Elisa Lam

Esistono momenti nella vita di tutti -nella mia in particolare- in cui le forze generatrici dell’internet (noia, gattini e porno, non necessariamente in quest’ordine) convergono comprimendosi in un buco nero capace di inghiottire luce, massa, tempo e spazio.
È la genesi del ‘deep web’, negli anni capace di donarci (tra gli altri): two girls one cup, Rotten, 4chan, lemonparty e parecchie altre sfizioserie che sarebbe meglio non menzionare dove la polizia postale è in grado di leggerne.
Questo gorgo di miseria umana, sangue, sperma, merda, sudore e animali vestiti in modo buffo (ribadisco, non necessariamente in quest’ordine) è ciò che scorre come una fogna appena sotto la superficie apparentemente fredda e asettica del mondo digitale in cui viviamo, e che in quanto perfetto specchio dell’umanità presenta una parte parecchio oscura che ci sforziamo di tenere la più nascosta possibile dalla luce del sole.

La vicenda di Elisa Lam è diventata virale proprio a partire da questa zona di internet (che i più non conoscono) e come tante storie che seguono un percorso simile è stata piagata negli anni da una sequela di spiegazioni che tirano in ballo occulto, forze misteriose, i sempreverdi -ahah!- alieni e qualsiasi altra stronzata mistica e poco probabile vi venga in mente.
Come in altri casi simili quello che leggerete da qui in avanti sono solo i fatti -romanzati in parte, questo concedetemelo-. La spiegazione decidetevela da soli, anche perchè non ne capisco bene il motivo, ma questa è una storia che mi lascia sempre addosso una sensazione di profondo disagio.


Lam Ho Yi, nota ai più come Elisa è figlia di immigrati provenienti da Hong Kong che, radunati baracca e burattini, decidono di trasferirsi a Burnaby, un distretto di Vancouver (Canada, per i più geograficamente distratti) per aprire uno dei tanti ristoranti di cucina cinese sparsi in giro per il mondo.
Nata sul suolo canadese il 30 aprile del 1991, cresce in maniera tranquilla e comune, se si esclude un problemino di bipolarismo tenuto sotto controllo da blandi antidepressivi e anticonvulsivanti.

ATTENZIONE: lo dico preventivamente, NON ERA PAZZA! La sua malattia NON È LA CAUSA (al massimo può aver contribuito) al seguito della nostra storia.
Questo non lo dico io, ma è opinione del fior di medici e specialisti che si sono occupati della faccenda avendo la sua cartella clinica tra le mani.-

Elisa supera una tipica adolescenza canadese e si iscrive all’università della Columbia Britannica, poi nel gennaio del 2013 decide di fare quello che battezza ‘West coast tour‘ sul suo blog di Tumblr, mettendo in programma di visitare San Diego, Los Angeles, Santa Cruz e San Francisco.
La Lam parte da sola in questa via di mezzo fra un interrail e un lungo viaggio in autobus, visita San Diego, scatta delle normalissime foto da turista (che si affretta a caricare sui social come facciamo tutti), dopodiché riparte arrivando a Los Angeles il 26 gennaio andandosi a registrare presso il Cecil Hotel, un posto che merita qualche riga dedicata mettendo in pausa per un attimo la nostra protagonista.


Il Cecil Hotel (ora noto col nome di Stay on Main) è un albergo low budget sito nella Downtown di Los Angeles, al 640 di Main Street.
È stato costruito nel 1924 nell’ottica di ospitare viaggiatori d’affari nelle sue oltre 600 camere, ma con gli anni è stato teatro di numerosi omicidi, suicidi, crimini violenti e attività illecite, fra i più famosi:

22/10/1954: Helen Gurnee, registrata con il nome falso di Margaret Brown, si suicida lanciandosi dalla sua stanza al settimo piano andandosi a schiantare direttamente sull’insegna dell’albergo.
Non si scopriranno mai le motivazioni del gesto.

– 1947: Elizabeth Ann Short è una frequentatrice abituale del bar dell’albergo, dove la sua beltà le procura parecchi clienti -chiamiandola per ciò che le dava da vivere: una escort-.
Il 15 gennaio viene ritrovato il suo cadavere tagliato in due in un vicolo di South Avenue.
L’omicidio, tutt’oggi irrisolto, è passato alla storia come ‘Black Dalia’ e soprattutto negli anni del dopoguerra ebbe una copertura mediatica eccezionale per l’efferatezza con cui era stato compiuto.

Ann Elizabeth Short
Ann Elizabeth Short


11/01/1962: Julia Moore si lancia dall’ottavo piano, sfondando il lucernario sei piani più sotto.
Anche questa volta rimangono ignote le cause del gesto.

12/10/1962: Pauline Otton, dopo un litigio con l’ex marito, decide di lanciarsi dal nono piano con l’intenzione di suicidarsi. Ci riesce, ma atterra su un passante, tale George Giannini, che muore anche lui sul colpo, dimostrandoci che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo.

04/06/1964: Goldie Osgood, operatrice telefonica in pensione e conosciuta con il nomignolo di ‘Pidgeon Lady’ per la sua abitudine di sfamare i piccioni di Pershing Square, viene ritrovata violentata, accoltellata e strangolata nella sua stanza a soqquadro. Il suo assassino rimarrà ignoto.

Ben due i serial killer famosi -su cui magari tornerò un altra volta, quindi non li approfondisco- che per un periodo hanno usato il Cecil come base:
nel 1985 Richard ‘Night Stalker’ Ramirez, uno dei principali motivi per cui le donne di Los Angeles non si fidano ancora oggi a girare di notte da sole nei parchi e nel 1991 Jack Unterweger, terrore delle prostitute di almeno dieci paesi diversi.

Ramirez col suo sobrio pentacolo sulla mano in tribunale.

 

Unterweger ed i suoi sobrissimi tatuaggi.

Ignorando bellamente spiegazioni logiche come la posizione non proprio felicissima in una delle città col più alto numero di omicidi degli Stati Uniti unita al prezzo popolare delle camere, diversi ‘studiosi dell’occulto’ sostengono che i sentimenti negativi generati tra le sue mura abbiano dato luogo ad un ‘gorgo di energia maligna’ in grado da un lato di legare dentro le sue stanze le anime della gente morta in modo violento e dall’altra di portare alla follia alcuni soggetti considerati ‘ricettivi’.
Intendiamoci, io personalmente non credo alla fuffa spiritica, chi si è fatto invece bellamente sedurre sono gli ‘sceneggiatori’ -il virgolettato è d’obbligo- di quella boiata di serie TV che si è rivelata essere American Horror Story, che hanno preso d’esempio il Cecil e le sue storie per creare l’hotel Cortez, nella quinta stagione.


Fine della divagazione, torniamo alla nostra storia di partenza.

Avevamo lasciato la Lam al check-in il 26 gennaio 2013. Non si conosce bene il motivo (forse smette di assumere i farmaci prescritti, rimane influenzata dalle storie che girano intorno all’albergo, assume delle droghe -volontariamente o meno- o chissà cos’altro) ma le sue condizioni psichiche peggiorano in un paio di giorni, tanto che gli occupanti della ‘stanza-ostello’ in cui alloggia si lamentano alla reception chiedendo che venga spostata in un altra camera, preoccupati per i suoi comportamenti strani e per il fatto che straparla da sola nel bel mezzo della notte.

Poi Elisa di punto in bianco sparisce.

Per più di un mese su pressioni del governo canadese e della famiglia vengono effettuate delle ricerche in tutta Los Angeles che non portano a niente più che lo scoramento degli investigatori che in una città con un così alto tasso di omicidi la danno già per rapita o cadavere chissà dove.
L’ultimo filmato che la ritrae è quello di una delle telecamere a circuito chiuso del Cecil, posizionata all’interno di uno degli ascensori e uno dei principali motivi del fatto che questa storia sia diventata virale sul web perchè è FOTTUTAMENTE INQUIETANTE.


Si vede Elisa entrare in ascensore e in uno stato quasi confusionale premere i tasti di diversi piani; per un malfunzionamento non meglio specificato l’ascensore non parte e la ragazza dapprima si nasconde in un angolo, dopodichè esce dall’ascensore guardandosi intorno spaventata, come per accertarsi di non essere inseguita. Rimane sul pianerottolo a parlare da sola e a compiere altri inquietantissimi gesti per poi rientrare, riprovare a cambiare piano senza nessun risultato e poi, scocciata andarsene.
Con le porte dell’ascensore che si chiudono subito dopo.

Ora, sono conscio che ci siano miliardi di spiegazioni alla cosa ed appunto per questo non mi spiego perché mi genera tutta questa inquietudine, fattostà che ci riesce, nonostante anche il fatto che col tempo si siano avute diverse opinioni di esperti in vari campi che spaziano dal più o meno logico (è smattata con una crisi pesante) al più o meno illogico (era posseduta o inseguita da entità sovrannaturali che vedeva solo lei data la sua particolare condizione).
Rimane il fatto che queste sono le ultime immagini di Elisa, le indagini proseguono senza risultati e la si da per dispersa.


In febbraio gli inquilini dell’hotel vanno in massa a lamentarsi con la direzione per vari problemi con l’impianto idraulico. La pressione è scarsa e quando l’acqua arriva ha un odore, un colore e un SAPORE -ricordatevelo- strani.
D’accordo che si paga poco per le stanze ma andare in hotel senza potersi fare nemmeno una doccia è una di quelle robe che fa sclerare la gente su TripAdvisor.
Il direttore del Cecil si mette le mani nei capelli, ripensando a quando gli era stato offerto un lavoro meno stressante in una ditta di spurghi, e manda il suo addetto alla manutenzione, Santiago Lopez, a controllare sul tetto il sistema idrico dell’albergo, costruito per essere autonomo rispetto alla rete cittadina proprio per evitare disservizi e composto da quattro cisterne da 3.000 litri ciascuna.
Lopez sale all’ultimo piano, attraversa DUE SERIE DI PORTE ALLARMATE CHIUSE A CHIAVE e controlla la pressione della cisterna principale, che in effetti è bassa.
Decide quindi di aprirla (c’è una botola, chiusa, sul tetto) per verificare se magari si è staccato un pezzo che è andato ad ostruire il tubo.
Come apre la botola pianta un “Madre de dios!” e corre a chiamare la polizia.
Nella cisterna c’è un cadavere che galleggia lì da quasi un mese, -se non siete ricettivi come un fungo lo avrete già capito- quello di Elisa Lam.


L’autopsia (complicata su un cadavere immerso per un mese nell’acqua) non ha rivelato tracce di droghe (esclusi i medicinali che assumeva) o alcool.
Come causa della morte viene accertato l’annegamento, il corpo non presenta altre ferite di rilievo, il kit per lo stupro da risultato negativo.
Nessuno ha la più pallida idea di come abbia fatto la Lam ad arrivare sul tetto, tutte le vie sono sigillate e collegate ad un sistema d’allarme che non è mai scattato.
Nessuno capisce come abbia fatto anche ad arrivare sul tetto della cisterna (ci vuole una scala, che Lopez si era portato dietro), calarcisi dentro (le cisterne sono piene sempre solo a un quarto del totale) e richiudersi la botola alle spalle.

Il rapporto della polizia conclude il suo caso come ‘annegamento accidentale’, ma a tutt’oggi anche senza tirare di mezzo l’occulto ci sono dei dettagli oscuri, che hanno tra l’altro degli strani punti in comune con il film horror Dark Water del 2005 (otto anni prima del ritrovamento).

Il video della sorveglianza comincia a circolare su internet.

Chiudo con una citazione di Chuck Palahniuk, usata come sottotitolo al suo blog:
“You’re always haunted by the idea you’re wasting your life.”

Luca Porrello

Vivo in un bosco. Soffro di insonnia. La combatto scrivendo (e bevendo). E' partito tutto così. Se vi è piaciuto quello che avete letto cercate Personalità Buffe anche su Facebook.

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