Jeffrey Lionel Dahmer

Perché ho così tanti serial killer fra le Personalità Buffe?
Intendiamoci, so benissimo perchè interessano A ME (uno spiccato gusto per il macabro e il fatto che ritengo possa venire sempre utile sapere come uccidere qualcuno con efficacia). Quello che mi chiedo è PERCHÈ INTERESSANO A VOI CHE ME LE CONTINUATE A RICHIEDERE, oh persone (a?)normali che vivete una vita piena e realizzata nella societá umana.

Cosa avete che non va nel cervello?
Sul serio, ponetevi questa domanda mentre leggete il resto della storia.


Il nostro protagonista odierno nasce il 21 maggio del 1960 a West Allis, una cittadina di sessantamila abitanti nel sudest del Wisconsin.
I più affezionati fra voi staranno pensando: Edward Gein era del Wisconsin, Jeffrey pure. COSA DIAMINE C’È IN WISCONSIN CHE FA SMATTARE LA GENTE E LE FA A UCCIDERE PERSONE A CASO?”

Non saprei rispondervi, probabilmente c’è solo troppo Wisconsin.

Ho esaminato con attenzione l’infanzia di Dahmer e a differenza di quella di molti altri serial killer già affrontati in questa pagina non ci sono molestie o ambienti costrittivi, niente morale religiosa asfissiante o violenze fisiche.
Fino ai sei anni il nostro protagonista è un comunissimo bambino solare, poi le cose iniziano a cambiare quando i suoi genitori si trasferiscono a Doylestown, un piccolo centro di circa 1800 anime nel nordest dell’Ohio.


Nonostante il motto della cittá sia ‘un villaggio di valori, una città di tradizioni’ deve evidentemente sembrare l’inferno per il piccolo Jeffrey che inizia a sviluppare un carattere chiuso e introverso attorno a uno dei segnali più allarmanti in assoluto da notare in un bambino -quantomeno se avete intenzione di crescere un uomo normale e non il futuro Jack lo Squartatore-: una moltitudine di piccoli animali torturati e uccisi, sepolti nel bosco dietro al giardino di casa che in poco tempo viene trasformato in una grande fossa comune per tutto ciò che non è in grado di sfuggire alle sue sadiche manine.

Memorabili i suoi esperimenti volti a creare con ago e filo degli ‘ibridi meravigliosi’ come lo scoiattogatto o il camaleopossum.


Il padre (un ricercatore all’inseguimento affannoso di un dottorato in chimica alla Marquette University) e la madre (istruttrice dattilografa alle ‘teletipi’ -una sorta di incrocio fra le macchine da scrivere e i computer odierni-) si ritrovano impegnati per gran parte del tempo a far quadrare i conti di una famiglia cui si aggiunge presto una bambina, calamitando quelle attenzioni che Jeffrey richiede a gran voce tramite i suoi piccoli olocausti animali.

La mancanza di affetto familiare può essere un motivo sufficiente per ammazzare qualcuno?
Come direbbe Antonio Razzi: “Io non creto!”, anche perchè altrimenti al mondo saremmo molti di meno.

Gli anni passano e Dahmer cresce sempre più introverso, isolato e vicino all’alcolismo (si presenta nelle classi della Revere High School completamente ubriaco, tracannando fra una lezione e l’altra un misto di birra e gin che chiama ‘la mia medicina’) fino a che si arriva al 1978, un anno per lui a dir poco particolare…

Dal suo ingresso nella pubertà ha capito di provare più interesse sessuale verso i portatori di pene, un atteggiamento che cozza con quello che veniva (e tutt’oggi VIENE considerato da persone tutte d’un pezzo -di merda-) la normalità. Per quel che mi riguarda il problema, ancora una volta, non è PER CHI si eccitasse ma PER IL COME.

Inizia a fantasticare di stupri, stupri di cadaveri, stupri durante dissezioni, stupri di persone drogate e stupri di stupri.

Se il tutto si fosse limitato alla sfera ipotetica sarebbe anche potuto passare alla storia come una persona con un grave problema di buongusto sulla scelta della categoria di Youporn su cui masturbarsi, ma le cose degenerano presto in una spirale ossessiva.

Il 18 giugno Jeffrey si ritrova da solo nella casa di famiglia mentre i suoi genitori stanno tentando di riorganizzare le loro vite dopo aver optato per un divorzio sbrigativo. Lionel ha accolto la novità con il savoir faire tipico di un diciottenne alcolizzato e dopo essersi sbronzato a merda prende la macchina e inizia a vagare per la cittá in uno di quei confusionari ‘giri in giro da incazzato’ che tutti i possessori di patente hanno fatto almeno una volta.


Diciotto anni, una vita scombinata dall’alcool, gravi carenze affettive, una confusionaria sessualitá repressa e un’ossessione per stupri e animali morti (non necessariamente in quest’ordine): quando Steve Hicks, un autostoppista diciannovenne accetta il suo passaggio (convinto di arrivare a un concerto nei paraggi) e si ritrova a casa Dahmer a bere birra condita da pochi salatini e tante avance, non ha idea del casino che c’è nella testa dell’esile biondino che ha davanti.
Quando il malcapitato autostoppista decide di levare le tende, in Jeffrey scatta la folle paura di rimanere da solo per sempre e ha una reazione normalissima e perfettamente equilibrata:

colpisce il ragazzo in testa con un bilancere, lo soffoca, ci si masturba sopra, fa a pezzi il cadavere e lo seppellisce in una delle tante fosse scavate dietro casa, distruggendo i pochi resti ancora identificabili con l’aiuto di acido e martello.

Ora Steve non sarebbe più potuto andare da nessuna parte.

Poco tempo dopo il suo primo omicidio il nostro protagonista decide come se nulla fosse di continuare i suoi studi iscrivendosi all’università statale dell’Ohio ma dopo soli sei mesi si ritira quando diventa lampante per tutti che la sua perenne ubriachezza mal si accompagna agli esami da dover dare per laurearsi -sono arrivato anche io alla stessa conclusione durante la mia disastrata carriera universitaria, però ci ho messo decisamente di più-.
Non avendo nessuna intenzione di cercarsi un lavoro ed essendo il concetto di ‘hikikomori’ (il corrispettivo alla lontana dei nostri ‘bamboccioni’ nella cultura giapponese) ancora troppo precoce per gli Stati Uniti di inizi anni ’80, viene costretto dal padre ad arruolarsi tra le fila del glorioso esercito americano, che dopo un veloce esame fisico decide di spedirlo a calcioni a farsi le ossa come medico da campo in una base in Germania.


Due anni dopo, un paio di accuse di stupro da parte di alcuni commilitoni che asseriscono di essere stati drogati e abusati durante alcune visite mediche e una CATERVA di richiami sul suo stato di servizio concernenti la sua perenne ubriachezza, il nostro eroe riesce a farsi espellere (incredibilmente con onore) anche dallo zio Sam che lo rimpatria sulle calde spiagge di Miami Beach dove si sputtana (letteralmente) in poche settimane tutti i soldi messi da parte facendo rinchiudendosi in una camera d’albergo e seguendo in modo ferreo la dieta del campione: alcool, panini e sesso anale.

Quando le finanze non gli consentono più di continuare questa vita da sogno si ritrova, come quasi ogni buon ventrentenne italiano odierno, costretto a tornare strisciando sotto lo stesso tetto del padre.

Il fatto è che il genitore uno non ha la minima idea di come aiutarlo a superare il suo problemino con l’alcool.
In pochi mesi viene arrestato diverse volte per ubriachezza molesta e atti osceni in luogo pubblico e all’ennesima lite sulla sua condotta a Jeffrey rimane come unica opzione quella di trasferirsi da sua nonna a West Allis.

La vicinanza della signora (l’unica con cui il nostro protagonista senta una sorta di legame famigliare) riesce in qualche modo a calmarlo, almeno quel tanto che basta per fargli trovare un lavoro come infermiere alla banca del sangue dell’ospedale cittadino, presumo scrivendo sul curriculum “Avere a che fare con dei fluidi corporei non mi da minimamente fastidio”.

Dopo una decina di mesi di tranquillità l’alcool ha però di nuovo la meglio, viene licenziato, torna ad avere i soliti problemi con la giustizia e sopravvive solo grazie alla paghetta che gli passa nonna -come ho già detto, come diversi ventrentenni di oggi-.

Nel 1985, la svolta: trova lavoro come operaio in una fabbrica di cioccolato, la Milwaukee Ambrosia Chocolate Factory, ritrovandosi a mischiare ingredienti quasi tutte le notti della settimana, otto ore per notte.

Una cosa che farebbe andare fuori di testa molti ma non lui, che in fondo era già impazzito da tempo.

Nello stesso periodo decide di far cadere ogni rimanenza di finzione rimasta sulla sua eterosessualità, anche se la scelta dei modi è come al solito discutibile: propone pompini ai passanti ubriachi e ruba manichini di uomini nei negozi su cui si masturba.

“Non il mio, VERO?”

I locali gay di Milwaukee cominciano a conoscerlo (e a temerlo) quando si sparge la voce che droga con dei sedativi i cocktail che offre ai suoi partner perché “mi da molto fastidio fare sesso con qualcuno che si muove”.
È anche per questo nel nell’86 prova a dissotterrare il cadavere di un diciottenne: per provare l’ebrezza di avere finalmente l’amante perfetto. Calcola però male quanto può essere duro il terreno di un cimitero ed è costretto a rinunciare -il cadavere, probabilmente, ringrazia-.

Ormai Jeffrey è completamente fuori controllo, viene beccato a masturbarsi davanti a due dodicenni ma anche questa volta con la scusa dell’alcool (che in altri casi dovrebbe essere considerata un’aggravante) se la cava con poco più di un buffetto sulle guance paffute e una piccola multa.

Il 20 novembre 1987 il nostro protagonista incontra in un bar il venticinquenne Steven Tuomi, lo rimorchia e con l’intenzione di passare una delle sue ‘serate perfette’ lo droga per poi stuprarlo.
Il mattino dopo Dahmer si sveglia nella stanza d’albergo che hanno affittato con un cadavere a fianco.
Un cadavere con dei vistosi segni di strangolamento.

“Oihbò! Non ricordo assolutamente di averlo fatto! E ora? Trovo uno spreco buttare via questo ben di Dio!”


Jeffrey trasporta il cadavere di Steven dentro una grossa valigia fino al seminterrato della nonna, dove lo fa meticolosamente a pezzi facendolo sparire con acido e martello, lo stesso modus operandi usato con Hicks sette anni prima.

Questa volta però decide di tenersi la testa del cadavere per potersi continuare a masturbare felicemente.

Quando la carne putrida diventa troppo putrida anche per lui -due settimane se ve lo steste chiedendo- bolle la testa in una mistura chimica ottenendo come risultato un teschio perfetto CON CUI CONTINUARE A MASTURBARSI.

Io l’ho detto prima che stava andando un filo fuori controllo ma ormai le porte dell’inferno sono spalancate:


Nel gennaio del 1988 adesca James Doxtator, un quattordicienne di origini nativo-americane che vende il proprio corpo per strada. Segue lo stesso destino di Tuomi, salvo che il suo cranio viene polverizzato per essere usato come condimento (e si dice mischiato ai cioccolatini della fabbrica).

24 marzo 1988: Richard Guerrero, 24 anni, viene convinto da Dahmer con 50 dollari a seguirlo a casa SOLAMENTE per dormire insieme. Al risveglio Richard viene strangolato, VIENE SPOMPINATO POST-MORTEM -hai voglia a succhiare-, poi segue lo stesso trattamento degli altri.

23 aprile: un fortunatissimo ragazzo viene convinto a prendere un caffè da Jeffrey. Quando è già ormai drogatissimo la nonna rientra in casa scombinando l’assassinio e il nostro eroe si ritrova costretto a portarlo in ospedale per poi tornare a casa ad ammazzarsi di seghe.

A settembre di questo magnifico anno viene sbattuto fuori di casa perchè la signora Dahmer avrà anche i suoi anni ma non è ancora del tutto rincoglionita da non accorgersi che il nipote le porta in casa uomini a tarda notte.
Il nostro trova una sistemazione in un monolocale e IL GIORNO DOPO IL SUO TRASLOCO viene arrestato mentre tenta di convincere un tredicenne a seguirlo con la scusa di scattargli qualche foto.

Questa volta le autorità capiscono finalmente che continuare a dargli multine non è un deterrente che funziona e lo condannano per tentato assalto sessuale di secondo grado.

Dahmer è comunque ormai troppo oltre per essere riabilitato con qualche mese di prigione.


Il 25 marzo 1989 conosce in un gay bar il ventiquattrenne Anthony Sears, un aspirante modello MOLTO INTERESSATO al fatto che lui racconti in giro di fare bellissimi book fotografici. Un pompino con strangolamento mortale dopo Il nostro protagonistasi ritrova con “il cadavere più bello che avevo mai visto!”, quindi conserva mette la testa e i genitali in dei vasi pieni di acetone che ripone NEL SUO ARMADIETTO A LAVORO.

14 maggio 1990: si trasferisce nuovamente portandosi dietro tutti i suoi trofei e come avrete ormai capito, ad ogni trasloco corrisponde un nuovo omicidio. Raymond Smith è la sua sesta vittima.
Qui viene scattato però veramente un book fotografico del corpo, prima di dissolverlo nella vasca da bagno con il metodo che ogni buon fan di Breaking Bad conosce bene.

Il 27 maggio capiamo che oltre che essere completamente folle il nostro serial killer è pure un completo imbecille in quanto dopo aver attirato l’ennesima vittima in casa GLI OFFRE IL COCKTAIL SBAGLIATO FINENDO PER DROGARSI DA SOLO. Quando si risveglia il mattino dopo si accorge la sua potenziale settima vittima gli ha svaligiato casa e non potendo in quanto serial killer andare a denunciare il furto alla polizia, per una volta lo prende solo metaforicamente in culo.


Un mese dopo ha però modo di sfogarsi sul corpo di Edward Smith, cui fa esplodere la testa per errore mentre tenta di elaborare un modo per rendere le ossa del teschio più bianche.


Tre mesi dopo Ernest Miller invidia molto la fine degli altri in quanto viene drogato quel tanto che basta per tenerlo immobilizzato mentre gli viene recisa parzialmente la carotide. Mentre abbandona questo mondo in un lago di sangue le ultime cose che vede sono i flash della macchina fotografica di Dahmer.
In seguito alcune parti del suo corpo vengono conservate in gelatina, prima di essere assaporate con gusto per cena.


David Thomas, ventidue anni, incontra il suo assassino in un centro commerciale.
Qualche drink drogato dopo David sta dormendo della grossa ma Jeffrey LO TROVA TROPPO BRUTTO PER STUPRARLO -nemmeno una gioia-, quindi lo uccide sciogliendolo nell’acido per il solo gusto di farlo.
La polizia investigando sulla scomparsa di David arriva vicinissima al suo cadavere ma Jeffrey svia gli inquirenti parlandogli delle (mai esistite) manie suicide del ragazzo.

Dopo un periodo (breve) di pausa seguito da uno (meno breve) di altri omicidi tutti opportunamente fotografati e catalogati, avviene quello che ritengo essere il primo tra quelli della scia che considero più inquietante -e considerate che ciò di cui sto parlando è già PARECCHIO inquietante-.


Errol Lindsey incontra Dahmer il 7 aprile 1991, viene attirato in casa sua e drogato con il solito metodo. Ma c’è una differenza sostanziale: Errol è eterosessuale. Ha appena preso parte a un folle esperimento.

Dopo essere stato immobilizzato (ANCORA VIVO) il nostro protagonista gli apre un piccolo foro sul cranio con un trapano E POI CI FA COLARE DENTRO MEZZA SIRINGA DI ACIDO CLORIDRICO.
Il tutto per creare uno zombie sessuale.
Riuscite ad immaginare qualcosa di più folle?

Errol dopo qualche ora si sveglia ed è solo in grado di dire “ho un mal di testa fottuto, che ore sono?” prima di venire strangolato.

Avete presente quando siete a casa, volete solo riposare e i vostri vicini fanno un bordello infinito, cucinano bombe chimiche che si ostinano a chiamare cibo o ascoltano Gigi D’Alessio a tutto volume? -Io no poveri stolti! Io vivo in un bosco!-. Immaginate di essere i vicini di Jeffrey: puzzo nauseante, rumori di motosega e urla soffocate.

Più volte i suoi dirimpettai vanno a lamentarsi e più volte si lasciano convincere da scuse via via meno credibili: “mi si è rotto il freezer!”, “il mio acquario ha bollito i pesci tropicali”, “quei nidi di vespa non mi lasciano in pace!”.

Così il nostro eroe può prosegue indisturbato col suo ‘lavoro’.


– 26 maggio 1991
: Konerak Sinthasomphone, un quattordicienne con un cognome complicato, viene attirato in casa di Dahmer con la scusa di alcune foto.
Cocktail di droghe.
Pompino a tradimento.
Quando Konerak si sveglia ha un piccolo foro da cui cola acido nel cranio ed è sdraiato a fianco del cadavere di Tony Huges, un trentunenne ucciso il giorno prima.
Jeffrey è in piedi, nudo, e tracanna birra toccandosi il cazzo e osservando la situazione.
Il ragazzo sviene.

Dato che rimane incosciente per parecchio tempo e che pare non esista abbastanza birra sulla faccia della Terra per soddisfare Dahmer, l’assassino VA AL BAR a calmare la sua sete LASCIANDO LA PORTA DI CASA APERTA.

Quando torna trova il quattordicienne seduto ad un incrocio, completamente nudo, che straparla in Thailandese (l’acido iniettato direttamente nel lobo prefrontale e lo shock non aiutano di certo ad esporre con calma gli avvenimenti) con tre donne di colore che stanno provando a capirci qualcosa.

Sfoderando le sue migliori doti in ‘raggirare’ il nostro protagonista prova disperatamente a convincere il trio che il ragazzo è un suo amico malato ma LO FA PUZZANDO DI BIRRA E BIASCICANDO FRASI A CASO, quindi le tre chiamano la polizia.

-qui signori c’è del genio, preparatevi-

Arriva una volante con sopra i due peggiori agenti di polizia di cui ho memoria NELLA STORIA DELL’UMANITÀ, John Balcerzak e Joseph Gabrish. I due si trovano davanti tre donne nere agitate, un ragazzino thailandese nudo e un giovane bianco americano ubriaco.

Sentono velocemente le versioni di tutti (capendo poco e nulla di quello che dice il ragazzo) e decidono di credere a ciò che dice il nostro protagonista: “Il ragazzo è il mio compagno diciannovenne, ha qualche problema mentale, poverino, e si è ubriacato come una biscia…stavo cercando di accudirlo a casa mia prima di riaccompagnarlo in macchina ma lui ha preso ha correre nudo per strada straparlando, signori agenti.”

Le tre donne fanno notare che Konerak STA PERDENDO SANGUE DAL BUCO DEL CULO, ma gli agenti gli urlano di “piantarla di urlare come le scimmie negre che sono” e di non immischiarsi in un ‘incidente domestico’.

Qui, l’apoteosi.

I due poliziotti RIACCOMPAGNANO KONERAK DA DAHMER, DANNO UNA VELOCE(ISSIMA) OCCHIATA ALLA CASA, IGNORANO IL PUZZO NAUSEABONDO CHE PERMEA TUTTO, NON NOTANO UN CADAVERE IN DECOMPOSIZIONE IN CAMERA DA LETTO E RIAFFIDANO IL RAGAZZO ALLE “””CURE””” DEL SUO AGUZZINO.

Ricordo che il motto della polizia americana è ‘Protect and serve’.

Come la pattuglia riparte Konerak si becca una seconda dose di acido nel cervello e non si sveglierà mai più.

Sulla coscienza della volante di polizia peggiore della storia delle volanti di polizia è giusto segnalare anche ciò che avverrà in seguito:

Matt Turner, finito nell’apparato digerente di Dahmer.

Jeremiah Weinberger, mandato in coma dopo un’iniezione intracranica di acqua bollente.

Oliver Lacy, sedato col cloroformio e abusato sessualmente per giorni, prima di venire strangolato e mangiato.

Joseph Bradehoft, il cui cadavere divenne per giorni un’attrazione sessuale anche se in completa decomposizione e pieno di mosche e vermi -do atto al pene di Jeffrey che nulla gli impediva di rizzarsi-.


Il 22 luglio 1991 Dahmer adesca l’ennesima vittima, Tracy Edwards, che accetta di seguirlo a casa.
Una volta arrivati Tracy (a differenza di tanti, COMPRESI DUE FOTTUTI POLIZIOTTI prima di lui) nota subito che c’è qualcosa che non va a partire dall’odore terrificante della casa, alle pareti tappezzate di foto di nudi maschili, alla tv che manda a ripetizione ‘L’esorcista 3’, AL BIDONE DA 57 GALLONI PIENO DI ACIDO IN UN ANGOLO IN CUI STA VENENDO FATTO SCIOGLIERE UN CADAVERE…piccoli dettagli insomma.

Edwards capisce che se si dimostra nervoso o da segni di panico ci sono enormi possibilità di finire morto ammazzato, glielo fa intuire il coltellaccio comparso in mano al padrone di casa insieme ad un paio di manette.
Usa quindi un trucco molto semplice: resta calmo (o riesce particolarmente bene A FAR FINTA di essere calmo), riuscendo con voce ferma, carezze e rassicurazioni per la prima volta in trentuno anni a fare calmare anche il nostro protagonista.

Nessuno stupro, nessuna violenza, nessun buco nel cranio riempito d’acido.
Jeffrey resta solo sdraiato a fianco del ragazzo ad ascoltargli il cuore.

Dopo qualche ora (e parecchie birre) Tracy si accorge che il suo potenziale assassino è più distratto, non lo segue più in ogni movimento e lo libera anche dalle manette un paio di volte per farlo andare in bagno, al ritorno da una di queste il ragazzo tenta il tutto per tutto menando un tremendo cazzotto in faccia al suo aguzzino e fugge in strada gridando aiuto.

Arriva una volante della polizia.
La polizia di Milwaukee.
Una polizia che evidentemente addestra i suoi componenti con le manine appiccicose delle patatine.

Una di quelle d’ordinanza.

Dopo aver provato per qualche minuto a liberarlo dalle manette che ha ancora ai polsi, i due agenti SENZA CHIAMARE ALCUN RINFORZO decidono di riaccompagnare Tracy nell’appartamento del mostro.

La prima volta che ho sentito questa storia io avevo le mani nei capelli a questo punto, immaginavo già Dahmer che ammazza tutti e poi ne mangia i cazzi.
Invece no.
Quando gli agenti entrano nell’appartamento trovano un Jeffrey quasi catatonico che non oppone nessuna resistenza e non tenta nemmeno di inventarsi una storia fantasiosa come con Konerak.
Annuisce quando Tracy lo accusa di averlo rapito, annuisce quando viene trovato il grosso coltellaccio con cui lo ha minacciato qualche ora prima e annuisce anche quando Rolf Mueller, l’agente in capo, rinviene una scatola piena di polaroid di cadaveri e omicidi.

Poi improvvisamente esplode di rabbia e si scaglia contro gli agenti.
Agenti di Milwaukee.
Agenti non proprio furbi.
Ma che menano forte.

Dopo aver distribuito al nostro protagonista una gragnuola di manganellate FINALMENTE si degnano di chiamare i rinforzi.

Lui si limita solo a dire “per tutto quello che ho fatto merito solo la morte”.

Morte che arriverà il 28 novembre 1994, ucciso nelle docce del Columbia Correctional Institution da Christopher Scarver, un assassino schizofrenico che lo massacra con un tondino di ferro all’urlo di: “DiO MI hA DETttO DI FaRLo!”


Solo che non gliel’ha detto davvero Dio, è stato il personale della prigione a convincerlo, fomentarlo, lasciargli campo libero e ritardare i soccorsi ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

Di sicuro una dove la giustizia c’entra poco.

Luca Porrello

Vivo in un bosco. Soffro di insonnia. La combatto scrivendo (e bevendo). E' partito tutto così. Se vi è piaciuto quello che avete letto cercate Personalità Buffe anche su Facebook.

3 pensieri riguardo “Jeffrey Lionel Dahmer

  • 27 Giugno 2020 in 11:54
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    Uno dei due campioni che non hanno notato il cadavere in decomposizione sul letto di Dahmer è andato in pensione nel 2017, supercazzolando sull’accaduto, spalleggiato dalla polizia.

    Rispondi
    • 29 Giugno 2020 in 18:04
      Permalink

      Mi fa molta inquietudine sapere che in qualche modo abbiano continuato a pagargli i contributi.

      Rispondi

Rispondi a Erik Burigo Annulla risposta

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