non sto scherzando, è la Mereu stessa ad esporre questa cagata durante una delle sue numerosissime serate organizzate in provincia di Vicenza.

Come purtroppo spesso accade in questo paese, solo quando arriva una troupe delle Iene -ai tempi preoccupatissimi di imbroccarne una dopo la vaccata di Stamina- l’opinione pubblica si infervora e si indigna.
Nel 2015 un servizio di Nadia Toffa presenta questa ‘dottoressa miracolosa’ e fra le miriadi di stronzate che sentiamo (fiori di Bach come cura di tutti i mali, calcoli renali derivanti dal maneggiare soldi perchè FAI I CALCOLI MATEMATICI o dall’avere i baffi, INSULTI CHE GUARISCONO I TETRAPLEGICI) viene fuori pure che non è vero che la Mereu dona i suoi ‘miracolosi poteri terapeutici’ aggratis, in quanto saltano fuori conti di riferimento in Svizzera che attestano questa squilibrata per quello che è: una truffatrice.

-è particolarmente difficile per me che odio quel programma ammetterlo ma brava Nadia Toffa e brave le Iene in questo caso, c’è poco da dire-

La linea di difesa della nostra protagonista è comunque straordinaria:
“La giornalista mi ha ipnotizzato!”.

Dopo la ribalta nazionale data alla cosa FINALMENTE anche l’ordine dei medici si interessa alla questione, iniziando un procedimento che si conclude il 25 luglio 2017 con la sua radiazione.

Sarebbe bello se ‘radiazione’ significasse letteralmente: ‘trasformarla in onde radio da sparare nello spazio’, ma purtroppo (come ci tiene a farci sapere direttamente lei) “tranquilli, non mollo e non vi mollo”.
Considerando che ANCORA ADESSO c’è gente che paga 50 euro a conferenza per assistere ai suoi deliri, la cosa suona molto come una minaccia.

Per sottolineare quanto la sua salute mentale ci abbia mollato già da parecchio tempo c’è un filmato di un minuto e trenta dove Gabriella apprende la notizia col suo solito aplomb mettendosi a ballare come una psicopatica e perdendo le scarpe per la stanza.
Proprio quello che ti aspetteresti da un luminare della medicina.

Dato che sono una persona qualunque e le mie parole valgono poco, questa volta per la chiusa uso le frasi di una persona che la medicina (intendo quella vera) l’ha studiata davvero:

“I vari personaggi santoni tipo Mereu o Vannoni per me o sono fuori di testa o in mala fede o tutti e due.
Perchè, sopratutto se sei medico o uomo di scienza sai che la scienza è rigorosa, non si può barare, e sopratutto non si scherza con la salute della gente.”

Ecco, vaffanculo Gabriella, magari è guaritore anche il mio.

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