Francis Pegahmagabow

Trovo sempre strano come reagisca (male) la memoria umana di fronte ai fatti storici conclamati.

Un classico esempio è la tendenza a immaginarsi la Prima Guerra Mondiale come combattuta solo tra le grandi potenze europee, dimenticandosi che tra quei QUINDICI MILIONI E MEZZO di morti (sommando soldati e civili) ci sono persone provenienti da quasi ogni nazione del pianeta.

Ci si scorda facilmente della componente MONDIALE della ‘Grande Guerra’, presi come siamo dai confusi flashback delle nostre trincee fangose.

Il Canada, per esempio, partecipa attivamente agli scontri schierando uomini nel teatro bellico sin dal primo giorno a fianco degli Alleati. Il paese raggiunge il suo più grande trionfo il 9 aprile 1917 quando durante la battaglia di Vimy Ridge (nei pressi di Calais) i soldati della foglia d’acero conquistano dalle mani tedesche l’intero crinale fortificato di Givenchy-en-Gohelle, fondendo nell’assalto un’accurata preparazione tattica a un coraggio che non impedisce però a 3598 uomini del Canadian Corps di tornare a casa sdraiati in una bara.


Quello che proprio in pochi sanno è che l’esercito canadese ha avuto dalla sua uno dei più grandi esploratori e cecchini dell’intero conflitto. Quello che quasi nessuno ricorda è che per un lungo periodo della sua vita egli non è stato considerato dai suoi compatrioti nemmeno degno di appartenere alla sua stessa nazione, come spesso accade alle minoranze finché non arriva un qualche suo esponente che si dimostri ‘utile’ (oggi in Italia accade con i campioni dello sport, finché vincenti).

Ma andiamo con ordine.

Chi fra voi è un appassionato di manga ben conoscerà l’infinita opera del mastro procrastinatore Kentaro Miura, quel Berserk che tanto ha fatto la felicità di chiunque ami gli oggetti troppo grandi per essere chiamati spada, gli smembramenti e i cannoni innestati sui moncherini. Ci sono varie scene notevolissime nella vita di Gatsu -il protagonista della serie, se siete tra quelli che non hanno nemmeno una goccia di sangue nerd nelle vene-, ma una delle prime che ti vengono sbattute in faccia è la sua nascita, ai piedi del cadavere della madre impiccata.


Cosa c’entra col nostro protagonista di oggi? C’entra, se considerate che non abbiamo una sua vera e propria data di quando è nato perché viene trovato nella riserva di Shawanaga (nelle vicinanze di Nobel, in Ontario) il 9 marzo 1891, a fianco della madre deceduta nel metterlo al mondo a causa delle complicanze di una malattia respiratoria. A trovarlo a poche ore da un’infelicissima dipartita è Noah Nebimanyquod, un amico del padre (morto tempo prima per la stessa malattia della moglie) che gli aveva promesso di prendersi cura del piccolo, qualora ne avesse avuto bisogno.


Francis cresce così all’interno dei confini della riserva in cui la cultura Anishinaabe (il miscuglio di tradizioni provenienti da varie tribù native che qui hanno trovato rifugio dopo secoli di sterminio, guerre, malattie, carestie, razzismo ed esodi) viene protetta dal ‘trattato di Huron’ che dal 1850 AD OGGI, garantisce loro l’extraterritorialità all’esorbitante somma di QUATTRO DOLLARI ANNUI.
Qui il nostro eroe apprende le tecniche di caccia, pesca e il culto degli antenati (mischiato irrimediabilmente con il Cristianesimo) e quando è abbastanza grande gli viene dato il suo ‘vero nome’, Binaaswi, che in lingua Ojibwe suona più o meno come ‘Vento che Soffia’.

A ventuno anni si dimostra abbastanza intraprendente e intelligente da ricevere una borsa di studio per terminare i suoi studi mentre trascorre le estati a lavorare come Vigile del Fuoco per conto del dipartimento della Marina e della Pesca dei Grandi Laghi.

Molto più di quello che facevo io alla sua età, nell’ormai lontano 2008, perso fra le innumerevoli combo di Soul Calibur IV.

Agosto 1914: il Canada si è accorto dopo un mese dallo scoppio del conflitto mondiale che escludere dal suo corpo di spedizione (interamente volontario) le minoranze è un’idea abbastanza barbina, specie considerando che ogni essere umano in grado di restare eretto e reggere un fucile è un potenziale bersaglio in più per il nemico. Francis è uno dei primi ad arruolarsi, insieme a molti altri, spinto da una variegata mescolanza di sentimenti quali la voglia di avventura, quella di vedere il mondo, quella di dimostrare a tutti quanto vale e quella di ricoprirsi di gloria.

Avrà modo di pentirsene, anche qui come molti altri.

Viene inserito nel 23esimo reggimento canadese, i Northern Pioneers, che per non smentirsi hanno come simbolo una fottutissima alce e un motto cazzutissimo: “Noi guidiamo, gli altri seguono”.


Mentre vengono acquartierati per l’addestramento nella base di Valcartier (nord est del Quebec) il nostro eroe si fa notare per le decorazioni tribali che ricoprono la sua tenda (fra le altre un caribou, simbolo del suo clan) che gli vengono concesse nonostante lo stringente regolamento militare a patto di guadagnarsi il soprannome di ‘Peggy’ che lo accompagnerà per tutto il conflitto e che nasce dalla chiara difficoltà dei suoi istruttori di pronunciare il suo nome Ojibwe.

Nel febbraio 1915 comunque le pinzillacchere sono finite e l’intero primo battaglione fanteria della prima divisione canadese poggia i suoi acerosi piedi in Europa a fianco degli Alleati, in una guerra che in molti hanno già visto diventare uno scontro immobile, terribile e fangoso sepolto nelle trincee scavate fra i cadaveri.

22 aprile, ore 17:30: i tedeschi nei dintorni della cittadina belga di Ypres hanno atteso di trovarsi con il vento a favore e ora stanno aprendo con precisione maniacale i manicotti di CINQUEMILASETTECENTOTRENTA BOMBOLE CONTENENTI CENTOSESSANTOTTO TONNELLATE DI GAS CLORO, che si spargono velocemente lungo sei chilometri del fronte causando la morte orribile di CINQUEMILA SOLDATI NEL GIRO DI DIECI MINUTI -il cloro brucia occhi e polmoni come un cerino gettato in un mucchio di foglie secche e cosparse di benzina in una giornata ventosa, solo che le foglie urlano di meno-.


Il gas liberato ha anche un’altra caratteristica molto utile in un frangente come quello della guerra di trincea: è più pesante dell’aria, quindi tende ad accumularsi verso il fondo fangoso dove trova le truppe coloniali algerine della 45esima Divisione francese che capiscono molto in fretta che restarsene nascosti (senza essere adeguatamente equipaggiati) equivale a morire malissimo, quindi (giustamente) si ritirano lasciando dietro di sè una breccia enorme che nemmeno i tedeschi si aspettavano e per cui non hanno preparato abbastanza rincalzi per occupare le posizioni abbandonate.

“Où vous allez les fous?”
“Recouvrir la brèche!”
“Vous êtes fous? Le gaz va tous vous tuer!”
“Non ,tant qu’on a de la pisse dans la vessie! Allez les hommes! Nous conduisons, les autres suivent!”

(“Dove cazzo andate, folli?”
“A coprire la breccia!”
“Siete pazzi? Il gas vi ammmazzerà subito!”
“Non finché abbiamo del piscio nella vescica! Avanti uomini! Noi guidiamo, gli altri seguono!”)

Le truppe canadesi hanno capito una cosa prima di tutti gli altri: con il vento a favore qualsiasi cosa che non sia una ritirata pone gli Alleati in una posizione difficilmente difendibile.

Qualsiasi cosa eccetto un’avanzata.

Se è pur vero che il cloro ha devastato le trincee, il vento sta continuando a soffiare spingendo il gas sempre più lontano. Di contro in una situazione come questa il posto più sicuro è il più vicino possibile al nemico.

Immaginate di essere un soldato tedesco:
siete sicuri che il vostro attacco ha sterminato le fila nemiche. Avete sentito chiaramente i rantoli e i lamenti di chi annaspa in cerca dell’ultima boccata d’aria prima di morire. Certo, usare il gas non è il combattimento glorioso che vi aspettavate quando vi siete arruolati ma dopo quasi un anno di trincea siete disposti a usare qualsiasi mezzo purché vi faccia tornare in fretta alle vostre…

*rumore di sparo*

Dalla trincea alleata fanno capolino delle sagome intabarrate che si intravedono a stento nella nube di gas mortale.


Sono i canadesi, che avanzano schiacciandosi sulla faccia dei fazzoletti intrisi di urina -non si conosce il nome di chi ha avuto l’idea, ma senz’altro era una persona con delle conoscenze in chimica dato che l’ammoniaca del piscio è in grado di reagire con il cloro, neutralizzandolo- e sparano a qualsiasi cosa faccia anche solo il gesto di alzare la testa fuori dai ripari.

Il fronte è ricompattato e la linea alleata regge, nonostante i ripetuti attacchi, fino a 3 maggio.
L’ingresso in guerra dei canadesi in questa maniera eroica vale loro il massimo del rispetto per aver difeso una posizione considerata ormai persa (si teorizza che se i tedeschi avessero sfondato a Ypres sarebbero stati a un passo da Parigi) nonostante i più di mille morti e quattromila feriti su un totale di diecimila soldati dell’intero corpo di spedizione.

E Francis? Il nostro eroe in quei giorni maledetti si è fatto un nome per le sue grandi doti di scout (che in una guerra di trincea equivale nel sapersi muovere nella ‘Terra di Nessuno’, le decine o centinaia di metri -va a seconda- che separano due trincee solitamente zeppi di mine, filo spinato, cadaveri, crateri di bombe e potenzialmente battuto centimetro per centimetro dallo sguardo di chiunque possegga un fucile nell’arco di chilometri) e le sue ancor più eccezionali capacità di cecchino, che gli portano sul campo la promozione a caporale tra l’approvazione dei compagni.

Muoversi qui in mezzo non doveva essere bello.

Primo luglio 1916, ore 7:30: lungo i circa sessanta chilometri di fronte che vanno da Hébuterne a Lassigny (Francia settentrionale) ha inizio un’impressionante serie di offensive alleate nel tentativo di alleggerire l’enorme pressione tedesca su Verdun e rimescolare così le carte in tavola sul fronte occidentale.

Le manovre avvengono in un settore tagliato in due dal fiume Somme, che darà il nome a questa mattanza spaventosa in cui UN MILIONE E DUECENTOMILA UOMINI troverà una morte più o meno orribile a seconda dei casi. Ironico se si considera che il nome ‘Somme’ arriva dal latino ‘Samara’ che ha mutuato dal celtico la parola ‘Tranquillità’.

In quei giorni di tranquillo non c’era proprio un cazzo.

Dopo una settimana di bombardamenti preparativi e lo scoppio di dieci enormi mine -che ai più attenti fra voi dovrebbero ricordare qualcosa l’idea degli anglo-francesi era quella di avanzare con un’enormità di fanteria che avrebbe poi aperto dei varchi per il passaggio della cavalleria che (sempre secondo i piani) avrebbe portato ad una definitiva vittoria.

Non è la prima volta (e non sarà l’ultima) che i progetti escogitati da vecchi generali impomatati si rivelano essere una porcata allucinante.

I tedeschi, ben protetti dall’artiglieria nei loro ‘stollen’ (‘rifugi’) riprendono agilmente le posizioni e si ritrovano davanti una mastodontica massa di uomini che procede a passo di marcia nella terra di nessuno.

Non devono nemmeno mirare, basta premere il grilletto.


A peggiorare le cose (se possibile) dopo quattro mesi di inutili assalti arriva una pioggia incessante che tramuta il terreno scavato, rivoltato e massacrato in un’unico grumo di fango appiccicoso. Il 19 novembre terminano le ultime fasi della battaglia e la quantità di corpi lasciati sul terreno è un qualcosa che, pur sforzandoci, ci risulta inimmaginabile.

Fun facts: Otto Frank (il padre di Anna), Adolf Hitler e J.R.R. Tolkien erano presenti in questa battaglia come fanti. Pensate come sarebbe potuto cambiare il mondo se degli Hobbit avessero ucciso il Fuhrer trafiggendolo con Pungolo, prima di scrivere le loro memorie nascosti in una soffitta.

Basta con la droga, dai.

E Francis (di nuovo)? Anche in questo frangente il primo battaglione canadese viene schierato come rincalzo d’assalto durante l’offensiva, ma per il nostro protagonista stavolta va un po’ meno bene di Ypres e rimedia una ferita alla gamba sinistra (non grave abbastanza per ritornare a casa) da cui si rimette in tempo per essere trasferito in Belgio.

Durante i mesi successivi ‘Peggy’ viene insignito della Military Medal per aver consegnato dei messaggi di primaria importanza strisciando dietro le linee nemiche e il suo tenente lo nomina per ricevere la Distinguished Conduct Medal sottolineando la sua ‘fedeltà al dovere’, ma qui la tensione e lo stress accumulati nel trascorrere due anni a uccidere e veder morire i suoi commilitoni trovano sfogo in un pessimo rapporto con i superiori, che lo porteranno addirittura a essere degradato (pur tra il sempreverde sostegno dei soldati semplici).

Il sei novembre 1917 il nostro eroe si guadagna la sua prima ‘Medal Bar’ durante la seconda battaglia di Passchendaele, l’atto finale della terza battaglia di Ypres (la cittadina belga si è ritrovata, suo malgrado, sulla cresta dell’onda durante il conflitto) in cui il Canadian Corps aveva ricevuto l’ordine di avanzata per catturare delle posizioni sopraelevate e asciutte in vista dell’arrivo dell’inverno. Il battaglione di Francis avanza dritto su Passchendaele, ma il comando perde quasi subito i contatti con il suo fianco est e nella campagna belga rivoltata dalla guerra era questione di un attimo che sbagliavi direzione e ti ritrovavi nella trincea sbagliata a mangiare crauti e bratwurst.

E piombo. Un sacco di piombo.

Quando il generale canadese Arthur Currie sta cominciando a diventare sudatino credendo di aver perso la sua intera ala destra nella terra di nessuno gli comunicano che uno scout -indovinate di chi si tratta?- si è messo alla testa degli uomini e li ha guidati in posizione aggirando le difese teutoniche. L’assalto è lanciato come da programma e la cittadina belga viene presa, prima che l’avanzata alleata si debba arrestare a causa del ‘piccolissimo’ contrattempo avvenuto sul fronte italiano, il cui esercito si ritrova completamente allo sbando dopo il disastro di Caporetto.

“Potremmo aver fatto un piccolo errore di valutazione”

La guerra, purtroppo per tutti, continua e il 30 agosto 1918 ‘Peggie’ si ritrova schiacciato in una trincea travolto da un assalto tedesco. Il problema principale è che l’intera compagnia di cui fa parte non era affatto preparata a sostenere una pressione del genere e le munizioni scarseggiano assai, paventando per tutti la scelta fra il morire e l’arrendersi.

‘Vento che Soffia’ ha però un’altra idea.

Strisciando nella Terra di Nessuno inizia a fare la spola fra le postazioni abbandonate e la sua trincea più e più volte, riuscendo infine a rifornire di proiettili i suoi compagni quel tanto che basta per tenere la posizione e respingere il contrattacco crucco.

L’azione gli vale la sua seconda Medal Bar, decorazione che solo altri 38 canadesi (ancora vivi) potevano permettersi di sfoggiare tornando a casa.


La guerra che sembrava non dover finire mai termina nel novembre del ’18 e il nostro protagonista viene rimandato a casa.

Ha servito consecutivamente per quasi l’intero periodo del conflitto e usando un fucile bolt action calibro .303 (e la protezione dei suoi antenati, che attrae con una sacca di talismani legata intorno al collo) è arrivato all’impressionante cifra di TRECENTOSETTANTOTTO uccisioni confermate e la cattura di altri TRECENTO prigionieri.


Mi sono concentrato a parlare unicamente delle sue doti di scout di proposito, la conta delle sue capacità da cecchino è quasi irrealistica.

Prima di tornare alla vita civile viene ricoperto di medaglie (fra le altre la British War Medal, la Victory Medal e la 1914-15 Star) e promosso al rango di sergente maggiore.

La storia potrebbe terminare qui? Ma neanche per il cappero.

Tornato in Canada presta ancora servizio sotto i Northern Pioneers ma nel febbraio del 1921 viene richiamato a Shawanaga perchè la tribù di Parry Island Band ha deciso di eleggerlo come guida, come avvenne per suo padre e suo nonno prima di lui. Dopo aver ottenuto la carica Francis dimostra però di aver compreso molto poco negli anni della guerra su quanto cazzate come la razza siano inutilmente divisive -ma dopotutto nemmeno Hitler ci è arrivato-.

Scrive una lettera ai vari capiclan in cui suggerisce nemmeno troppo sottilmente di fare espellere dalla riserva chi non sia un ‘purosangue’, causando uno scisma interno alla riserva, le simpatie della frangia più intransigente e le inimicizie con chi vorrebbe invece una convivenza più pacifica.

John Daly, l’agente della DIA (Department of Indian Affairs) indica in più di un’occasione come molti dei soldati nativi che sono tornati dal fronte si siano ritrovati in posizioni chiave all’interno dell’attivismo politico e uno di quelli con più seguito (perciò pericoloso) era proprio Pegahmagabow, che spingeva per liberare la sua gente dalla schiavitù dei bianchi, con le armi se necessario.

Questione complicatissima comunque la si guardi, poichè Francis (insieme a tutto il suo popolo) ha certamente ragione da vendere -DECISAMENTE MENO sul razzismo verso i ‘mezzosangue’-, ma nel 1920 una guerra contro il Canada avrebbe portato semplicemente ad altri, inutili, morti.

Fra fasi alterne il nome di Vento che Soffia rimase uno dei più importanti dell’intera First Nations (anche se gli altri capitribù lo bollarono come agitatore e lo rimossero per lunghi periodi dalla sua carica) e nel 1943 venne insignito del titolo di Capo Supremo del Governo Indipendente Nativo, carica che mantenne fino al 1952, anno della sua morte.

Francis lascia dietro di sè sei figli, una riserva affranta, un posto d’onore nella Indian Hall of Fame al Woodland Center di Brantford, una sequela di libri sulla sua vita, una statua di bronzo splendida eretta nel 2016 nella Georgian Bay, un mucchio di medaglie, TRECENTOSETTANTOTTO cadaveri germanici e sopratutto “A Ghost In the Trenches”, una canzone power metal dei Sabaton dedicata a lui.

Nessuno mi dedicherà mai una canzone power metal.

Sono triste.

Luca Porrello

Vivo in un bosco. Soffro di insonnia. La combatto scrivendo (e bevendo). E' partito tutto così. Se vi è piaciuto quello che avete letto cercate Personalità Buffe anche su Facebook.

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