John Frum


Isola di Tanna, arcipelago dello Vanuatu.

Cinquecentocinquanta chilometri quadrati di terreno che spuntano in mezzo all’Oceano Pacifico ospitando uno dei vulcani attivi più accessibili al mondo.

C’è anche dell’altro, ma ci arrivo con calma.

FRA IL SEIMILA ED IL QUATTROMILA AVANTI CRISTO -non ho specificato con quanta calma- alcune popolazioni austronesiane arrivano in zona e stufe di pagaiare decidono di stabilirsi nello Vanuatu, lasciando nel tempo alcune tracce evidenti dei loro insediamenti (fra cui frammenti di ceramica datati intorno al 1.300 a.C) che mandano in brodo di giuggiole gli archeologi in tempi recenti.

Di cosa si occupassero gli indigeni, quali fossero i loro dei, come fosse strutturata la loro vita, la loro società ed altre amenità simili sono dettagli andati perduti o distorti nel tempo in quanto tramandati perlopiù per via orale -immaginatevi un ‘telefono senza fili’ giocato per millenni ed avrete idea della loro affidabilità-, con però sempre presente il nome di Roy Mata come quello del primo re ad aver riunito le varie tribù sotto un unico popolo.

Le uniche tracce relative all’aspetto del grande re.

1606 d.C: Pedro Fernandes de Queirós sta conducendo una spedizione per conto di papa Clemente VIII volta alla scoperta della mitica ‘Terra Australis’, un continente misterioso che secondo Aristotele prima e Tolomeo poi doveva esistere nell’emisfero sud per controbilanciare con il suo peso il continente euroasiatico.

Pedro sbarca sull’isola più grande di Vanuatu, rinonimata ‘Espiritu Santu’ e credendola parte di Terra Australis fonda un insediamento nella parte nord chiamato ‘Nova Jerulasem’, dopodiché siede alla sua scrivania ed in pieno delirio mistico decide di fondare L’ORDINE CAVALLERESCO DEI CAVALIERI DELLO SPIRITO SANTO.
La colonia viene abbandonata dopo poche settimane per evidenti contrasti con la popolazione locale, Queirós vorrebbe rimanere a combattere fino all’ultimo uomo in nome di Cristo, ma i suoi marinai gli ficcano delle medicine in gola e lo fanno tornare a scarpate a Madrid, dove viene catalogato dalla corte di re Filippo III sotto la dicitura ‘personaggio strambo’.

Muore in estrema povertà a Panama nel 1615 ma ormai gli europei sanno come arrivare a Vanuatu.

Per la gioia degli indigeni.

“Strambo sì, ma con dei bei baffi!”

L’arcipelago nel Pacifico viene lasciato sostanzialmente in pace ancora per un secolo, poi Louis Antoine de Bougainville lo riscopre nel 1768 mentre sta affrontando un viaggio per circumnavigare il globo per ‘sa majestè’.
Quando pianta la bandiera francese al suolo urlando “Je suis arrivé premier!” nessuno si ricorda per sua fortuna dei Cavalieri dello Spirito Santo.

Sei anni più tardi, seguendo l’eterna rivalità fra francesi ed inglesi, arriva anche il capitano James Cook che in nome di Sua Maestà britannica ribattezza il territorio urlando ‘Nuove Ebridi’.

“Baguette!”

 

“Portatemi del the e continuiamo ad esplorare.”

Trascorre un altro secolo pieno di notizie sull’esistenza del mondo esterno (che sopraggiungono tramite le sporadiche navi di passaggio) che spingono all’incirca la metà della popolazione maschile vanatuense ad emigrare verso Australia, Figi, Nuova Caledonia ed Isole Samoa.

A sostituirli -non richiesti- arrivano missionari cattolici e protestanti, coloni in cerca di territori liberi e soprattutto investitori, sia britannici che francesi, incasinando di parecchio il quadro generale in quanto si spartiscono le isole dell’arcipelago come fossero caramelle senza interessarsi a fondare una qualsivoglia struttura che anche solo si avvicini all’ombra di un governo centrale.

Le Nuove Ebridi sono dichiarate terra neutrale ed in quanto tali coesistono al loro interno la legislazione francese e quella inglese, pur cozzando malissimo fra loro (un esempio per tutti: alcuni matrimoni risultavano validi o meno a seconda della spiaggia in cui ci si trovava) e in mezzo a tutto questo bailamme burocratico (indicato abbastanza bene col nome di ‘Pandemonium’) vive ancora la popolazione autoctona che viene dimenticata -come in molti casi simili nel mondo-.

I melanesiani sono dichiarati apolidi e soggiogati da entrambi i paesi.

Primo settembre 1939: scoppia la Seconda Guerra Mondiale. In quest’angolo disperso del mondo frega poco a tutti, almeno fino al sette dicembre del ’41, data dell’attacco Giapponese a Pearl Harbor fondamentale soprattutto per gli scontri che si susseguirono nel Pacifico da quel momento in avanti.
Questa volta la guerra in sè per sè ci interessa poco.
Quello che dovreste però tenere a mente è l’aumento del traffico navale nella zona che diventa necessario per trasportare l’enorme quantità di uomini e mezzi fondamentali per poter combattere.

Ora spostiamo completamente il punto di vista.

Immaginate di essere un abitante dell’isola di Tanna:
Sono secoli che i cosiddetti ‘europei’ vagano per le vostre terre ma (probabilmente per la presenza del Dio del vulcano) siete stati in buona parte ignorati da tutti. La vostra cultura, le vostre usanze e le vostre credenze sono ancora, perlappunto, le ‘vostre’, ma ora si devono in qualche modo legare ad un mondo completamente nuovo comprendente avanzamenti tecnologici che non potete capire e la presenza trecentomila soldati americani inviati a fortificare le isole nel timore, giustificato, di un’offensiva giapponese.

Nel momento in cui si incontrano popolazioni con culture così diverse può avvenire un ‘sincretismo’ che -cito- “Può essere considerato una convergenza di elementi ideologici già inconciliabili, attuato in vista di esigenze pratiche di carattere culturale, filosofico o religioso, appartenenti a due o più culture o dottrine diverse.
Il termine è applicato soprattutto nella scienza e storia delle religioni, in cui indica quel complesso di fenomeni e concezioni costituite dall’incontro di forme religiose differenti”.

Non è chiaro se a questo punto gli isolani fanno tutto da soli, vengono avvicinati da qualche predicatore o ancora da qualche soldato buontempone, ma si diffonde in tutta l’isola il culto di John Frum.

I melanesiani rimangono estremamente colpiti dalla disciplina, dall’organizzazione, dalla presenza di soldati di colore ma soprattutto dall’abbondanza di risorse dell’esercito americano.

La figura di Frum (nome ottenuto probabilmente dalla storpiatura della frase “John from America”) è vista -tenetevi- come quella di un soldato americano IN CONTATTO DIRETTO CON DIO, in grado di portare serenità, pace ed abbondanza tramite l’invio dei cosidetti ‘carghi divini’ pieni di prodotti occidentali che secondo il folklore venivano recapitati tramite gli emissari angelici dell’esercito (gli aeroplani).

Va detto che ai soldati americani tutto questo culto semplificava di molto il lavoro e avevano altro (tipo miriadi di giapponesi incazzati) a cui pensare, quindi fecero proprio poco per smentire questa teoria.

Poi la guerra finisce e l’esercito straniero torna in patria (o ascende al cielo, a seconda di come la vedete).

Ma il culto di Jon Frum resta e anzi si intensifica.

Nel 1957 il leader del culto, Nakomaha, fonda ‘l’esercito di Tanna’, un’organizzazione paramilitare non violenta che ha come unico obiettivo quello di richiamare i carghi angelici tramite parate con finti fucili di bambù svolti sotto una finta torre segnaletica usata per comunicare con finte radio di legno.

La parata SI SVOLGE A TUTT’OGGI, tutti gli anni il 15 di febbraio, data chissà come profetizzata come quella del ritorno di Jon Frum.


Questo avviene quantomeno nella parte nord dell’isola, poichè in quella meridionale é in vigore invece il ‘movimento del principe Filippo’.

Leggenda vuole che il principe Filippo, consorte della coriacea Elisabetta II sia -tenetevi- IL FIGLIO BIANCO DELLO SPIRITO DEL VULCANO, FRA L’ALTRO FRATELLO DI JOHN FRUM, CHE AVREBBE VIAGGIATO OLTREMARE PER SPOSARE UNA DONNA DI GRANDE POTERE.

L’estrema deferenza che dimostravano gli ufficiali britannici, soprattutto durante la visita della coppia reale nelle Ebridi nel 1974, non fece che confermare questa ipotesi.

Filippo venne informato di essere diventato un Dio dalle autorità locali di Vanuatu che gli consigliarono di inviare una foto da donare agli isolani. Da allora quella foto autografata è divenuta LA MASSIMA RELIQUIA DEL CULTO.
Rispettosamente i vanatuensi ringraziarono il loro Dio donandogli la rituale mazza nal-nal per L’UCCISIONE DEL MAIALE.

Nel 2007 Jack Naiva, il capo del culto venne invitato a Londra per conferire con Dio in persona.

Una volta arrivato, colmo di emozione, gli rivolge l’importantissima domanda “MA LA PAPAYA È MATURA O NO?” e Filippo se ne uscì con un “che la papaia sia matura o meno, riferisci al capo Kawia che ora fa freddo, ma quando farà caldo invierò un messaggio”.

Jack pianse di gioia e si chinò di fronte al suo Dio, prima di tornare a riferire ai fedeli.

Potrebbe essere benissimo una scena di ‘Aspettando Godot’.

Ora lo so che probabilmente avrete in faccia un sorrisino che sottintende “ma va come si fa a credere a queste stronzate nel 2017, bisogna essere proprio cretini!”.

Vorrei solo sottolineare il fatto che non è molto più credibile un tizio che salva tutti gli animali della terra su una barca, un altro che moltiplica pani e pesci e resuscita morti, gente che ascende al cielo su cavalli alati, fa nascere bambini dallo sterco, misura le anime di alieni morti con un dinamometro, rinasce in bruco, crede che le mutande di flanella proteggano dal demonio eccetera, eccetera, eccetera.

Almeno nessuno di quelli che venerano la papaya di Filippo l’ha mai usata come scusa per uccidere.

Finora almeno.

Va detto che finire ammazzati da qualcuno che si fa esplodere urlando “LA PAPAYA DI FILIPPO E’ GRANDE!” avrebbe tutto un altro sapore.

Di papaya, probabilmente.

 

Luca Porrello

Vivo in un bosco. Soffro di insonnia. La combatto scrivendo (e bevendo). E' partito tutto così. Se vi è piaciuto quello che avete letto cercate Personalità Buffe anche su Facebook.

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