Dipprasad Pun

Esiste un particolare tipo di Personalità Buffe a cui dovrete iniziare ad abituarvi anche qui sul blog, sto parlando di gente che riesce molto bene in quello che fa, e quello che fa è uccidere.
Non per sfizio, non per qualche rituale satanico o per avere un qualche tipo di orgasmo.
Soldati, guerrieri o combattenti eccezionali.
Gente che in caso di conflitto vorreste avere dalla vostra parte.
Oltremanica li chiamanoBadass’.

PARTE 1: LEGGENDA (abbiate pazienza con i nomi e non perdetevi)-

Dodicesimo secolo, India: Matsyendra, colui che sarà ricordato dalla storia come l’inventore dello Hatha Yoga -quando lo yoga non era composto da tappetini, MILF divoziate e dubbi santoni milionari- chiede al suo maestro Adinath (il primo dei 24 profeti del suo tempo ed una delle varie reincarnazioni nientepopodimenoche di Shiva, divinità centrale di tutto l’Induismo) l’onore di poter insegnare ad un allievo così spirituale da potergli essere superiore.
Gli dei hindù non sono modesti, Adinath risponde che l’unico metodo per incontrare qualcuno in grado di elevarsi maggiormente sia che Shiva stesso si reincarni nuovamente.

Matsyendra, nella sua tipica rappresentazione in sella a Magikarp.
Adinath, con il tipico sguardo -per nulla creepy- di uno che si è appena ricordato di aver lasciato il gas acceso.

Cogliendo la palla al balzo l’allievo porta al suo cospetto una giovane contadina di umili origini che prega il Dio fatto uomo di poter restare finalmente incinta.
Insospettabililmente Shiva non sfodera il suo enorme pene dorato, ma dona alla donna della vibhuti (cenere sacra) con la capacità di donarle fertilità.

La donna ha la stessa reazione che avreste voi se andando dal medico lamentando un dolore lui vi prescrivesse delle medicine omeopatiche e decide di gettare il dono del santo su di un mucchio di letame.
-tenetevi forte-
DODICI ANNI dopo qualcuno racconta a Matsyendra l’utilizzo della vibhuti in quella maniera indegna. Infuriato il santone VA A PRENDERE A CALCI la contadina dalla sua capanna al mucchio di letame e trova sotto di esso un ragazzo di dodici anni chiamato Goraksha, uno dei primi FIGLI DELLA MERDA della storia, che diventa immediatamente il suo allievo prediletto in quanto ultima incarnazione di Shiva.

Goraksha, con la tipica espressione di qualcuno CHE E’ STATO DIMENTICATO PER DODICI ANNI SOTTO UN MUCCHIO DI LETAME!

I due, nel corso degli anni hanno un sacco di avventure Buffe, tipo quando quel vecchio porco di Matsyendra si perde in un harem e il giovane redivivo Shiva si trasforma in una donna per andare a recuperarlo -non chiedetemi come, ma un idea me la sono fatta-.

Mi fermo qui perchè quello che mi interessa è darvi chiara l’immagine di un Dio reincarnato in un corpo di un ragazzo rimasto per dodici anni sepolto nella cacca.
Prima di ridere ricordatevi che nascere in una stalla scaldata dall’alito fetido di un bue e di un asino non è che sia un incipit di tanto migliore.
-PARTE DUE: IL POPOLO DELLA MERDA-

Il periodo dell’apprendistato è finito. Goraksha è diventato un guru a tutti gli effetti ed ha aggiunto una nota d’azione, in quanto la sua personale idea di illuminazione passa per pratiche ascetiche che seguono pedissequamente la via del guerriero.
Lo stuolo di discepoli al suo seguito decide di stabilirsi in parte nel Rajasthan (una delle regione nordoccidentali dell’India) e in parte fonda la ‘Casa di Gurkha’, corrispondente all’odierno Nepal.

Qui, per i meno ferrati in geografia.

‘Gurkha’ derivante dal sanscrito significa letteralmente protettore delle mucche’.

Abbiamo quindi un popolo di nepalesi devoto ad un santo guerriero nato dalla merda che li ha eretti a protettori di vacche.
Vi sembrano ridicoli? Un attimo.

-PARTE TRE: LA BRIGATA GURKHA-

Parlerò un’altra volta di quanto l’impero britannico abbia messo il naso dentro i tre quarti del mondo conosciuto divenendo uno dei principali protagonisti del periodo coloniale.
Uno dei colpi di genio in tal senso fu l’istituzione il 31 dicembre del 1600 della Compagnia Britannica delle Indie Orientali -il cui nome diversi secoli dopo venne stuprato creando una linea di bagnoschiuma- che nel periodo che interessa a noi estendeva il suo dominio accanto all’olandese VOC (Vereenigde Oostindische Compagnie) dopo aver saccheggiato ogni rotta mercantile dalla Compagnia Francese delle Indie Orientali -rubandole, con poca fantasia, anche il titolo- ed andando ad alimentare il sempiterno odio fra le due nazioni.

Nel 1812 gli inglesi spostano le loro mire espansionistiche in Nepal finendo per scontrarsi con il popolo Ghurka, in un conflitto passato alla storia come ‘guerra anglo-nepalese’.
Inizialmente i fidi guerrieri della corona britannica procedono senza troppe difficoltà in quel che sembra essere un territorio facile da sottomettere, poi hanno i primi scontri con i ‘protettori delle mucche’ e le cose prendono una piega strana.
I Ghurka erano abilissimi guerrieri, sopratutto eccellevano nel corpo a corpo data la tradizione marziale affinata in settecento anni che riguardava sia il loro corpo sia le loro menti, con un codice morale avvicinabile al bushido dei samurai giapponesi o alla cavalleria medioevale con in comune un punto focale: “meglio morire che vivere da codardi”.

“Well, shit!”

I britannici hanno modo di capire nei tre anni successivi che sarebbe stato decisamente meglio non sottovalutare questo strano popolo delle montagne. Conquistare la regione è certamente possibile date le forze militari in possesso del regno, ma dopo aver soppesato pro ed contro si decide di proporre un accordo che vede metà del territorio nepalese diventare un protettorato britannico e lascia il resto al popolo Ghurka, insieme alla loro indipendenza.

Fate assaporare un conflitto ad una genia di guerrieri che si allena senza sosta da quasi un millennio e state pur sicuri che ne vorranno ancora. I Ghurka entrano a far parte dell’esercito britannico dimostrando “attitudine al combattimento, disciplina e aggressività” in praticamente tutto il periodo che va dal 1815 fino ai giorni nostri.
Dopo l’indipendenza dell’India i quattro reggimenti Ghurka si fondono nel la compagnia dei Royal Ghurka Riflemen all’interno della British Army. Una delle migliori unità di fanteria DEL MONDO che possiede come da tradizione la particolarità di scendere in campo portandosi dietro almeno un kukri, un coltellaccio di 40 cm di lunghezza e largo 10 che rappresenta il loro coraggio e valore.

Coraggio, valore ed una FOTTUTA LAMA GIGANTE!

Ci tengono i Ghurka al loro kukri. Se mai doveste trovarvi davanti ad uno di loro che lo estrae dal fodero il mio consiglio è quello di CORRERE molto velocemente, considerando che dal momento in cui la lama vede la luce il loro codice di condotta impone che venga riposta solamente dopo averne bagnato l’acciaio col sangue dei loro nemici, pena versare il proprio.

-PARTE QUATTRO: BADASS OF THE DAY-
Nulla di quello che leggerete da qui in avanti è inventato, è più o meno la trascrizione del rapporto del ministero della difesa britannico per il rilascio della ‘Conspicous Gallantry Cross’ una delle medaglie più alte rilasciate dalla regina (circa una cinquantina dalla sua formazione nel 1993).

17 settembre 2010, Afghanistan, vicinanze del villaggio Babaji nella provincia di Helmand:
Il sergente Pun -proveniente da una famiglia Ghurka dalla tradizione militare molto forte- sta montando la guardia ad una stazione di rifornimento isolata, mentre il resto della squadra ha proseguito verso est per liberare la strada in vista delle elezioni parlamentari che si sarebbero tenute il giorno successivo.

La notte nel deserto Afghano è serena e tranquilla; Dipprasad si piazza sul tetto dell’unica costruzione di cemento con la sua mitragliatrice pesante e si prepara a passare una notte di quelle noiose.

Successivamente, nel silenzio generale, ode dei rumori provenire dal lato sud del fabbricato.
Inizialmente pensa ad un animale, ma quando sente distintamente delle voci soffocate si sporge dal parapetto e vede un gruppo di talebani intento a piazzare sulla cancellata un IED (un ordigno improvvisato, molto in voga tra i guerriglieri della regione).
Pun comunica via radio al comando di essere sotto attacco, richiede un rinforzo di artiglieria, poi fa l’unica cosa rimastagli da fare:
Tira una granata in mezzo al gruppo di nemici.

Il buio è squarciato da un esplosione seguita dalle urla di tre talebani che rimangono a terra, Pun non ha considerato quanti assalitori si trova di fronte, perchè gli altri TRENTA una volta preso coraggio e capito che hanno davanti un solo uomo cominciano ad assaltare la sua postazione con urla belluine, AK-47 e RPG.

“Hayaa ya shabab! ‘anah mjrd rjl!” (Daje regà, è uno solo!)

Per i successivi 20 minuti sarà un massacro, sorprendentemente a senso unico.
Pun scarica sugli assedianti QUATTROCENTO COLPI ED UNA VENTINA DI GRANATE, spostandosi continuamente da un lato all’altro del tetto prima di abbandonare la mitragliatrice, PORTANDOSI DIETRO IL TREPPIEDI con cui sfonda il cranio di un altro talebano.
Finito ciò (sempre in mezzo ai fischi di razzi e proiettili) decide di andare a piazzare una mina antiuomo nella cancellata ormai divelta, l’esplosivo fa il suo sporco lavoro facendo desistere altri nemici dal passare da lì.
Terminati proiettili, granate e simili gli resta una sola cosa da fare, sfodera i due kukri che porta con sè preparandosi alla morte –e qui son cazzi da cacare per i talebani rimasti-.
Coperto dal buio della notte e dopo aver messo in fuga il grosso dei nemici il sergente Pun NE INSEGUE A PIEDI tre, li blocca a poca distanza dal complesso e li porta in un corpo a corpo che vedrà quasi immediatamente cadere uno di loro a terra decapitato.
Gli altri due gli si gettano addosso convinti di poterlo sopraffare ma non hanno fatto i conti con i suoi coltellacci.

Quando il resto della squadra riesce a ritornare alla base dopo essere stato informato dal comando dell’attacco ed aver sentito in lontananza i suoni dell’artiglieria di rinforzo trova una quindicina di cadaveri all’esterno, cinque all’interno e Dipprasad coperto di sangue in un angolo con le lame grondanti sangue.

L’ufficiale medico gli si avvicina preoccupato ma lui con molta calma gli dice solo: “tutto ok, non è sangue mio”.

I Ghurka signore e signori, un popolo a cui personalmente non andrei a rompere i coglioni.

Luca Porrello

Vivo in un bosco. Soffro di insonnia. La combatto scrivendo (e bevendo). E' partito tutto così. Se vi è piaciuto quello che avete letto cercate Personalità Buffe anche su Facebook.

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