Seconda Guerra Mondiale – Sfoggiare Inutile Erudizione https://www.inutile-erudizione.it Una valida alternativa a YouPorn Thu, 16 Dec 2021 18:12:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 Lèo Major https://www.inutile-erudizione.it/leo-major/ https://www.inutile-erudizione.it/leo-major/#respond Thu, 16 Dec 2021 18:12:31 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2977
“Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.”
 

Uomo del mio tempo.

Lo scriveva Salvatore Quasimodo nel 1946, resta comunque tutt’ora -e ritengo lo sarà fino all’estinzione della razza umana- parecchio attuale.

Perchè iniziare con una poesia?

Per evitare di scrivere in modo uguale l’ennesima premessa già fatta per altre Personalità Buffe (Churchill, Pegahmagabow, Baracca, Luckner) in cui descrivo quanto negli anni la guerra ci abbia sempre accompagnato mantenendo la sua doppia componente di atroci sofferenze/sommo eroismo che tanto ha fatto (e fa) presa su stuoli di persone in tutto il globo.

Dopotutto veniamo tirati su con l’illusione che i buoni sparano ai cattivi per risolvere i problemi.
E’ poi naturale che la figura di uno bravo ad uccidere diventi sotto tanti aspetti eroica e degna di essere raccontata.

Anche se poi sempre di un essere umano che uccide un altro essere umano stiamo parlando.

‘Eroe’, ‘buono’, ‘cattivo’ sono tutti concetti relativi. Ho sempre preferito la definizione ‘badass’ (=cazzuto).

La trovo più adeguata per queste storie.

Il Canada è uno di quei paesi che ti vengono in mente sempre dopo quando pensi alla seconda guerra mondiale, scioccamente si collega che siano entrati in guerra seguendo a ruota i vicini Stati Uniti, invece si mossero appena una settimana dopo la Gran Bretagna, il 10 settembre 1939, schierandosi insieme agli Alleati a difesa di Hong Kong a oriente e seguendo tutti i raid e le invasioni varie sul suolo europeo.

Su undici milioni e mezzo di abitanti ne venne mobilitato circa un milione durante tutto il conflitto: 55.000 tornarono feriti e 45.000 non tornarono affatto.
 

Il Régiment de la Chaudière fa parte della Primary Reserve della seconda divisione dell’esercito canadese (il grosso delle sue truppe di terra per capirci).

La Chaudière ha uno stemma stupendo DUE MITRAGLIATRICI VIKERS INCROCIATE CON SOPRA UN CAZZO DI CASTORO SORMONTATO DA UN FIORDALISO CON AL DI SOTTO UN FOGLIO DI PERGAMENA RICAMATO DA FOGLIE D’ACERO RECITANTE IL MOTTO “ÆRE PERENNIUS” (=più duraturo del bronzo).

Non chiedetemelo, non ho idea di quanto avesse bevuto chi l’ha disegnato e soprattutto chi l’ha approvato, ma il nostro eroe di oggi arriva proprio da qui. Si è arruolato, addestrato ed è poi partito per la guerra venendo riallocato più volte prima di essere gettato insieme a molti altri in una grossa operazione militare avuta luogo nel giugno del 1944 -forse ne avete sentito parlare- il D-Day.

Sword Beach non viene in mente quasi mai quando si pensa allo sbarco in Normandia.

Non è così famosa come Omaha o Utah Beach, eppure per numero di morti ha ben poco da invidiargli.

Sword non era la più difesa (il primato spetta ad Omaha) ma era decisamente insidiosa ed essendo pesantemente minata e piena di ostacoli ci si avanzava molto lentamente. Il che è un problema quando hai alle spalle una torma di uomini che spinge per sbarcare, poichè si finisce inevitabilmente per congestionare le poche zone sicure rendendo poi schifosamente facile il lavoro di chi deve solo sparare nel grumo di corpi per beccare qualcosa.

Prima che la spiaggia venisse messa in sicurezza la germanica ventunesima divisione Panzer calò con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno in un contrattacco teso a fare a pezzi chiunque non urlasse “Sieg Heil!”.

Coraggiosamente la terza divisione britannica resistette con le unghie e con i denti, fino a che gli estimatori del bratwürst non si ritrovarono costretti ad arretrare.

La testa di ponte era stata creata, ma ci si era lasciati alle spalle le vite di almeno 1000 uomini -sto considerando solo gli attaccanti e solo una spiaggia-.

Un problema grosso per i nazisti (fra gli altri) è che quel giorno Léo Major era sopravvissuto.

Se ne sarebbero presto pentiti.

Appena qualche ora dopo lo sbarco il nostro è in missione solitaria di ricognizione (come centinaia di altri scout in quel momento) per preparare il terreno all’avanzata terrestre.

Individua un blindato tedesco per il trasporto truppe (un Hanomag) su una delle strade secondarie che ha appena finito di radunare una squadra di soldati in ritirata.

Potrebbe lasciarlo sfilare via e tornare a comunicarne la posizione, ma è appena sopravvissuto ad una delle più grandi mattanze della storia ed ha una tonnellata di adrenalina ancora in circolo.

Quando il blindato gli passa a fianco lui è acquattato in un fosso.

i tedeschi non lo notano e sentono solo qualcosa che rimbalza sul pavimento di metallo, pochi secondi dopo c’è un esplosione e l’hanomag si va ad affossare in un campo.

Major gli è subito addosso, uccide uno dei sopravvissuti, cattura il caposquadra e dando uno sguardo all’interno esclama “Jackpot!” quando si accorge che il mezzo stava trasportando attrezzature radio e codici di comunicazione.

Giorni dopo è ancora di ricognizione nei pressi di un boschetto, quando nota una pattuglia nemica di quattro uomini avvicinarsi alla sua posizione.

Da buon cecchino si nasconde sotto un cespuglio e da qui attende che escano allo scoperto. Quando accade è ben pronto: stende i primi due prima che possano capire chi stia sparando a cosa, fa un profondo respiro e ripete meccanicamente.

Dopo qualche minuto si alza e decide si avvicina per perquisirli anche perchè non aveva ancora incontrato direttamente dei soldati con delle uniformi come quelle…non era da tutti uccidere quattro SS in una botta sola.

Arrivato vicino ai corpi ha però una sorpresaccia: uno di loro si riprende quel tanto che basta per sganciare la spoletta di una granata al fosforo.
Esplosione.
Buio.

Léo si risveglia in un ospedale militare dove è stato portato da una pattuglia inglese attirata dal fumo.

Ha perso un occhio, ma non la voglia di combattere.

Quando i suoi superiori provano a cambiargli mansioni per le ferite lui se ne esce con: “mi basta un occhio per trovare nazisti e sparare con il fucile…poi così somiglio ad un pirata!”, tutti concordano e lui può tornare in prima linea.

Olanda, siamo nel bel mezzo della ‘battaglia della Schelda’, una serie di operazioni militari condotte dall’esercito canadese per la riconquista di Belgio e Paesi Bassi.

Ormai dovreste averlo capito, a Major piace lavorare da solo quando è in ricognizione.

È ormai buio quando individua su un terrapieno due soldati tedeschi di picchetto, si ripete nella testa “ho il culo bagnato e gelato per colpa di voi crucchi, qualcuno dovrà pagare per questo!” per cui decide di avvicinarsi di soppiato e attendere.

Quando i due si separano Léo salta fuori dalle ombre e catturato il primo puntandogli il coltello alla gola e gli intima di chiamare l’altro. Ci devono essere stati incomprensioni nella traduzione canadese-tedesco, poichè il soldato arriva di rinforzo ad armi spianate.

Un attimo dopo è a terra con il coltello piantato in fronte.

Il nostro canadese guarda col suo unico occhio buono fisso il primo prigioniero e si limita ad aggiungere: “se lo fai di nuovo sei morto. Ora portami dal tuo capitano”.

Mettetevi nei panni di sto poveraccio.

Sì, lo ha portato dal suo capitano.

Ne scaturisce un conflitto a fuoco che lascia a terra tre tedeschi e vede l’intera guarnigione arrendersi quando il loro comandante arriva fra le calda braccia di Major.

In un villaggio vicino sono di stanza delle SS che vengono avvertite da uno dei soldati semplici mandati a chiamare rinforzi che: “l’intera guarnigione è stata catturata da un solo soldato spuntato dal nulla! Ha ucciso sette uomini e ne ha feriti almeno il doppio! Ora sta scortando tutti dietro le linee nemiche, dobbiamo aiutarli!”

Le SS sulle prime pensano sia una streich (=burla), ma l’altro è così pallido da fugare ogni dubbio.
Radunano baracca e burattini e partono all’inseguimento.

Il nostro orbo preferito intanto è stato raggiunto sulla strada da una squadra di carristi alleata, la fa posizionare lungo il terrapieno con visuale sul villaggio e quando arrivano le SS di rinforzo fa aprire il fuoco.

Qualche ora dopo sta marciando verso il campo con NOVANTATRE prigionieri.

Per questa azione viene scelto per ricevere la Distinguished Conduct Medal, ma quando scopre che ad appuntargliela sarebbe stato il generale Montgomery in persona rifiuta seccamente l’onorificienza commentando:

“È un cazzo di incompetente! Non sarebbe nella posizione di dare medaglie nemmeno al mio cane!”

Febbraio 1945: la guerra procede con tutto il carico di morte che un conflitto mondiale può portarsi dietro.

Léo questa volta non è solo, sta aiutando un cappellano a caricare su un trasporto Bren i corpi di una squadra che ha avuto la peggio scontrandosi con un Tiger.


Finito il lavoro risale sul mezzo per tornare alla base.
Il cappellano è davanti col pilota, Major siede nel cassone coi morti, tutto tranquillo.

Finchè non passano sopra ad una mina anticarro.
Esplosione.

Buio.

Lo avete capito ormai, il nostro è un soldato cazzuto. Si risveglia con intorno due ufficiali medici che cercano di stabilizzare le sue condizioni, lui chiede solo come stia il cappellano ma il loro silenzio è più eloquente delle fiamme che si alzano dall’ammasso di lamiere alle loro spalle, tocca pensare ai vivi.

Lo caricano su una jeep per portarlo all’ospedale da campo più vicino (distante 50 km) facendo una pausa ogni quarto d’ora per iniettargli litri di morfina.

Arrivati al sicuro il dottore da campo lo informa che per lui la guerra è finita: ha la schiena rotta in tre punti, quattro costole sbriciolate ed entrambe le caviglie più adatte a far polenta che a correre.

“Doc, l’ho già sentita una volta la frase ‘non puoi più combattere’, sarà finita solo quando lo deciderò io!

Dopo qualche settimana Léo si organizza con altri commilitoni per farsi dare un passaggio fino a Nijmegen, una cittadina olandese in cui aveva conosciuto precedentemente una famiglia. In accordo con loro passa un mese nascosto in casa a riprendersi dopodichè torna a rapporto dopo un periodo di tempo che ad una persona normale basterebbe a malapena per smettere di pisciare in una padella.

I suoi superiori hanno sulla scrivania un fascicolo a suo nome che lo accusa di AWOA (Absent WithOut Autority), la stracciano, felici del suo ritorno.

Agli inizi di aprile il reggimento de la Chaudiére si sta avvicinando alla città di Zwolle, pesantemente difesa.

Il comandante chiede due volontari per una ricognizione atta ad individuare bersagli sensibili prima di dare fuoco alle polveri dell’artiglieria. Si fanno avanti Major ed il suo migliore amico, il caporale Willie Arseneault.


Mentre si stanno avvicinando alle prime case i due discutono di quanto sarebbe un peccato raderla al suolo con tutti gli abitanti dentro: “dai, secondo me è fattibile catturarla da soli se entriamo in contatto con la resistenza”.

Intorno alla mezzanotte il piano subisce uno scossone quando Arseneault rimane ucciso in un imboscata.

 

Il nostro orbo va in berserk, uccide due nemici (di cui uno a pugni) mentre il resto della pattuglia tedesca si ritira velocemente.

“Tutti…vi ammazzo tutti…”

Non sarei voluto essere un tedesco a Zwolle quella notte.

Léo si sposta sulla strada che collega il suo obiettivo da Sassenport e attende che passi una delle tante macchine-staffetta. Trascina uno dei cadaveri dei soldati che si è portato dietro in mezzo alla strada e quando la macchina si ferma a controllare salta fuori dal terrapieno e mette le mani addosso al guidatore.

“Ascoltami bene perchè sono PARECCHIO nervoso: se fai qualcosa di strano sei morto, se provi a scappare sei morto, se anche solo mi guardi storto sei morto. Ora tu mi porti fino a dove vanno a bere gli ufficiali. Se non lo fai sei FOTTUTAMENTE morto.”

Le doti diplomatiche erano una sua grande virtù.

Ora lo so che vi state immaginando più o meno la scena del bar di ‘bastardi senza gloria’

… ma in realtà arrivato fino al tavolo degli ufficiali, si siede, ordina tranquillamente da bere e poi, semplicemente, bluffa: “Non so come sia la situazione qui in città, ma siete completamente circondati mon frère. Alle 06:00 l’artiglieria canadese aprirà il fuoco e farà piovere di tutto uccidendo gran parte di voi e, questo vorrei evitarlo, parecchi civili. Vi sto dando la possibilità di fare una cosa onorevole e scegliere tra il ritirarvi, arrendervi o il morire tutti.”

Major finisce il suo drink, RESTITUISCE LA PISTOLA al portaordini preso in ostaggio e si avvia semplicemente verso la porta, aspettandosi che qualcuno gli spari alle spalle.

Non succede.

Per il resto della notte corre da una parte all’altra della città sparando raffiche col suo mitra e lanciando granate per fare più casino possibile così che i crucchi credano di essere sotto un soverchiante attacco.

Ogni volta che viene attaccato da piccoli gruppi di soldati (dagli otto ai dieci), il numero dei prigionieri che cattura e scorta alle linee canadesi aumenta.

Quando comincia ad essere stanchino trova riparo in casa di alcuni civili.

Per dieci volte ripete la procedura.

Poi individua il quartier generale della Gestapo e gli sale il sangue al cervello.

Senza pensare più a niente irrompe, dentro ci sono otto ufficiali, in un attimo quattro giacciono a terra morti e gli altri sono scappati dal retro.

Léo da fuoco a tutto.

Alle 4:30 il nostro esausto soldato vede delle colonne di automezzi uscire dalla città, il suo piano ha inaspettatamente funzionato: HA LIBERATO UNA CITTÀ COMPLETAMENTE DA SOLO, stappa la fiaschetta di whiskey che si porta dietro e ne butta giù un sorso “per te Arseneault”.

Quando torna al campo base della Chaudiére, tutti (e intendo TUTTI) si mettono sull’attenti.

Il suo superiore lo informa che stavolta riceverà la Distingued Conduct Medal indipendentemente da cosa pensa di chi gliela appunterà al petto.

La seconda guerra mondiale vede la fine.


 Le guerre, come dicevo all’inizio, sono però ben lontane dal farlo e quando c’è un conflitto dei soldati come Major non vengono lasciati a casa.

Durante la Guerra di Corea -che è il motivo per cui oggi dobbiamo avere a che fare con quella faccia da raviolo di Kim Jong-Un- il nostro orbo preferito è insieme alla terza divisione di fanteria statunitense a cui è stato affidato il controllo di una collina importante, ma così importante da non avere un nome ma solo un numero, la collina 355.

Gli americani sono 10.000 e sono americani, quindi sicuri di essere invincibili.

Cosa da rivalutare quando dall’altra parte arriva la 64esima armata cinese che conta 40.000 uomini ed attacca tutta insieme.

In due giorni di battaglia le difese cedono e la collina viene abbandonata al nemico, esponendo il fianco di un altra collina fondamentale, la 227, persa la quale si metteva malissimo per gli yankee.

Dopo diversi tentativi falliti per riconquistare la 355, difesa ora dalla 190esima e 191esima divisione cinese, il comandante in capo al secondo reggimento inglese decide di inviare una piccola squadra di 18 uomini alle spalle dei cinesi per alleviare la pressione sulla forza principale.

Quando deve decidere chi metterci a capo non ha dubbi: Léo Major, il liberatore di Zwolle.


La squadra formata da scout e cecchini d’elite si arrampica su per la collina silenziosamente durante la notte e una volta posizionata IN MEZZO alle linee nemiche comincia a scompaginarne le fila sparando a tutto quello che ha gli occhi a mandorla. Quando il panico è ormai a livelli ragguardevoli e sono più i cinesi che si sparano da soli non capendo più chi spara a cosa, Major ed il suo team salgono sulla 355 e segnalano al resto degli americani di iniziare l’assalto.

La collina chiave è ripresa e anche se nell’arco di tre giorni all’incirca 14.000 nemici proveranno a recuperarla questa volta le difese tengono.

Per questa azione Léo verrà insignito per la seconda volta della Distinguished Conduct Medal e diventerà uno dei tre soldati in tutto il Commonwealth ad averne ricevute due in due guerre distinte.
 
Sopravvissuto a due conflitti ragguardevoli, orbo, con nel suo palmarès un esorbitante conteggio di uccisioni e catture confermate decise infine che è arrivato per lui il momento di ritirarsi.
Vive il resto della sua vita a Longueuil, in Québec, sposando una donna di una trentina d’anni più giovane e muore nel 2008, alla veneranda età di 87 anni.
 
Sono quasi certo che anche passati gli ottanta era meglio non farlo incazzare troppo.

Un pacatissimo Major durante le celebrazioni per la liberazione di Zwolle, nel 1995.
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Jasper Maskelyne https://www.inutile-erudizione.it/jasper-maskelyne/ https://www.inutile-erudizione.it/jasper-maskelyne/#respond Fri, 24 May 2019 17:33:47 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2439 La seconda guerra mondiale è a tutti gli effetti uno dei conflitti maggiormente documentati di tutta la storia della razza umana. Lo sviluppo delle tecniche di ripresa fotocinematografica, le testimonianze dei sopravvissuti, l’immane dispendio di risorse e vite umane, il mostruoso balzo in avanti tecnologico, la relativa vicinanza temporale, sono tutti elementi che hanno aiutato importanti studiosi e semplici curiosi -come il sottoscritto- nell’esaminare e approfondire le varie fasi degli scontri.
Credete di conoscere praticamente tutto a riguardo e che nulla possa più sorprendervi?
Dopo la storia di oggi forse riconsiderete le cose…

Il Secret Intelligence Service, meglio conosciuto come MI6, è l’agenzia di spionaggio estero della Gran Bretagna fin dal 1909, anno della sua fondazione.Il SIS è senza dubbio uno dei gruppi di questo tipo più potenti al mondo, di sicuro uno dei più rinomati e di certo quello con più stile.

Il modestissimo quartier generale, completato nel 1994.

Non è un caso se nell’immaginario collettivo la prima immagine che viene in mente parlando di agenti segreti è Sean Connery in abito da sera che salva il mondo con una mano mentre con l’altra regge un Vesper Martini agitato e non shakerato. James Bond é stato creato da Ian Fleming mischiando pezzetti di diversi commandos realmente conosciuti dallo scrittore quando serviva per la Naval Intelligence Division britannica e gran parte di questi assaltatori erano me mbri attivi dell’MI9, la costola più action dell’MI6, attiva fra 1939 e il 1945.

Finzione.

 

Realtà.

Non tutte le spie indossano uno smoking -Mata Hari, di cui arriverò a scrivere, ad esempio dava il suo meglio quando non indossava NULLA- ma alcuni lo fanno, come il nostro protagonista di oggi.

Jasper è un cosidetto ‘figlio d’arte’.
Il nonno, John Nevil, era un famoso ‘mago da palcoscenico’, un illusionista affermato, un rinomato inventore (con all’attivo l’ideazione del primo CESSO A PAGAMENTO dell’umanità) e un discreto scrittore, dato che il suo libro ‘Sharps and Flats: a complete revelation of the secrets of cheating at games of chance and skill’ è conosciuto ancora oggi come una lettura obbligata per ogni novello baro che si rispetti.

b
Nel 1914, a tre anni dalla sua morte, fonda ‘Il Comitato Occulto’ -un ottimo nome per una congregazione di supernemici del Dr. Strange-, che altro non è se non “un consesso di gentiluomini con l’obiettivo comune di investigare sulle cosidette ‘forze soprannaturali’ per poter così smascherare eventuali frodi”.
Settantacinque anni prima della fondazione del CICAP qui in Italia, per dire.

‘Nonno Jhon’ ha realizzato parecchie magie durante la sua lunga vita, una delle più riuscite è stata il contribuire alla nascita del suo primogenito Nevil -c’era poca fantasia con i nomi in quegli anni-. Anche lui come il padre si dedica al palcoscenico e alla scrittura di una sequela di libri che trattano di magia e illusionismo ma il suo campo principale sono le invenzioni e la meccanica.
Prima di rilevare il controllo della Maskelyne Ltd. (l’azienda di famiglia che si occupava, fra gli altri, di marchingegni fantasmagorici quali: ‘l’ascensore’) si afferma come manager della Anglo-American Telegraph Company che in quel periodo cercava qualcuno da contrapporre a quel pidocchioso italiano di Guglielmo Marconi e alla sua invenzione senza futuro: la radio.
Nel 1903 diventa a tutti gli effetti il primo hacker della storia dell’umanità, riuscendo ad infilarsi nelle frequenze utilizzate dallo scienziato italiano durante una delle dimostrazioni sulla “innegabile sicurezza delle comunicazioni private radiofoniche” e trasmettendo un suo comunicato, il corrispettivo tecnico di un grosso pernacchione.

Marconi mentre riceve un curioso messaggio: “Marcò sai chi ti saluta un casino?”

‘Papà Nevil’ lascia questo mondo nel 1924 trasferendo il controllo dei fondi e dell’azienda di famiglia al suo figlio prediletto, Jasper.

Estate del 1940: Rodolfo Graziani -arriverò anche alla sua storia, tranquilli- si mette sull’attenti e obbedendo agli ordini di Mussolini succede a Italo Balbo (ABBATTUTO PER ERRORE DALLA SUA STESSA CONTRAEREA) al ruolo governatore della Libia, conquistata a suon di bombe all’iprite, campi di concentramento e massacri civili nel 1934 così come avvenne per l’Eritrea.

Graziani, con la sua tipica faccia amichevole.

 

Balbo, che guarda preoccupato la contraerea italiana.

Il piano del Duce è semplice: col passare degli anni ha inviato nella nuova colonia quattordici divisioni per un totale di 236.000 uomini, 1.427 cannoni, 8.039 automezzi, 339 carri armati leggeri(ssimi) CV33 e 250 aerei di nuovissima generazione. Graziani dovrà varcare i confini con l’Egitto e conquistare tutta la regione (difesa da appena 36.000 soldati nemici) prendendo così il controllo del fondamentale canale di Suez.

I carri armati veloci CV33 vengono soprannominati amichevolmente dalle truppe ‘CASSE DA MORTO’ o ‘BARE D’ACCIAIO’ per motivazioni abbastanza semplici da capire.

Rodolfo, assurto agli onori delle cronache con il soprannome di ‘Macellaio del Fezzan’, comprende subito che quanto comunicato da Balbo nei mesi precedenti alla sua morte era pura verità: pur con uno svantaggio numerico enorme gli inglesi capitanati dal generale Archibald Wavell sono meglio addestrati, meglio equipaggiati e, cosa più importante, forniti di mezzi corazzati (i micidiali tank Matilda e Cruiser) veloci, adatti alla guerra nel deserto e tecnologicamente anni luce dai ridicoli carri armati a manovella della FIAT.

Wavell.

 

Un Matilda.

 

Un Cruiser.

Temendo -giustamente- una gigantesca figura di merda, Graziani prende tempo rafforzando i presidi difensivi in Libia e affannandosi per colmare le evidenti lacune italiche ma dopo mesi di tira e molla Mussolini (che non è passato alla storia come un tipetto paziente, specie in quel momento degli scontri dove la Germania si sta mangiando tutta l’Europa in un boccone e lui rischia di rimanere con nient’altro che un pugno di mosche) il 19 agosto invia un laconico comunicato: “O attacchi o ti dimetti e ti attacco io, ma per il collo!”.
Il macellaio del Fezzan sa che non conviene contraddire il Duce se si vuole continuare a vivere.

Il 13 settembre le italiche armate invadono l’Egitto…e vengono fatte come previsto a pezzi in brevissimo tempo.

“Epporcoggiuda però!”

Hitler e lo stato maggiore della Wermacht sono da subito molto dubbiosi sulle reali possibilità di vittoria dello scalchignato esercito italiano e si offrono di inviare uomini ma soprattutto mezzi in supporto. Un Benito sempre più impettito però li rifiuta sdegnamente, focalizzato unicamente nell’ottenere una qualsiasi moneta di scambio all’interno del trionfo tedesco che sembra andarsi a profilare in tempi brevissimi.

Dopo soli tre giorni di avanzata le regie truppe sabaude si attestano a Sidi el Barrani, consolidando metodicamente le posizioni ottenute e le fondamentali vie di rifornimento, ma regalando così alle truppe anglo-indiane interi mesi di tempo per organizzare ‘l’operazione Compass’, una controffensiva micidiale che porta a far prigionieri soldati italiani a gruppi di 30.000 per volta.

“Poteva andare meglio regà!”

Dopo questo immane calcio in culo, agli inizi del 1941 Hitler viene contattato in tutta fretta: “Ueì Fhürerhino! Sai quelle truppe che volevi mandarmi? Dai che le accetto, ma solo perchè hai insistito un sacco eh! Però fai presto. Baciotti.”
Baffetto Buffetto a quel punto deve aver pensato: “Aber mit all den Diktatoren der rechten Welt mit diesem Idioten musste ich mich verbünden?” (“Ma con tutti i dittatori del mondo proprio con questo idiota dovevo allearmi?”) e in un impeto di fraternità fra despoti (più realisticamente perchè stava correndo il rischio di perdere il controllo di tutto il nordafrica) decide di riorganizzare il suo esercito inviando in Libia i Deutsches Afrikakorps, un reparto meccanizzato scelto, pesantemente corazzato e sotto il diretto comando di Edwin Rommel, uno dei generali più importanti di tutto il Reich, con il compito di dare una mano alle forze italiane che in pochi mesi erano state ridotte di quasi la metà.

“Io per andare vado, però porcoggiuda eh!”

La ‘Volpe del deserto’ riporta un sacco di brio nel conflitto in nordafrica, riorganizza le forze dell’Asse e si accorge ben presto di quale sia il problema principale delle forze italiane: “Hanno buoni soldati ma cattivi ufficiali.”

Churchill nel frattempo sta tenendo insieme le scarse speranze di chi non passa i tre quarti della sua giornata a fare buffi saluti col braccio teso.
Dopo il disastro di Dunkirk nel maggio del ’40 -consigliatissimo l’omonimo film del 2017 se non lo avete ancora visto- è riuscito per un pelo ad evitare una disfatta totale trincerandosi in Gran Bretagna e richiamando a sè tutte le forze possibili dai quattro angoli dell’Impero di cui è a capo in difesa dell’ultima roccaforte della democrazia in Europa, scongiurando a fatica un’invasione dai prevedibili esiti nefasti, ma subendo nel frattempo continui bombardamenti tedeschi.

Churchill, con una invidiabile cazzimma.

L’entrata in guerra degli USA è ancora lontana e mancano mesi all’apertura del fronte orientale con la Russia, tutte le attenzioni di Hitler sono per il popolo del tè alle cinque.

Servono (e abbastanza in fretta) delle buone idee.

Sir Winston Leonard Spencer-Churchill era -a dispetto dell’immaginario comune che lo vede come un vecchietto pingue con difficoltà di deambulazione e fin troppo amante di sigari e brandy- un fine stratega, un uomo d’azione, una persona con la mente aperta alle innovazioni tecnologiche e soprattutto uno dei primi a comprendere il valore del ruolo dell’intelligence all’interno della guerra.
Le giuste informazioni sono in grado di far vincere battaglie altrimenti ritenute impossibili (come ad esempio avviene con la strenua resistenza di una RAF in minoranza numerica contro la Luftwaffe comandata da Göring, riuscita principalmente grazie allo sviluppo dei primi radar) ma d’altro canto informazioni errate ed usate male riescono a far perdere migliaia di vite in un attimo e a distruggere il morale di tutto l’esercito.
Un esempio per tutti fu la campagna di Gallipoli durante la Prima Guerra Mondiale, voluta ardentemente da Curchill stesso e che costò alla Triplice Intesa più di 250.000 uomini, il tutto a causa di una stima errata delle difese costiere ottomane.

I soldati australiani decimati nella battaglia ancora oggi non è che ne siano felici.

Il primo ministro inglese utilizza da lì in avanti in maniera sopraffina le informazioni raccolte da centinaia di spie sparse in tutto il mondo, fa decodificare migliaia di dispacci tedeschi e comincia a pensare a dei metodi per spargere false informazioni al nemico per poterle usare come arma.

È qui che entra in gioco il nostro protagonista di oggi.

Jasper si è arruolato allo scoppio del conflitto ma è ben conscio di non avere nè l’età (trentotto anni) nè le doti giuste per scendere direttamente in combattimento.
Possiede però una skill molto più rara: tre generazioni di trucchi di magia, arti d’illusionismo e capacità tecniche per progettarli e realizzarli.
Una cosa inutile in guerra?
Anche l’ufficio di reclutamento per l’accademia ufficiali degli addetti alla mimetizzazione militare la pensava così.
Poi Maskelyne costruisce una corazzata tedesca di cartapesta e le fa risalire il Tamigi scatenando il panico fra la popolazione -e sospetto anche rischiando una notevole sequela di manganellate da parte della polizia militare-, ma riesce a far capire ai suoi superiori quanto potessero diventare utili le sue illusioni per confondere i nemici.

Torniamo in Egitto, 1941: gli inglesi dopo l’arrivo di Rommel sono decisamente preoccupati.
Un conto è scontrarsi con una massa, seppur numericamente imponente, di italiani appiedati e scarsamente equipaggiati, un altro è avere a che fare con tre divisioni di panzer tedeschi (e una di italiche carrette leggere, va detto).Frenato lo slancio iniziale i britannici si ritrovano sostanzialmente accerchiati, con il solo porto di Alessandria a garantire i rifornimenti necessari per non soccombere.
Tedeschi e italiani lo hanno capito, quindi fanno alzare in volo ogni notte tutti gli aerei di cui dispongono per bombardare a tappeto la città.

Uno dei Tiger di Rommel, perchè le dimensioni a volte contano.

In questa splendida situazione il nostro Jasper approda in Egitto a capo della cosidetta ‘Magic gang’ o ‘Banda dei Miracoli’, un plotone dell’esercito inglese composto da musicisti, pittori, artisti e tecnici…del tutto inutili con un fucile in mano.

Ma non è un fucile ciò di cui hanno bisogno.

Sotto richiesta diretta di Churchill e dell’MI6 la ‘magic gang’ realizza uno dei trucchi di magia più difficili della storia: FAR SCOMPARIRE UN’INTERA CITTÁ.

Tenendo a mente che l’aviazione dell’Asse si alza in volo solo la notte (per rendere la vita difficile alla contraerea) Jasper dà l’ordine di spegnere tutte le luci della città e (cosa nettamente più complessa) ricrea in un paio di settimane lo stesso sistema di illuminazione in una baia a dieci chilometri di distanza, costruendo un finto porto di cartapesta ma dotandolo di difese antiaeree vere.
Se considerate anche l’utilizzo di potenti riflettori per abbagliare i bombardieri nemici è semplice capire perchè l’aviazione italo-tedesca BOMBARDA PER NOVE GIORNI UN PORTO FINTO, PERDENDO PERÒ NELLA MANOVRA AEREI VERI.

Dopo Alessandria la ‘banda dei miracoli’ é lanciatissima. Un’altra occasione di cazzabubbolare i nazisti arriva nel 1942 durante la famosa battaglia di El Alamein.
Jasper e i suoi costruiscono in pochi mesi un’intera divisione corazzata posticcia con delle sagome di cartone posizionate su vecchie jeep, cingoli finti, trasmissioni radio create appositamente e perfino registrazioni del rumore dei motori dei carri armati e facendola muovere di giorno (in bella vista dei ricognitori tedeschi) verso la zona sud dello schieramento di Rommel.
Contemporaneamente con lo stesso metodo (ma al contrario) camuffa una divisione di tank da convoglio di innocui automezzi e li sposta verso nord.
Il risultato è che i panzer si schierano dalla parte sbagliata per fronteggiare l’attacco inglese e in una battaglia fra carri armati il posizionamento è tutto.


Rommel viene preso a calci in culo e costretto ad una lunga ed estenuante ritirata, Churchill commenterà: “Ora, questa non è la fine, non è nemmeno l’inizio della fine. Ma è forse la fine dell’inizio”.

Nel ’44 la magic gang ha una nuova missione: distrarre i tedeschi dalla Normandia.
Jasper coadiuvato dal grosso delle forze Alleate mette in piedi l’operazione Fortitude, un capolavoro di depistaggio realizzato con un insieme di carri armati gonfiabili, impalcature di legno, un’impressionante mole di traffico radio fittizio ed accuratissimo (fra cui continui riferimenti a Patton, temutissimo dai nazisti), false informazioni recapitate a spie tedesche già scoperte ma tenute in serbo per l’occasione, il tutto per alleggerire all’incirca di 400.000 soldati nemici la Normandia ricollocati dai vertici del Reich sulle coste della Norvegia e a Calais.



Una volta finita la guerra il nostro protagonista, ormai dimenticato da tutti quelli che lo acclamavano come un grande mago, decide di tornare in Africa, stabilendosi a Nairobi e apre una scuola guida.
Nel 1973, ormai caduto in disgrazia, trova la morte inseguito dall’alcolismo, un demone che nonostante tutti i suoi trucchi e le sue illusioni non è mai riuscito ad ingannare.

Se le cose stanno così Jasper Maskelyne ha certamente contribuito alla vittoria alleata, perchè cazzo non è stato e non è celebrato come un eroe?

Per amor di verità va detto che gli studi recenti dello storico Richard Stokes ridimensionano molto il ruolo del nostro protagonista di oggi, indicando come non ci sia su nessun documento ufficiale che tenga traccia della cosidetta ‘banda dei miracoli’ ed anzi come il ruolo di Jasper fosse essenzialmente quello di ‘intrattenitore delle truppe in nord Africa’, il che spiegherebbe come mai nonostante gli vengano ascritte le azioni eroiche di cui sopra, non sia mai stato premiato con nessuna onorificenza.

Per quanto la posizione di Stokes -che è uno storico, quindi ne sa decisamente più del sottoscritto- sia più che legittima, a me piace pensare che in quanto membro dell’MI6 le onorificenze non fossero contemplate.

In ogni caso i file che lo riguardano verranno desecretati dal governo inglese in un arco di tempo che andrà dal 2021 al 2046, a sto punto si tratta solo di aspettare un altro po’ e sopravvivere per conoscere la verità…

 

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James Otto Richardson https://www.inutile-erudizione.it/james-otto-richardson/ https://www.inutile-erudizione.it/james-otto-richardson/#respond Wed, 13 Mar 2019 18:08:47 +0000 https://www.inutile-erudizione.it/?p=2277 “Dei se e dei ma son piene le fosse!” vale a dire -come mi ha spiegato tempo addietro a ceffoni quella santa di mia nonna- che son tutti bravi a posteriori a fare ipotesi ed obiezioni.

Non è il caso di oggi, in cui le problematiche sono state indicate ben prima che si verificasse l’avvenimento in questione, che poi ignorare gli avvertimenti abbia dato vita ad uno dei più grandi ‘te l’avevo detto’ della storia è la parte divertente.

-divagazione attinente quel tanto che basta per sentirmi felice-

Adoro le ucronìe.
Il termine (derivante dal greco οὐ = ‘non’ e χρόνος = ‘tempo’) è associato per analogia a utopia (‘nessun luogo’), indicando una narrazione di quel che sarebbe successo se un preciso avvenimento storico fosse andato diversamente.
La Germania nazista che domina il pianeta?
Ucronìa.
Hitler che viene ammesso all’accademia di belle arti diventando un anonimo pittore invece di un discreto dittatore?
Ucronìa.
I vichinghi che stringono alleanza con i pellerossa arrivando a dominare gli Stati Uniti odierni semplicemente non commerciando latte al loro primo incontro i nativi erano intolleranti ed il dono causò un’epidemia di caghetta che venne scambiata per un tentativo di avvelenamento-?
Ucronìa.
Cristoforo Colombo che affonda con le sue caravelle in mezzo all’oceano?
Ci siamo capiti.

Ucronie.

Trovo questo metodo di racconto affascinante perchè tolte tutte le divagazioni fantascientifiche sui viaggi temporali (e relativi effetti farfalla) permette di aprire finestre ipotetiche su mondi che non ci saranno mai -affermazione che cozza con la teoria del multiverso- e con versioni della storia dominate da società utopiche o distopiche, a seconda della mentalità con cui le si approccia.

Prendiamo Pearl Harbour.
Quante realtà si schiudono se si considera come sarebbero potute andare le cose con l’imperatore Hirohito che si ‘accontenta’ di un espansionismo circoscritto alla Cina, tralasciando l’Indocina e interessandosi solo in seguito al Pacifico.

Ma andiamo con ordine…

5 ottobre 1937: Franklin Delano Roosevelt, trentaduesimo presidente degli Stati Uniti -ottant’anni prima che il titolo rimandasse a manine minuscole e toupet imbarazzanti- pronuncia davanti ad una platea riunita a Chicago il ‘Discorso della Quarantena’, in cui indica come sia necessario agire concretamente nei riguardi delle nazioni responsabili di guerre ed illegalità internazionali per isolarle dai paesi pacifici ed evitare così il diffondersi del “morbo della violenza, dell’aggressione e della sopraffazione” -una descrizione che ben si accompagnerà in seguito alla politica estera americana, ma soprassediamo-.

Per la prima volta vengono biasimate pubblicamente Italia, Germania e Giappone (pur senza mai farne i nomi apertamente) colpevoli di aver messo in piedi un sistema espansionistico violento, militare ed aggressivo.

Queste parole hanno un duplice effetto:
da un lato infervorano i promotori delle correnti isolazionistiche americane che predicano la ferma necessità di mantenere un’assoluta neutralità nei riguardi dei problemi europei.
dall’altro innervosiscono soprattutto il Giappone, che giustifica la sua invasione della Manciuria paragonandola alla conquista del vecchio West e si erge a difensore dei popoli asiatici contro il colonialismo dei bianchi.

Il 12 dicembre dello stesso anno si verifica quella che viene considerata la vera risposta al discorso di Roosevelt: dodici aerei nipponici affondano la cannoniera USS Panay ancorata al largo di Nanchino.
Il Giappone si scuserà (poco convincentemente) in seguito asserendo di aver scambiato la Panay per una nave cinese, ma i tre marinai a fondo delle acque dello Yangtze non sono più in grado di scusare nessuno.

USS Panay.

Col passare del tempo i rapporti fra le due nazioni diventano sempre più tesi, con da una parte gli Stati Uniti che pur rifornendo di armi i patrioti cinesi, promuovendo embarghi contro il Sol Levante e rafforzando la Royal Navy nell’Atlantico non sono ancora disposti a schierarsi apertamente e dall’altra un Giappone che in cerca di alleati il 27 dicembre 1940 firma il ‘Patto Tripartito’ con le potenze dell’Asse per suddividersi a guerra finita le varie zone del mondo, implicando fra le altre cose il darsi manforte a vicenda in caso di difesa e (ben più rilevante per la situazione politica) di offesa.

-FRATTANTO IL NOSTRO EROE-

James Otto Richardson nasce a Paris, in Texas, nel 1878 e non appena l’età glielo permette si getta a capofitto in una brillante carriera militare che lo porta a diplomarsi come cadetto alla Naval Academy del Maryland (classe 1902) per poi scalare i ranghi sotto la bandiera della Flotta Asiatica (il gruppo di navi da guerra statunitensi che staziona ad est del continente più grande del mondo sin dal 1868).
Si fa le ossa in combattimento durante la repressione dell’insurrezione della repubblica di Tagalog che porta in tutte le Filippine, oltre ai ventimila morti combattenti, trentaquattromila morti civili diretti e DUECENTOMILA derivanti dall’epidemia di colera che si scatena in seguito.

“Sparate a quel colera!”

Dal giugno del 1939 viene posto al comando sia della flotta da combattimento USA di stanza nel Pacifico che di quella d’osservazione nell’Atlantico con il titolo temporaneo di ammiraglio. Non è per caso se ricopre questo ruolo, in quanto per anni si è dedicato a conoscere cultura, societá, armamenti e metodi di ingaggio Nippon -inteso come Giappone, NON come i biscotti- e ne è divenuto uno dei principali esperti gaijin.

-FRATTANTO (2), NEL MONDO-

Marzo del 1941: il ministro degli esteri giapponese Yōsuke Matsuoka è in missione diplomatica nella terra dei pretzel e del bratwürst, quando il baffetto buffetto Adolf gli concede un’udienza importante.
Hitler fa capire ai giapponesi come é nell’interesse di tutte le forze dell’Asse l’inizio di un’espansione verso il sud del Pacifico per impegnare così le potenze anglosassoni (Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda) sottraendo le risorse con cui stanno mantenendo in vita (grazie all’invio continuo di carghi di rifornimento) il lumicino della speranza della resistenza britannica ad un’invasione tedesca via terra.


La grossa falla nel piano di BB -Baffetto Buffetto- è tenere nascosta l’imminente offensiva in programma contro l’Unione Sovietica tramite l’Operazione Barbarossa. Matsuoka si ritrova in aprile a Mosca al cospetto dell’altro BB -Baffone Buffone- Stalin per stipulare un patto di non aggressione russo-nipponico che permetterà ad entrambi gli schieramenti di smobilitare forze dalla Manciuria per dedicarle ad altri punti caldi della guerra.
Nello specifico questa mossa da un lato fornisce gli effettivi necessari alla Russia per l’estrema resistenza (fra le principali cause della sconfitta del Reich) e dall’altra concede allo stato maggiore del Giappone l’elaborazione del progetto di politica nazionale di espansione nel Pacifico che prevede il completo isolamento della Cina e la creazione della cosidetta ‘Sfera di co-prosperità della grande Asia Orientale’.

L’Impero giapponese nel suo momento di massima espansione.

Quando il 21 giugno il generale Hideki Tōjō sostituisce Matsuoka, muove immediatamente alla conquista della Cocincina (Vietnam del Sud), ricevendo in cambio da Roosevelt un completo embargo sul petrolio ed altri prodotti strategici (di cui gli USA sono i loro principali fornitori), il congelamento dei beni nipponici su suolo americano ed il divieto assoluto di utilizzo del canale di Panama controllato dagli inglesi.
Tutte cose di cui il Giappone necessita.
Terribilmente.
In luglio l’ammiraglio Nagano in un incontro con l’imperatore Hiroito si mostra pessimista circa le possibilità di sconfiggere gli Stati Uniti a queste condizioni e fa notare come le riserve di carburante che muovono l’intera macchina bellica Nippon dureranno all’incirca un anno e mezzo (ben al di sotto del tempo necessario anche solo per considerare di concludere la questione cinese).
Occorre quindi darsi una mossa e conquistare in fretta le risorse energetiche nelle Indie Olandesi per mantenersi attivi sullo scacchiere mondiale.

-FRATTANTO (3) MA UN PASSETTINO PIÙ INDIETRO, IL NOSTRO EROE-

Il popolo americano ha un grande orgoglio di sè contornato da una notevole dose di patriottismo.
Sulla carta è una cosa buona, intendiamoci, ma in molti casi ‘orgoglio di sè’ coincide con ‘siamo i migliori del resto degli sfigati che popolano il mondo!’, una cosa che in politica estera è sempre pericolosa da pensare.

Gli Stati Uniti vedono il Giappone come un popolo inferiore e con una incomprensibile e lontana cultura retrograda.
Il Sol Levante dal canto suo percepisce gli americani come dei barbari prepotenti senza onore e pienamente appartenenti a quell’occidente che per secoli ha spadroneggiato in lungo e in largo facendo i suoi comodi ed ora chiosa preoccupato che l’imperatore ottenga finalmente tutte le terre che gli spettano per diritto divino.

Questa la situazione in termini generali.

Esistono -e spero esisteranno sempre- però persone che provano a guardare al di fuori dal pozzo in cui vivono e sono in possesso di un’apertura mentale sufficiente ad avere la curiosità di conoscere (quando non di apprezzare) culture differenti.

Richardson, come già detto, è uno di questi casi e in più ricoprendo uno dei ruoli più importanti dell’intera macchina da guerra statunitense ha ben chiaro come sia un grave errore sottovalutare i nipponici.

Nel 1940 Roosevelt gli ordina di far spostare il grosso della flotta del Pacifico dalla sua fonda tradizionale di San Diego, California alla base di Pearl Harbour, Hawaii.


L’ordine arriva senza che lo stato maggiore si sia incontrato con i consiglieri militari in carica (fra cui Richardson) e il nostro protagonista protesta vibratamente a Washington dichiarando quanto sia azzardato far dispiegare una parte così considerevole di forze in una base così avanzata senza possedere una adeguata copertura aerea, una adeguata logistica di supporto e soprattutto una adeguata preparazione dei suoi marinai che percepiscono la guerra come una cosa ancora molto distante sia temporalmente che geograficamente.
Si stava andando a formare su Pearl Harbour un grosso bersaglio goloso e Richardson lo scrisse chiaro e tondo in una lettera ufficiale all’ammiraglio Harold Rainsford Stark, capo delle operazioni navali della marina:
“…ritengo che una delle opzioni al vaglio del nemico possa essere UNA TATTICA DI GUERRA FONDATA SU UN GRANDE ATTACCO PREVENTIVO PER COGLIERCI IMPREPARATI E FARE DANNI NOTEVOLI A TUTTA LA NOSTRA STRUTTURA DI COMANDO, PARALIZZANDO PER MESI LE NOSTRE OPZIONI NELL’INTERO PANORAMA DEL PACIFICO”.


Spero non sia davvero necessario indicare quanto un sacco aveva ragione il buon James. Sta di fatto che per premiarlo per la sua lungimiranza dalla Casa Bianca decidono che sia un’ottima idea LICENZIARLO durante la riorganizzazione della flotta del primo febbraio 1941, passando il comando della neonata ‘Pacific Fleet’ a Husband Edward Kimmel, che avrà in seguito diversi motivi per pentirsene.

“Pareva una così bella promozione!”


-FRATTANTO (4) NEL MONDO-

Il Giappone dopo l’embargo deciso da Roosevelt è di fronte a due scelte possibili per uscire dallo stallo:
Lasciare cadere tutte le pretese di costruire un grande impero in Asia oppure continuare l’espansione in Cina rinunciando però all’Indocina, cedendo alle richieste degli USA e mostrandosi così estremamente vulnerabile.
Nell’estate del 1941 l’aumento della presenza anglosassone nel Pacifico comincia a preoccupare di molto l’alto comando nipponico che inizia ad intravedere una terza opzione chiamata Pearl Harbour.

Isoroku Yamamoto è l’ammiraglio in capo dell ‘Flotta Combinata’ del Sol Levante ed è dalla primavera del 1940 che, conscio della superiorità americana riguardo risorse e industria in caso di conflitto prolungato, sta elaborando un piano per poter sferrare un colpo decisivo alla flotta principale USA “per poter decidere l’esito della guerra sin dal primo giorno”.

Yamamoto.

La ‘Notte di Taranto’ (11-12 novembre 1940) gli da un indizio importante su come muoversi: 20 aerosiluranti della Royal Navy britannica bastano per infliggere dei danni pesantissimi alla Regia Marina italiana -un giorno magari ne parlo meglio, per oggi non divago-

Il porto di Taranto.

Il Giappone può fare meglio degli inglesi, senza dubbio.

Yamamoto considera per parecchio tempo l’idea di un ‘katamechi kogami’ (un attacco suicida su larga scala, di sola andata e da lunghissime distanze) ma poi il comandante Minoru Genda porta alla sua attenzione un piano ancora più elaborato ed ambizioso che prevede anche sopravvivenza di parecchi piloti e velivoli -contrariamente a quanto passa l’immaginario collettivo gli attacchi suicidi in quel particolare frangente erano fermaemente sconsigliati a meno di ultima risorsa nel caso si terminasse completamete il carburante in volo-.

Minoru Genda.

-SEGUONO DIVERSI ‘LO AVEVA DETTO’

La base di Pearl Harbour è lontana dalle coste protette degli Stati Uniti (Richardson lo aveva detto) ed è ben conosciuta dai Giapponesi (Richardson lo aveva detto) che sono in possesso di mappe accurate e di foto aeree dato che lo spazio aereo non è interdetto (Richardson lo aveva detto). In più sono presenti sull’isola una caterva di spie giapponesi che conoscono per filo e per segno quali navi sono ormeggiate, dove e con quanti uomini a bordo (Richardson lo aveva detto).
I marinai americani si sentono quasi in vacanza sulle spiagge hawaiane (Richardson lo aveva detto) ed inoltre il sistema di spionaggio e controspionaggio USA fa girare le informazioni PRIMA verso Washington e solo in seguito verso gli ammiragli in capo, che devono decidere solo a cose fatte (Richardson NON PUÒ SAPERLO dato che questa informazione uscirà in seguito durante il processo di Kimmel che aveva come obiettivo trovare un capro espiatorio a quello che sta per succedere).


Genda era uno dei tipi più cazzuti della seconda guerra mondiale, con tutte queste informazioni mette in piedi una squadriglia aerea d’attacco con i controcavoli che viene dotata di velivoli dalla manovrabilità eccezionale (il caccia leggero Mitsubishi A6M Zeke, o Zero), adattati al meglio per la zona specifica (delle modifiche ai siluri, ad esempio, li rendevano utilizzabili anche nelle acque basse della baia).


Per portare a tiro gli Zeke e le relative portaerei Yamamoto ha inoltre un altro colpo di genio, facendo percorrere all’intera flotta la rotta più lunga (e pericolosa) posta a nord delle Isole Marianne e piombando così sulle Hawaii da una direzione inaspettata dopo aver fatto un giro lunghissimo ma con l’indubbio vantaggio di arrivare a segno senza incrociare alcuna rotta mercantile.

Il piano era colpire durissimo, paralizzare l’intera flotta ed impossessarsi delle posizioni chiave in tutto quel tratto di oceano per continuare ad espandersi nonostante l’embargo e costringere così in difesa l’intero apparto Alleato.
Il piano riesce a metà -non ho intenzione di ripercorrere adesso tutte le fasi dell’attacco a Pearl Harbour e dell’offensiva nel Pacifico, me le tengo buone per un’altra volta- e al costo di cinque sommergibili tascabili affondati e trenta aerei abbattuti le forze di Yamamoto affondano cinque corazzate, due cacciatorpedinieri, distruggono 188 aerei e fanno 2402 morti (più 52 civili di cui ci si dimentica facilmente).

Solo un problema.

Il tutto è stato fatto senza una dichiarazione di guerra, o più precisamente senza FORMALIZZARE la dichiarazione di guerra.


La diplomazia era in stallo da diverse settimane, come abbiamo visto l’obiettivo del Giappone era di sbarazzarsi dell’embargo e quello degli Stati Uniti di evitare la presa dell’Indocina. Le trattative proseguirono SIMULTANEAMENTE alla partenza della flotta di Yamamoto che però da buon seguace del bushido era impensabile (anche pur volendo effettuare un attacco preventivo) che si lanciasse all’attacco in completa assenza di una dichiarazione di guerra.
Secondo i piani difatti, l’attacco giapponese doveva iniziare ESATTAMENTE mezz’ora DOPO che la ratificazione giungesse a Washington, come completamento di una relazione iniziata il giorno prima.
Così non fu, dato che una sequela di errori marchiani di invio delle informazioni, traduzioni e recapito ritardarono il tutto ad attacco già in pieno svolgimento.

Mi rendo perfettamente conto che TRENTA MINUTI di avviso all’inizio di una guerra è un tempo che permette giusto di poter cavillare a posteriori, ma va detto che senza questo errore l’attacco a Pearl Harbour sarebbe stato QUASI giustificabile nell’ottica di un conflitto guerra e che, soprattutto, senza la promessa di un attacco onorevole ben pochi soldati nipponici avrebbero accettato di svolgere il loro dovere (difatti esistono soverchie testimonianze di anziani reduci giapponesi che hanno appreso solo in seguito che nel mondo la loro impresa eroica e preparata fin nei minimi particolari era stata percepita come un attacco vigliacco ed infamante e di come questo li ha fatto percepire solo allora quanto la propaganda gli aveva mentito).

Va altresì detto che era BEN PIÙ DI UN ANNO che lo spionaggio americano aveva decrittato il ‘Purple Code’ con cui le ambasciate giapponesi comunicavano in patria ed erano quindi ben informate di un attacco prossimo nel Pacifico, alzare di parecchio il livello di guardia sarebbe stato utile.


A voler essere stronzi -o complottisti, in molti casi è dire la stessa cosa- Roosevelt indirizzò abilmente gli eventi in questa direzione per sacrificare le vite di più di 2.000 uomini ed avere finalmente un motivo concreto per compattare il paese contro un perfido nemico comune, smuovere le masse neutrali alla guerra e finalmente ergersi in difesa della libertà che stava venendo schiacciata dai regimi autoritari.

Personalmente credo che l’attacco sia stato un’ottima motivazione per raggiungere questi obiettivi, ma non che sia stato volutamente provocato.

-sì, potrei iniziare a sproloquiare sul golfo del Tonchino o sull’attentato al World Trade Center e su come l’America sia sempre stata brava ad utilizzare in seguito fatti simili per i propri interessi, ma direi che è ora di chiudere-.

L’attacco di Pearl Harbour rinsalda l’intera opinione pubblica USA, gli arruolamenti aumentano in maniera vertiginosa e l’intera macchina industriale si converte in massa alla produzione di guerra. L’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti rende la Seconda Guerra Mondiale davvero MONDIALE e fornisce un’enorme boccata d’aria all’Inghilterra che stava ormai rantolando sotto la pressione dell’Asse.

Pearl Harbour sarà anche il motivo per cui per molto tempo si parlerà di giorno dell’infamia’ e per cui anni dopo, si giustificherà l’impiego della bomba atomica.

Pearl Harbour nonostante gli evidenti errori di intelligence vedrà condannare come colpevoli solo l’inefficienza degli ammiragli Stark e Kimmel che perdono due ranghi e poi si congedano nel disprezzo generale.

Il tutto mente James Otto Richardson tutte le volte che entra in un bar racconta la storia di come lui sono anni che l’aveva detto che spostare la flotta a Pearl Harbour era un’idea balorda.

Ma si sente tutte le volte rispondere “dei se e dei ma son piene le fosse”.

E allora me lo vedo incrociare le braccia e fare quell’espressione che ha nella sua foto più famosa.

“Checcazzo però!”

 

 

Yamamoto.

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